Team building soft air: fare squadra per vincere

Il team building soft air come esperienza “alternativa” alle solite pratiche di team building: due squadre si fronteggiano senza esclusione di colpi per raggiungere la vittoria. A differenza delle altre forme di team building, con il soft air si cementa il gruppo di appartenenza e, più che la cooperazione, si privilegia la competizione. Vediamo insieme come

Team building soft air: fare squadra per vincere

Svestire i panni dell’impiegato per indossare tuta mimetica e scarponi, oppure abbandonare penne, mouse e computer per maneggiare, con meno disinvoltura, pistole ed altro genere di “armi”. È quanto accade con il team building soft air, la via più selvaggia e spericolata alla competizione aziendale. Non più pareti, sedie e scrivanie ma luoghi aperti, solitamente boschi, in cui nascondersi, camuffarsi, mimetizzarsi e, in questo modo, sferrare strategicamente l’attacco a ogni tentativo di incursione da parte del gruppo avversario. Un po’ come tornare bambini, verrebbe da dire.

 

Team building soft air: cos'è

Il game, infatti, non può non ricordare certi giochi fatti da piccoli. Eppure c’è chi si dimostra assai critico per una “trovata”, certamente insolita, utilizzata per ravvivare lo spirito di gruppo e la cooperazione tra i dipendenti. Non si tratta solo di utilizzare le armi, peraltro innocue, ma di trasferire la naturale competizione sul posto di lavoro nel contesto di guerra aperta offerto dall’esperienza di team building soft air. Più che di cooperazione, poi, bisognerebbe parlare di prontezza di riflessi. Le sue regole, infatti, prevedono l’uscita dal gioco per chi venga colpito. Insegnamenti del genere possono forse voler dire capacità di reagire rapidamente a imprevisti, ostacoli e impedimenti vari.

 

E chissà che, in questo senso, il minore spazio riservato alla riflessione non rappresenti già di per sé una grave perdita. Per non parlare dell’esasperazione con cui il team building soft air contrappone tra loro i gruppi. Il partecipante, insomma, anche se per gioco, inquadra i suoi colleghi secondo la dicotomia alleato/nemico. Col risultato che il gruppo di appartenenza si cementa solo in virtù dell’ “abbattimento” dell’avversario e non, come invece dovrebbe essere, per comunione d’intenti. In breve, sembrerebbe che non sia tanto l’entusiasmo a rendere coeso il gruppo, nel senso di avventura sconosciuta in cui comunque ci si imbarca tutti assieme ma, piuttosto, la semplice spinta a vincere, un po’ come accadrebbe per una qualsiasi altra competizione di gioco.

 

Fonte immagine: b.dugardin