La base sicura, un nido per volare

Esistono mondi esplorati ed esplorabili. Per spingersi con lo sguardo oltre il confine a noi noto per tentare di incontrarli è necessario sentire di avere un luogo sicuro e certo, diremmo protetto, a cui ritornare. La Base Sicura.

La base sicura, un nido per volare

“Nel bambino la fame dell’amore

e della presenza materna

 è non meno grande

della fame di cibo”.

(Bowlby, 1951)

 

Una base sicura

Anno 1969. John Bowlby, psicologo e psicoanalista britannico, elabora il concetto di “base sicura”, riferendosi al ruolo che la madre ricopre nella relazione con il proprio bambino. Intorno all’età in cui egli inizia a deambulare e a compiere i primi passi verso il mondo allontanandosi dalla madre, quest’ultima per lui una potenziale base sicura. La persona fidata – generalmente la madre o chi ha allevato fino a quel momento il bambino – consente al bambino la libertà necessaria di avanzare lontano da lei per conoscere la realtà circostante e i molteplici mondi possibili e nel contempo gli fornisce un appoggio e un conforto sicuro cui fare ritorno nel caso in cui incontri probabili ostacoli e avversità. Bowlby, quindi, definisce la base sicura come “la base da cui un bambino parte per esplorare il modo e a cui può far ritorno in ogni momento di difficoltà o in cui ne senta il bisogno”. Il termine, però, è stato più propriamente introdotto da Mary Ainsworth (1982) per indicare e descrivere la sensazione di sicurezza che è fornita al bambino dalla figura di attaccamento cioè il caregiver (colui che si prende cura). Se la “base sicura” è realmente tale, cioè è ciò che potenzialmente può essere, i bambini tendono a cercarla in momenti di necessità: pericolo, malattia, dolore, stanchezza o dopo una separazione. La presenza della “base sicura” e la sua disponibilità lo tranquillizzeranno.


Ti ricordiamo anche l'articolo sulla "strange situation", procedura sperimentale che indaga l'attaccamento e la qualità della relazione, messa a punto da Mary Ainsworth

 

Una base sicura anche per gli adulti

Questo fenomeno si evidenzia non solo nei bambini, ma anche negli adulti. Capita ad ognuno di noi di sentirsi “a casa” con persone fidate, intime, con cui abbiamo un legame profondo e duraturo. Con loro l’ambiente è familiare, possiamo rilassarci e impegnarci nelle sfide della vita di tutti i giorni sapendo di essere al sicuro dai pericoli. Secondo Bowlby, inoltre, sia nei bambini che negli adulti, i processi legati al dolore e al lutto si verificano ogni qual volta siano attivati i comportamenti di attaccamento (cioè lo si desideri) in assenza di una figura di attaccamento.

 

Per esplorare il mondo: un nido per volare

La base sicura potrebbe essere paragonata ad un nido per volare: una certa base da lasciare per esplorare in volo i mondi possibili e un appoggio caldo, in senso affettivo, cui fare ritorno nel caso della necessità. Abbiamo bisogno di un nido-base, abbiamo bisogno di averlo per poterci allontanare – altrimenti non avremmo nulla da cui allontanarci e quindi nulla verso cui andare – e abbiamo bisogno di averlo per provare meno timore durante l’esplorazione; perché, si sa, sono di vario genere i mondi che potremmo incontrare e se avessimo paura o ci trovassimo di fronte ad un fallimento percepito come tale, avremmo bisogno di un nido protettivo cui fare ritorno. Dal nido poi, si iniziano, passo dopo passo i primi abbozzi di tentativi di volo fino a che, poi, le ali più robuste sapranno librarsi in aria per un tempo più lungo e sapranno spaziare di più. Questo nido è fuori, nelle persone care intorno a noi e nelle realtà concrete che viviamo, ma anche principalmente dentro di noi. Ed è lì, probabilmente, che c’è da armarsi di rami, steli, foglie, piume per impegnarsi, ognuno, a costruire così il proprio nido.

 

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