Il Piccolo Principe: definire sé stessi nei rapporti umani

Da poco tornato in auge per il remake cinematografico, la favola del Piccolo Principe continua a commuovere e a far pensare. Le sue frasi sono fonte di ispirazione per comprendere il senso di sé nei rapporti umani.

Il Piccolo Principe: definire sé stessi nei rapporti umani

Il Piccolo Principe è solo in apparenza un libro per bambini, seppur narrato dal punto di vista del piccolo protagonista, è una fiaba di un sapore quasi onirico che insegna a ritrovare sé stessi nei rapporti umani.

Il capolavoro di Saint-Exupéry mira dritto al cuore delle cose insegnandoci come le relazioni con gli altri, i legami affettivi e l’intimità emotiva rappresentino il principale fulcro della nostra identità.

 

Definire sé stessi nei rapporti umani

“È il tempo che tu hai perduto per la tua rosa che ha fatto la tua rosa così importante. Tu diventi responsabile per sempre di quello che hai addomesticato. ”

Queste le parole che la Volpe dice al Piccolo Principe per spiegargli perché quella rosa che ha coltivato e di cui si è preso cura per tanto tempo sia diventata la “sua” rosa, adesso così diversa da tutte le altre: non potrà mai più essere, ai suoi occhi, una rosa qualunque ed è diventato responsabile del suo benessere …

Un bambino e la sua rosa … ma, potremmo dire, ognuno di noi e le persone con cui abbiamo un qualche tipo di legame affettivo … Se è vero che da bambini abbiamo bisogno di legami di attaccamento sicuri ed esclusivi per assicurarci la sopravvivenza fisica e psicologica, il bisogno di attaccamento permane anche nella vita adulta pur diluendosi all’interno di rapporti umani più variegati contraddistinti da maggior reciprocità.

Costruiamo e consolidiamo la nostra identità, il senso di “chi siamo noi” anche e soprattutto attraverso le relazioni con gli altri e i ruoli che sentiamo di avere nei rapporti affettivi che con loro condividiamo.

Una relazione è una fonte di appartenenza, di identità e riconoscimento reciproco per entrambi i partecipanti che, in virtù del rapporto che li lega, condividono determinate attese riguardo a ciò che ognuno può aspettarsi di ricevere e dare all’altro.

Proprio come una pianta ha costantemente bisogno di sole e di acqua per vivere e crescere, ogni rapporto umano ha bisogno di essere coltivato e nutrito: un’amicizia, una relazione amorosa, un affetto basato su un’affinità intellettuale … tutti i legami, di qualunque natura siano, non possono mai darsi per scontati e definiti una volta per tutte; è l’impegno e la volontà di entrambe le parti che permette ad un legame di mantenersi nel tempo, crescere ed evolversi col mutare delle persone stesse che vi sono coinvolte.

 

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Il Piccolo Principe, la Volpe e i “riti” dimenticati

“Se tu vieni, per esempio, tutti i pomeriggi alle quattro, dalle tre io comincerò a essere felice. Col passare dell’ora aumenterà la mia felicità. Quando saranno le quattro, incomincerò ad agitarmi e ad inquietarmi; scoprirò il prezzo della felicità! Ma se tu vieni non si sa quando, io non saprò mai a che ora prepararmi il cuore… Ci vogliono i riti. Anche questa è una cosa da tempo dimenticata”

In queste celebri parole, la Volpe insegna al Piccolo Principe il valore dell’attesa e della ritualità nei rapporti umani. Un legame affettivo rappresenta, abbiamo detto, una parte di identità per le persone che lo condividono e, in tal senso, non si esaurisce solo sul piano della frequentazione fisica, ma esiste soprattutto come rappresentazione mentale in ognuno dei partecipanti.

Questo significa conservare memoria di quel legame, poter contare sulla consapevolezza della disponibilità affettiva dell’altro anche se non disponiamo nel momento presente (o non ancora) della sua presenza fisica, significa poter fruire del tempo dell’attesa, e del desiderio... 

I rapporti umani, soprattutto quelli affettivi che reputiamo maggiormente significativi, non si esauriscono sul piano delle interazioni contingenti e fattuali che scambiamo con l’altro, questo piano – più interattivo e pragmatico – è il mezzo mediante il quale riproduciamo schemi di interazione di noi con l’altro – quelli che Bowlby definiva modelli operativi interni – in cui ci identifichiamo e definiamo noi stessi, i nostri ruoli, le nostre caratteristiche e il nostro valore come persone.

 

l Falso sé: quando il senso di identità si fonda falsamente sull’accondiscendenza ai bisogni e desideri altrui

 

Immagine | Piccolo principe