Accettare le proprie insicurezze

Accettare le proprie insicurezze è il primo passo per poterle modificare e cambiare. Lottare con sé stessi spesso porta all'effetto contrario, mentre è molto più difficile, ma anche utile, accettarsi per come si è. Vediamo perché.

Accettare insicurezze

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"Solo quando mi accetto come sono, posso cambiare. Noi non possiamo cambiare, non possiamo allontanarci da ciò che siamo, finché non accettiamo fino in fondo ciò che siamo". 

 

Questa famosa citazione di Carl Rogers riassume una grande verità spesso poco considerata. Si è molto più abituati a “lottare” contro sé stessi sperando che questo serva a migliorarci… In realtà accettare le proprie insicurezze è il primo passo per poterle modificare.

 

Insicurezza psicologica: quando e come?

Tutti hanno le proprie insicurezze, anche coloro che sembrano privi di qualunque debolezza. Per alcuni si tratta di insicurezza in amore, per altri delle situazioni sociali, per altri ancora del parlare in pubblico e così via… Ognuno può funzionare bene e con una certa padronanza di sé in alcune aree della vita e incontrare le proprie insicurezze in altre, non si procede per forza ad un'unica velocità! 

 

Alcune insicurezze possono essere caratteriali, far parte cioè del modo in cui una persona affronta determinate situazioni più o meno da sempre.

 

Altre possono presentarsi a seguito di eventi variamente traumatici che hanno messo in discussione alcuni importanti equilibri esistenziali. In altre situazioni ancora può darsi che si abbia difficoltà a stare al passo con i mutamenti tecnologici, organizzativi o di contesto che il passare del tempo richiede.

 

Pensiamo a coloro che hanno una timidezza patologica e che sono caratterialmente bloccati in tutte le situazioni sociali dove sono presenti figure di autorità, persone da cui temono di essere giudicati o semplicemente degli estranei con cui non hanno confidenza.
Oppure pensiamo e coloro che dopo un grave incidente hanno problemi a tornare alla guida dell’auto e non si sentono più sicuri e padroni del mezzo come facevano prima.

 

O, ancora, a quanto spesso nelle aziende e negli uffici in generale possano modificarsi e aggiornarsi procedure organizzative, sistemi di informatizzazione e redistribuzione del lavoro: alcuni, forse più orientati ad un lavoro routinario, possono faticare a “tenere il passo” con i continui cambiamenti, sentirsi in ansia e avere paura di non essere all’altezza…

 

Spesso si fatica ad accettare le proprie insicurezze, si cerca di fuggire dalle situazioni temute o ci si sforza di andare incontro al “pericolo” senza aver compreso a pieno le proprie difficoltà.
 

Confrontarsi con le proprie insicurezze

Esistono due strategie mentali, solo apparentemente opposte, mediante la quali si può cercare di ovviare al peso delle proprie insicurezze. Si tratta di soluzioni, messe in atto in modo anche inconsapevole, che tuttavia si rivelano disadattive perché rischiano di amplificare il problema che vorrebbero risolvere. E hanno in comune un’altra caratteristica: non consentono di accettare le proprie insicurezze.

 

La prima strategia, molto frequente per altro, è l’evitamento. È una modalità che conoscono bene le persone che hanno una timidezza patologica, le persone fobiche e, più in generale, le persone ansiose. La parola stessa suggerisce con immediatezza di cosa si stratta; in fondo è scritto un po’ nel nostro DNA: davanti a un pericolo o si attacca… o si fugge! 

 

Dov’è il problema? Coloro che soffrono di un’estesa fobia sociale (un modo più “tecnico”, se volete, di definire la timidezza patologica) lo sanno bene: a furia di evitare tutte situazioni in cui ci si potrebbe sentire in difficoltà, si finisce col fare molte rinunce e a vivere entro un perimetro molto ristretto della propria “zona di comfort”. Inoltre, più si evitano tali situazioni e più ci si sente inadeguati e incapaci aggravando così il proprio senso di inadeguatezza e la propria paura in un circolo vizioso che si auto-mantiene aggravando la bassa autostima

 

Inoltre, evitando le situazioni in cui ci si potrebbe sentire a disagio, non ci si confronta mai con le proprie insicurezze e non ci si dà alcuna possibilità di modificarle. 
 

