La disposofobia: buttare via? O conservare? Questo è il problema

Quante volte prima di buttare via un oggetto avete pensato: “Mah, forse lo tengo, non si sa mai possa tornare utile …”? Tendenzialmente tutti noi siamo propensi a non liberarci facilmente di ciò che ci appartiene, ma c’è chi ha un problema così forte a buttare via le cose, a distinguere quel che è importante da quel che non lo è, da sviluppare un vero e proprio disturbo: la disposofobia. Cosa è? Vediamolo insieme

La disposofobia: buttare via? O conservare? Questo è il problema

La disposofobia viene spesso definita come “sindrome di accumulo compulsiva” e definisce la tendenza patologica a mettere da parte masse di oggetti inutili fino a rendere inabitabili intere aree della propria casa o comunque compromettendo fortemente la vita degli individui interessati, sia perché questi praticano il disordine fino alla disperazione, sia perché sono costantemente costretti a giustificarsi per il caos con i parenti o il partner.

Ma perché i disposofobici lasciano così tante cose in giro? Diversi studiosi hanno scoperto che gli “accumulatori” compulsivi sono spesso eccessivamente coinvolti nei confronti delle loro cose. Ogni vecchia lista della spesa, ogni penna esaurita, vengono percepite come parte della propria persona e della propria storia, dunque oggetti che agli occhi dei più apparirebbero senza valore, per i disposofobici hanno una grande importanza emotiva. Esiste inoltre un accumulo “strumentale”, come quando chi soffre di disposofobia non butta il phon o il tostapane vecchio nell’idea di un’utilità futura.

L’accumulo di oggetti procede di pari passo con le difficoltà nella pianificazione e nell’organizzazione: per esempio chi è affetto da disposofobia ha “categorie” mentali più limitate rispetto agli altri e in più ha problemi nel catalogare oggetti.

 

La disposofobia e la presa di decisione                                               

Alcune ricerche nel campo delle neuroscienze mostrano che i cervelli di coloro che soffrono di disposofobia elaborano il problema “buttare o conservare?” in maniera profondamente diversa dai cervelli delle persone “normali”. In particolare la corteccia prefrontale ventromediale reagisce in maniera più marcata quando si chiede ai soggetti con sindrome da accumulo di buttare vecchi giornali o barattoli di conserva vuoti. Questa regione cerebrale viene sollecitata tra l’altro in caso di prese di decisioni difficili, per esempio quando si tratta di valutare sentimenti oppure argomenti razionali. Tale dato si sposa bene col fatto che i disposofobici mancano di capacità decisionale.

 

La disposofobia: guardare al di là dei mucchi selvaggi                    

Quando un individuo riconosce come esagerata la propria mania di mettere da parte oggetti, di accumularli in maniera sfrenata, dovrebbe rivolgersi ad uno psicoterapeuta professionista. Purtroppo l’aspetto problematico della disposofobia è proprio quello che nella maggioranza dei casi l’accumulare compulsivo non viene riconosciuto finché il paziente non si sottopone alla terapia per altri problemi. Questo accade per molti disposofobici che oltre ai disturbi compulsivi sono particolarmente soggetti a depressioni, ansie e disturbi alimentari.

Una terapia efficace prevede diverse prescrizioni ed esercizi per imparare a riorganizzarsi al meglio e a prendere decisioni, e in modo da portare i pazienti anche a riconsiderare il loro rapporto con gli oggetti vecchi, rotti o privi di valore.

 

Immagine | romana klee