La solitudine delle menti brillanti

Le menti brillanti sono votate alla solitudine per lavorare meglio o perché non trovano riscontro negli altri dei propri interessi?

Menti brillanti e solitudine

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Il genio solitamente è incompreso e anche solo. Si tratta di uno stereotipo o davvero le menti brillanti sono destinate a lavorare in solitudine (scelta o forzata)?

Anche i bambini molto intelligenti spesso rifuggono la compagnia dei pari perché troppo "bambini" per i loro ragionamenti.

È possibile che sociale e cognitivo non viaggino alla stessa velocità creando una sorta di frattura o è fattibile riallineare le menti brillanti alla vita comune?

 

Le doti della solitudine

La solitudine è un concetto socialmente poco chiaro, credo, e che porta con sé delle reazioni ambivalenti. Si è soli quando si è single e non in coppia o anche quando si rifugge la vita sociale. Ed è da considerarsi una connotazione negativa quando è ricercata oppure solo quando sono gli altri a negarsi?

Di sicuro, non è semplice stare da soli, così come non lo è stare in compagnia: in Rete si trovano tantissimi esempi di elogi di una vita senza famiglia (niente doveri, assoluta libertà, grande divertimento, ecc.) così come di racconti di disperazione (vita vuota, feste in solitaria, problemi a far quadrare i conti di casa, ecc.).

A livello scientifico sono stati fatti molti studi sia in ambito psicologico, sia in ambito sociologico e sicuramente emerge che coloro che hanno un alto livello di intelligenza finiscono più facilmente a condurre una vita in solitudine. Qui emerge una frattura però:

  • da un lato ci sono coloro che sostengono che la solitudine nutra la creatività;
  • dall'altro ci sono coloro che vedono nella vita solitaria una strada naturale per le menti brillanti.

 

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Andiamo più a fondo

Quale che sia la giusta direzione resta evidente una connessione tra introversione e una certa vivacità intellettuale.

L'introverso è una persona che si ripiega in se stesso e si interessa solo a ciò che gli accade interiormente guardando con un certo distacco il mondo esterno.

L'ingresso al mondo scolastico gli impone già delle difficoltà, perché a causa della sua personalità non ama la socializzazione e soprattutto non vede nel confronto con gli altri una molla per l'apprendimento. Ciò non toglie che coltivi i suoi interessi, anche con maggiore profondità, ma staccandosi dai ritmi e dalle imposizioni dell'ambiente scolastico.

L'introverso potrà poi riprendere il suo lavoro interiore e i suoi interessi nell'ambito lavorativo, mettendoci anche molto impegno e raggiungendo grandi risultati senza doversi "perdere" nella socializzazione.

Questo ritratto si allinea con le scoperte di Anders Ericsson, professore di psicologia presso la Florida State University che da anni studia i "geni". Dalle sue ricerche non emerge l'importanza di un gene fondamentale, né che sia sufficiente un quoziente intellettivo irraggiungibile. Le menti brillanti che davvero emergono sono quelle caratterizzate da assoluta dedizione e grande impegno sulle proprie tematiche; cosa che agli introversi riesce meglio.

 

I bambini prodigio

Quando è un bambino ad avere una mente brillante, il pericolo della solitudine è sicuramente più evidente. I bambini prodigio sono quelli che apprendono più facilmente e più velocemente e quindi riescono a passare agli stadi di ragionamento successivi bruciando le "normali" tappe.

Questo porta all'esclusione da parte dei coetanei che non capiscono questo ragionamento (soprattutto da parte di un bambino) e all'autoesclusione per seguire i propri interessi). La cosa interessante è che i bambini superdotati spesso vanno male a scuola e rischiano di essere scambiati per poco intelligenti a causa dello scarso interesse per ciò che avviene in classe; coloro che invece sono molti intelligenti, ma non vengono tanto riconosciuti come dotati, sono maggiormente aiutati anche nella socializzazione.

Ciò che non va tralasciato è che comunque si tratta di bambini e che, a prescindere da come parlino, non sono adulti e mancano della maturità per poter cogliere il senso delle problematiche "adulte" come i rapporti sociali, gli affetti, i lutti, ecc..

 

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