Negare le insicurezze

La seconda strategia, dicevamo solo apparentemente opposta alla prima, è l’agito controfobico. Questo termine complicato sta a indicare essenzialmente una sorta di “terapia d’urto” a cui, spesso in maniera del tutto inconsapevole, alcune persone si sottopongono nel tentativo di superare l’insicurezza in alcune circostanze. In pratica ci si butta a capofitto proprio nelle situazioni che più si temono per cercare di esorcizzare la paura mostrando una facciata di audacia, coraggio e spavalderia. 

 

Vi possono essere alcuni inconvenienti, primo fra tutti che la persona non si renda neanche conto di provare una grande insicurezza verso tali situazioni e che accumuli un elevato carico di stress che rischia di non essere portato alla coscienza e di venir somatizzato in modi variamente disturbanti. Non è escluso che ci si possa anche mettere in pericolo dato che questo meccanismo si accompagna spesso ad una sottovalutazione dei rischi o che ci si possa ritrovare in situazioni comunque sgradevoli in cui ci si sente spinti a fare qualcosa che non si desidera realmente. 

 

Alcune donne, ad esempio, possono inconsapevolmente mettere in atto un simile meccanismo per superare l’insicurezza legata alle relazioni con gli uomini e alla sessualità. Possono apparire estremamente seduttive o mostrare un’apparente disinvoltura là dove invece serbano molta paura e preoccupazione, esponendosi proprio alle situazioni in cui provano maggior disagio o timore. 

 

Altre persone possono fare scelte abitative fondate su questo meccanismo: ad esempio temono molto, anche se inconsapevolmente,  di uscire dal perimetro della propria città natale, ma, proprio per questo, si ritrovano a vivere e lavorare a molte miglia lontano da casa, spesso spostandosi anche molto frequentemente e accumulando stress, insicurezza e irrequietezza senza riuscire mai a sentirsi realmente “a casa”. Gli esempi potrebbero continuare…

 

A ogni modo, come con l’evitamento, le proprie insicurezze non vengono riconosciute né accettate come tali, ma rimangono ostacoli che alimentano mancanza di fiducia e condizionano i comportamenti.
 

Accettarsi come si è

Per recuperare la sicurezza in sé stessi, anche nelle situazioni più difficili occorre anzitutto confrontarsi con i propri limiti e accettarli come tali.

 

Il più grande fraintendimento su una buona autostima  è che non si debbano avere difficoltà o debolezze. Al contrario: per migliorare l’autostima, e di conseguenza la sicurezza di sé, è necessario anzitutto accettarsi così come si è, con  pregi e difetti, limiti e risorse. 

 

Evitare o negare il problema non aiuterà a risolverlo, spesso è l’intransigenza con sé stessi l’ostacolo maggiore: considerare inammissibili certi difetti porta a svalutarsi e a generalizzare il problema, come se non si trattasse di un singolo aspetto della propria esperienza, ma tutta la propria persona a non andar bene, ad essere difettevole o non adeguata. Questo atteggiamento di intolleranza - comune sia a coloro che evitano che a coloro che negano l’insicurezza - mina l’autostima e priva ancor più la persona delle risorse necessarie per fronteggiare le difficoltà.

 

Si pensi alla memoria: è ormai piuttosto risaputo che il miglior modo per avere una buona memoria è quello di aver ben chiaro quali sono le possibili defaillance di essa. Non si tratta di pretendere di ricordarsi sempre tutto, ma, al contrario, di tener conto in maniera deliberata di quali sono le informazioni o le circostanze che possono giocarci brutti scherzi. Solo avere consapevolezza di questo ci consentirà di attuare strategie mnemoniche opportune.

 

Anche l’insicurezza è una vulnerabilità, spesso situazionale o legata ad alcuni ambiti della vita, da accettare come lato “umano” di ognuno di noi, e di cui tener conto consapevolmente per elaborare strategie che ci consentano di stare anche nelle situazioni più “rischiose” prendendo qualche dovuta precauzione. Se abbiamo paura di parlare in pubblico magari non ci proporremo come relatori a un meeting di sconosciuti, ma non rinunceremo neanche a priori a parteciparvi rimanendo a casa. Forse potremo provare gradualmente ad intervenire facendo qualche domanda, che ci saremo già preventivamente appuntati e forse arriveremo anche a fare qualche intervento quando sarà necessario. Senza la pretesa di diventare per forza dei grandi oratori: se non è nella nostra natura va bene così.