Maschi alfa, beta, omega: intervista a Elisabetta Ruspini

Cos'è la mascolinità e come si sta evolvendo? Quali sono le caratteristiche del maschio alfa? Come si costruiscono le identità di genere? Abbiamo intervistato Elisabetta Ruspini, autrice insieme a Maria Luisa Fagiani del volume "Maschi alfa, beta, omega" edito da FrancoAngeli, per saperne di più

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Cosa significa, nell'Italia di oggi, essere un maschio alfa? Esistono modelli di mascolinità alfa "puri" o la compenetrazione tra alfa, beta, omega sono ormai incontrovertibili? Quali e quante contaminazioni può tollerare il modello del maschio alfa prima di perdere identità, forza, credibilità? Quale ruolo hanno giocato, in questi processi, le suggestioni urbane e metropolitane? Queste domande trovano risposta nel testo Maschi alfa, beta, omega. Virilità italiane tra persistenze, imprevisti e mutamento, edito da FrancoAngeli. Le autrici sono Maria Luisa Fagiani ed Elisabetta Ruspini: Maria Luisa Fagiani è ricercatrice presso l'Università della Calabria e si occupa prevalentemente di sociologia urbana e di turismo; Elisabetta Ruspini insegna Sociologia e Metodologia della ricerca sociale presso l'Università di Milano-Bicocca. Abbiamo intervistato Elisabetta Ruspini per saperne di più sulla figura del maschio alfa (o dominante) e su come si sta evolvendo.

 

Cos’è la mascolinità? Quali elementi la contraddistinguono?

La mascolinità, così come la femminilità, è una costruzione sociale, soggetta alle dinamicità storiche e frutto di lunghe e complesse sedimentazioni. Si tratta della percezione sessuata di sé e del proprio comportamento, raggiunta attraverso l’esperienza personale e collettiva, che rende gli individui (uomini, in questo caso) capaci di relazionarsi con i propri simili in quanto portatori di un’identità di genere riconoscibile, chiara, condivisa, non minacciosa. La formazione dell’identità di genere (sia maschile che femminile) si trova in diretto rapporto con la fisiologia, essendo vincolata dalle caratteristiche dei corpi femminili e maschili. Ciononostante, non è immutabile, e ciò sia per gli uomini che per le donne. Può infatti tramutarsi in un senso di appartenenza al genere maschile, a quello femminile oppure a particolari sfumature tra i due. La mascolinità non è certamente una singola esperienza condivisa da tutti. Essa può dare luogo a un’ampia varietà di emozioni, desideri, pratiche, negoziazioni, rifiuti, e non può essere ridotta ai significati che esprimono i più conosciuti e radicati stereotipi di genere, né tantomeno agli atti che tradizionalmente vi sono associati. Ciò che oggi sembra costituire una novità è proprio la mescolanza tra “tipi” e “controtipi” maschili che incrociano e sovrappongono elementi del sé (orientamento sessuale, “distanza” dal femminile, classe sociale, ideologia politica…) senza regolarità o prevedibilità: possiamo trovare uomini omosessuali (tradizionalmente ritenuti più “femminili” degli eterosessuali) in corpi molto virili; oppure uomini apparentemente virili ma al contempo molto “materni” e che rivendicano con forza il proprio diritto alla cura dei figli. 

 

Qual è l’identikit del maschio alfa?

Il concetto di maschio alfa (alpha male o maschio dominante, un concetto mutuato dalle discipline biologiche-etologiche) è un concetto da noi considerato in questo volume come il polo positivo, tradizionale, egemone, conforme, preferito all’interno dei discorsi (pubblici e privati) e delle pratiche di costruzione della mascolinità. Si tratta di un modello virile, carismatico, affascinante, vincente, che garantisce sicurezza e protezione, ardentemente anelato sia da donne che da maschi non alfa. Dunque, potenzialmente anche molto fecondo (la fecondità, come spiegato nel volume, diventa un meccanismo di giustificazione dei costi individuali e sociali che il modello alfa spesso genera). Si tratta pertanto anche di un concetto “naturale”, potente, identificante e apparentemente chiaro ed univoco (anche perché coniato nel mondo delle scienze cosiddette “hard”), che al contempo racchiude in sé tutta una serie di cruciali implicazioni (molte di esse di carattere gerarchico) per la definizione della mascolinità “altre”: da quelle volutamente opposte o antagoniste rispetto a tale orientamento, a quelle che se ne distanziano senza voler mettere in discussione il perimetro segnato da tale modello.

 

Cos’è la metrosessualità? Esiste un modello italiano?

