L’aborto spontaneo e il dolore di una vita non nata

Per una donna che desidera essere madre interrompere la gravidanza a causa di un aborto spontaneo è un momento estremamente doloroso da attraversare. Fin dal concepimento infatti si instaura un legame emotivo tra la madre e il feto e la sua perdita, anche se molto precoce, corrisponde ad un vero e proprio lutto di cui spesso si sottovaluta la portata

L’aborto spontaneo e il dolore di una vita non nata

Subire un aborto spontaneo è un evento traumatico per molte donne, soprattutto se con problemi di poliabortività che si trovano, quindi, ad attraversare più di una volta questa triste vicenda. In realtà non viene data molta attenzione a questa tematica da parte dei servizi sanitari e ospedalieri; molto si fa in termini di assistenza e di informazione, quando una gravidanza viene portata avanti o quando, al contrario, si hanno problemi di infertilità, ma il trauma e il dolore di una vita che non nasce viene troppo spesso liquidato come un semplice “incidente di percorso” risolto in un giorno di degenza in ospedale, accanto ad altre donne che invece partoriscono felicemente i loro bambini.

 

L’aborto spontaneo e l’elaborazione del lutto

Fin dall’inizio della gravidanza, una madre instaura un legame affettivo con il feto, proiettando su di lui, fantasie, desideri e aspettative. È quello che Silvia Vegetti Finzi definisce il “bambino della notte”, quello fantasmatico, in associazione al “bambino del giorno” che è la figura reale con cui si verrà in contatto al termine della gestazione. È comprensibile e naturale, quindi, che incorrere in un aborto spontaneo, anche se alle prime settimane di gravidanza, costituisca una perdita che equivale ad un vero e proprio lutto che, in quanto tale, ha bisogno del suo tempo per venir elaborato.

 

L’aborto spontaneo e la vita di coppia

Molto spesso accade che la donna reagisca con chiusura e distacco emotivo al dolore della perdita, convinta di non poter essere compresa fino in fondo da chi non ha vissuto tale esperienza sulla propria pelle e intenzionata magari a non “far pesare” i propri vissuti penosi sul partner. Questo in realtà rischia di far diventare l’aborto spontaneo un evento che crea una distanza emotiva (e spesso una mancata sintonia anche sul piano sessuale) che allontana i partner invece di spingerli a sostenersi a vicenda.

 

L’aborto spontaneo e il supporto psicologico

È normale, dopo un aborto spontaneo, avere vissuti depressivi, sentirsi svuotate e, spesso, anche invidiose e irritate alla vista di altre donne col pancione. Solo accettando questo dolore e la necessità di una sua elaborazione sarà possibile non cronicizzare una reazione depressiva e tirar fuori tutta la grinta e la determinazione per andare avanti e tentare magari nuovamente la via della maternità. Ad ogni modo, in un percorso delicato come questo, un sostegno psicologico può rivelarsi un aiuto importante. Pur non potendosi prendere cura di un proprio bambino è necessario, dopo un evento traumatico come quello di un aborto spontaneo, prendersi cura del proprio dolore senza sottovalutarlo o pensare di poterlo semplicemente mettere da parte.

 

L’aborto spontaneo e la narrazione di sé

Esistono diverse iniziative in rete, come blog o forum anche gestiti da psicologi, che offrono alle donne che hanno attraversato un aborto spontaneo l’occasione per raccontarsi narrando la propria storia. È documentato d’altra parte dalla ricerca psicosomatica (Luigi Solano, Scrivere per pensare, 2001) che scrivere narrativamente di sé può aiutare ad elaborare gli eventi traumatici, soprattutto in coloro che solitamente hanno difficoltà ed esprimere e a gestire le proprie emozioni. Carta e penna quindi o, in alternativa, tastiera alla mano!

 

Fonte immagine: Uberto