Psicologia e raccolta differenziata

In questi ultimi anni si stanno diffondendo anche se in modalità piuttosto disomogenee, vari sistemi di raccolta differenziata in piccoli e grandi comuni italiani, i nostri stili di vita a quanto pare dovranno procedere su binari sempre più green e improntati al riciclo… Secondo la psicologia sociale non basta tuttavia imporre nuove norme: i cittadini dovrebbero condividere nuovi valori culturali circa la reale utilità di abitudini ecosostenibili.

Psicologia e raccolta differenziata

Tra tutte le iniziative “verdi” quella della raccolta differenziata è senz’altro la più nota per l’innegabile impatto che ha sulle nostre abitudini quotidiane. C’è chi si attiene scrupolosamente alle nuove norme pago della sua identità di “consumatore ecologico” e chi non perde occasione per approfittare dell’ultimo cassonetto “vecchia maniera”…  Gli atteggiamenti sono a quanto pare tutt’altro che scontati. Vediamo allora il rapporto fra psicologia e raccolta differenziata.

 

Psicologia e raccolta differenziata: l’altruismo

Quello che in psicologia è noto come modello dell'attivazione della norma morale di Schwartz (1973, 1977) è stato più volte utilizzato per studiare i comportamenti ecologici, come fare la raccolta differenziata,  quali esempi particolari di comportamenti altruistici, volti cioè a privilegiare gli interessi comunitari sui vantaggi del singolo individuo. Secondo questa teoria il comportamento altruistico dipende dalla consapevolezza sia delle conseguenze positive delle proprie azioni che della responsabilità personale di tali conseguenze. In altre parole, le persone si attengono a norme ecologiche di comportamento, come la raccolta differenziata,  solo se si percepiscono direttamente responsabili e realmente in grado di provocare effetti positivi per altre persone.

 

Psicologia e raccolta differenziata: le contraddizioni

Viene allora da chiedersi quanto sia o meno facile per i cittadini italiani costruire una cultura ecologica e del riciclo là dove l’introduzione della raccolta differenziata è stata attuata, ad esempio nel Lazio, con logiche spesso restrittive e punitive (assenza dei cassonetti che “costringe” al riciclo) e a macchia di leopardo con modalità spesso distanti dalle esigenze dei cittadini (orari o tempi di raccolta insufficienti). Inoltre da più fonti di informazione vengono evidenziate notizie che alimentano sfiducia nell’effettiva utilità della raccolta differenziata stessa (come l’imminente apertura di nuovi inceneritori). Il senso di impotenza, rabbia e frustrazione si unisce allora al già dilagante senso di sfiducia nelle istituzioni, là dove gli stessi programmi di raccolta differenziata, prima ancora che “imposti” ai cittadini sembrerebbero essere stati recepiti dallo stesso governo italiano come una “imposizione” da parte dell’UE cui adempiere formalmente senza reindirizzare integralmente i propri interessi economici e produttivi. E’ difficile sviluppare una cultura del riciclo dove nei supermercati la maggior parte delle confezioni è ancora in plastica o polistirolo (uno dei materiali più inquinanti).  

 

Psicologia e raccolta differenziata: esempi d’eccellenza

Eppure città come San Francisco sono un esempio per ogni grande metropoli del mondo occidentale (75% di raccolta differenziata). Da dive iniziare? Sicuramente promuovendo una cultura del riciclo e del rispetto per l’ambiente che parta anzitutto dal coinvolgimento attivo dei cittadini, dal riscontro tangibile della reale utilità dei loro comportamenti e da un atteggiamento coerente delle Istituzioni.  Altruisti ed ecologici sì a patto però di sentirsi realmente utili!

 

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