È preferibile una buona educazione o una sana espressione?

Qual è lo stile educativo migliore da adottare con i propri figli?
Quanto l’”educazione”, se fine a se stessa, risulta essere veramente efficace o, al contrario, oltre a generare resistenze, può limitare la sana espressione e l’essenza di nostro figlio?

È preferibile una buona educazione o una sana espressione?

Vediamo, innanzitutto, cosa esattamente significa “Educare”: il termine deriva dal latino “educere”, composto dalla particella “e” (al di fuori) e “ducere" (trarre).

Alla luce del significato etimologico della parola, nonché di una maggior consapevolezza che oggigiorno dovrebbe contraddistinguerci, educare non significa imporre regole e schemi di comportamento precostituiti, e spesso obsoleti, bensì il “tirare fuori” ciò che è dentro, già presente naturalmente nel bambino, stimolandone l’espressione e lo sviluppo.

Questo comporta la necessità di fornire ai nostri figli una guida che non li soffochi, ma che consenta loro libertà espressiva.

 

E le regole dell'educazione?

Va precisato che ciò non significa adottare uno stile educativo privo di qualsiasi regola. Si tratta piuttosto di rispettare la loro naturale espressività e vitalità.

I bambini hanno, si, bisogno di qualche norma che, però, non dovrebbe essere fine a se stessa e vincolare la loro spontaneità.

L’educazione dovrebbe quindi essere intesa come un:

  • condurre a essere autonomi

  • facilitare l’espressione di sé

  • tirare fuori il potenziale inespresso

pur “sentendosi” contenuti all’interno di punti di riferimento,

La società, e per alcuni versi il sistema scolastico stesso, ci spingono, al contrario, a crescere i nostri figli secondo standard di perfezione che si fondano su stili educativi obsoleti e sulle aspettative nostre e della nostra famiglia.

Questo approccio, ideologico e razionalistico, mira a costruire bambini “perfetti”, e quindi snaturati, “adeguati” al mondo degli adulti.

Il ruolo della scienza a supporto di un nuovo stile educativo

Recenti studi antropologici parlano del nuovo cervello umano, il cosiddetto quarto cervello, che nei bambini moderni si è già attivato. 

Questo li porta a ricercare continui stimoli, in quanto recepiscono ed elaborano le informazioni in modo estremamente veloce, hanno un’intelligenza emotiva molto più sviluppata, “appaiono “ipercinetici, sono in grado, se non addirittura hanno la necessità, di fare attività multitask.

Risultato? I bambini attuali hanno quindi bisogno di:

  • maggior ascolto
  • una comunicazione più empatia, diretta e non verbale (contrariamente a quanto siamo stati “educati” a fare)
  • essere stimolati continuamente
  • fare molta attività fisica

 

Quindi? 

Alla luce di quanto sopra evidenziato, i sistemi educativi dovrebbero aggiornarsi di continuo e con estrema rapidità, in quanto hanno la responsabilità, se non il dovere, di adeguarsi alle esigenze di questi nuovi bambini per non rischiare di limitare eccessivamente la loro natura e, soprattutto, il “naturale processo evolutivo di cui loro sono espressione”.  

In caso contrario, il rischio, e il paradosso, è proprio quello di generare in loro veri e propri problemi comportamentali e psicologici; quegli stessi “problemi” già “etichettati” a molti bambini, ma che di fondo sono solo comportamenti fraintesi, come abbiamo visto, a causa di una scarsa capacità di lettura e di risposta.


Un approccio valido: Autorevolezza, ascolto e rispetto

L’esperienza conferma che lo stile educativo autorevole è il più produttivo. Essere autorevoli non va però confuso con “autoritari”. 

Sulla base di questo stile, il genitore autorevole pone dei limiti fermi, restando al contempo disponibile a motivarli e, se necessario, a rinegoziarli sulla base del punto di vista del figlio, del suo temperamento e della circostanza.

In questo modo il bambino sente che il genitore si interessa a lui, impara ad ascoltarlo e a rispettarlo, generando fiducia verso il genitore e, soprattutto, un maggior senso di responsabilità e di fiducia verso se stesso. 

Un genitore autoritario, al contrario, è colui che si mostra incurante dei sentimenti e delle emozioni del bambino, prevaricandolo sia verbalmente che fisicamente, avendo a cura solo il rispetto della regola fine a se stessa.

Questa sua modalità viene messa in atto attraverso minacce e ricatti, giudizi e critiche, prediche, comandi, interpretazioni. Anche atteggiamenti apparentemente positivi, quali offrire consigli e soluzioni, rassicurare, fare domande, sottintendono che il genitore in fondo non si fida del proprio figlio, non ha fiducia nelle sue capacità.