Il metrosexual è in primo luogo, un mirror man, un uomo che guarda se stesso senza imbarazzo, si lascia guardare e dà profondità e complessità al monodimensionale, tradizionale, vecchio male gaze (sguardo maschile). Metrosexual è stato definito dal suo primo codificatore, il giornalista britannico Mark Simpson, come un giovane uomo metropolitano e single, dotato di una certa disponibilità economica, il cui orientamento sessuale è del tutto irrilevante. La metrosessualità si afferma, pertanto, come un’estetica personale che scardina le costrittive caratterizzazioni bipolari: maschile/femminile e etero/omo. In altre parole, la metrosessualità è uno stile di vita che va oltre il genere e l’orientamento sessuale e può essere letta, contemporaneamente, come un segno di sicurezza e di debolezza da parte degli uomini. Il cinema italiano ha una lunga tradizione di attori di bellezza metrosexual, dal raffinatissimo Mastroianni al giovane Riccardo Scamarcio. Non dimentichiamo, infine, i modelli di mascolinità “curata ed attenta” messi in scena da attori quali Kim Rossi Stuart e Raoul Bova, quest’ultimo marito e padre di due figli. In Italia il fenomeno metrosexual è ancora poco compreso e guardato con diffidenza anche a causa di una retorica della virilità, in via di superamento ma tuttora diffusa, che resiste in virtù di vecchi retaggi maschilisti che “ingabbiavano” l’uomo in rigidi cliché culturali.

 

Il fenomeno dell’uomo casalingo è in aumento: come mai?

Le tendenze di mutamento sociale paiono preludere ad un aumento del numero di uomini casalinghi. Parliamo della congiuntura economica non favorevole; della dinamica negativa del mercato del lavoro (accrescimento del tasso di disoccupazione totale, che ha riguardato gli uomini in misura più marcata delle donne; risalita del tasso di disoccupazione degli uomini molto più marcata di quello delle donne); della crescita delle famiglie caratterizzate da differenziali di reddito e carriera a favore delle donne; dei mutamenti che si registrano all’interno del mondo maschile. In altre parole, sempre più uomini potrebbero accettare un ruolo professionale da casalingo sia a causa di problemi lavorativi, sia per dare spazio alla moglie ed al suo desiderio di carriera; sia per stare più vicino ai figli e alla casa, sia per distanziarsi da un modello di mascolinità penalizzante ed ingabbiante e riscoprire una parte della propria identità maschile messa per lungo tempo a tacere.

 

Sempre più personaggi dello spettacolo fanno coming out: che legame c’è con la mascolinità?

Nell’introduzione al volume abbiamo definito le mascolinità che hanno fatto coming out come modelli innovativi e rivendicanti una differenza, un’emancipazione dai recinti culturali che hanno, per così lungo tempo, imprigionato la ricchezza del genere maschile. Ciò perché consentono un’evasione dalle “gabbie” socio-culturali del maschile. Si tratta, inoltre, di modelli che rifiutano l’imposizione sociale che connette (senza ammettere deroghe o tentennamenti) mascolinità, virilità ed eterosessualità. Fare coming out è una delle possibili traiettorie che compongono il corso di vita maschile (una traiettoria certamente cruciale nel processo di costruzione dell’identità personale e di genere) e non, come spesso si tenta di far credere, un’esperienza “patologica che si contrappone al mondo degli uomini (o dei “veri” uomini) e che, pertanto, “minaccia mascolinità e virilità”. Da questo processo di svelamento (che certamente richiede un denso processo di riflessione e introspezione) l’identità maschile può uscire rafforzata. Il coming out è, a nostro parere, al contempo anche un rito di passaggio, che segna il difficile percorso da modelli di mascolinità dipendenti dalle gabbie imposte dal regime eterosessuale, a modelli identitari (sempre maschili) che possiedono e mettono in scena un desiderio omosessuale. 

 

La riflessione sulla mascolinità made in Italy che ripercussioni può avere sulla nostra crescita personale?

Innanzitutto, ci può far capire che anche in Italia (uno dei paesi purtroppo più impermeabili − sul versante istituzionale in particolare − alle sollecitazioni poste dalle tendenze mutamento sociale) l’esplorazione del continuum tra i poli “alfa” e “omega è un efficace strumento formativo per donne e per uomini di diverse generazioni: un viaggio di comprensione e di riempimento degli spazi lasciati deserti dalla polarizzazione forzata tra mascolinità preferite, dominanti, anelate ed irraggiungibili e mascolinità “altre”, marginali, spesso stigmatizzate e temute (anche perché meno indagate e comprese) ma decisamente più innovative, creative e interessanti dal punto di vista della complessa relazione tra mascolinità e cambiamento sociale. Mutamento che non necessariamente è nemico dell’uomo (perché smantellatore di certezze passate e virilità agognate; perché generatore di instabilità, smarrimento, confusione, angosce, processi irreversibili e svilenti di femminilizzazione). L’impatto dei processi di cambiamento sociale dovrebbe essere vissuto come un arricchimento, l’occasione di un ricongiungimento con cruciali dimensioni dell’identità maschile per lungo tempo soffocate. Come abbiamo scritto nel nostro volume, pare pertanto scarsamente lungimirante ingabbiare la mascolinità in una categoria universale, indistinta, granitica, impermeabile alle influenze esercitate dal mutamento sociale: le modalità di essere uomo sono plurali e nessuna mascolinità è (era, può essere, sarà, ha senso che sia) solamente alfa, beta oppure omega.

 

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