I benefici della gentilezza

Il 13 Novembre ricorre la giornata mondiale della gentilezza: c’è ancora spazio per questa nobile qualità, all’apparenza un po’ desueta, nel nostro cyber mondo iperconnesso fatto di relazioni umane sempre più “liquide”?

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Il 13 Novembre ricorre la giornata mondiale della gentilezza, può sembrare una stramberia: ormai abbiamo una ricorrenza annuale per ogni cosa, tanto da farci sembrare che il calendario sia diventato una sorta di memorandum dell’ovvio.

Eppure la gentilezza è forse diventata una qualità tanto ovvia quanto poco considerata nel mondo di oggi, dove siamo fin troppo abituati ad agire e reagire nei confronti degli altri, in barba a quelle “buone maniere” del passato che segnavano limiti e confini alle interazioni umane.

Una qualità quindi, la gentilezza, tutta da riscoprire… Vediamo quali sono i suoi benefici.

 

I benefici gentilezza: quello che non conosciamo degli altri

“Ogni persona che incontri sta combattendo una battaglia di cui non sai nulla. Sìì gentile, sempre”.

Questa frase, erroneamente attribuita a Carlo Mazzacurati, sarebbe in realtà da attribuire a Ian Maclaren (pseudonimo di John Watson), uno scrittore e teologo scozzese vissuto nella seconda metà dell’ ‘800.

Uomo d’altri tempi dunque… e anche la gentilezza sembrerebbe esserlo, eppure i benefici che le si possono attribuire sono tutt’altro che desueti.

La gentilezza rimanda innanzitutto al rispetto dell’altro, chiunque egli sia, al mantenimento di un riserbo e di una benevolenza nei modi di fare che prescinde da quello che sappiamo della persona che ci sta davanti. Siamo fin troppo abituati a dare l’altro per scontato, ad avere accesso, tramite il web, ad informazioni su chiunque, parziali e non sempre veritiere d’accordo, ma comunque utilizzate a pretesto per farci un’idea scontata e stereotipale del nostro interlocutore.

Medici, insegnanti, avvocati, allievi, amici o ex fidanzati… internet appare un enorme bacino di informazioni su chiunque incontriamo, o dobbiamo incontrare, nella nostra vita. E sempre più spesso i nostri codici di comportamento si fondano su quelle idee stereotipali e semplicistiche sugli altri fornendoci il pretesto per trattarli con più o meno riguardi a seconda dell’opinione che ci siamo fatti di loro.

 

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La gentilezza rimanda ad un modo di trattare con gli altri che prescinde da ciò che sappiamo di loro: impone di considerarli e trattarli con riserbo, rispetto e educazione cortese anche se di loro nulla sappiamo o sappiamo cose che non ci piacciono, perché la gentilezza non è “ad personam”, è piuttosto assimilabile ad un valore che accorda rispetto all’altro per il fatto di essere una persona non importa quanto a noi sconosciuta, sgradita o magari sessualmente attraente.

Basti pensare alle semplici norme che un tempo regolavano le interazioni umane come mantenere la distanza dall’interlocutore e distogliere lo sguardo: invadere lo spazio personale dell’altro o fissarlo con insistenza erano considerati segni di scortesia e di invadenza.

Oggi al contrario siamo talmente abituati ad essere costretti ad una vicinanza forzata con i corpi altrui (pensate ai pendolari), ad essere continuamente oggetto dello sguardo dell’altro (mediatico o non) da aver quasi del tutto abbandonato queste regole che animavano la gentilezza e la cortesia di un tempo (Tribaldi, M. 2011).

La gentilezza sembra ormai quasi roba d’altri tempi eppure è, al tempo stesso, una qualità di cui più che mai oggi abbiamo bisogno.

 

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