Come difendersi dai media: intervista a Enrico Cheli

La televisione, la radio, i giornali e internet rappresentano ormai il nostro sottofondo quotidiano: come fare per imparare a usarli consapevolmente? Enrico Cheli è autore del libro "Come difendersi dai media. Gli effetti indesiderati di giornali, radio, tv e internet": lo abbiamo intervistato per saperne di più sull'influenza dei media sulla nostra vita quotidiana e sulle tecniche per gestire al meglio la nostra dieta mediatica

Come difendersi dai media: intervista a Enrico Cheli

È in libreria, edito da La lepre, Come difendersi dai media. Gli effetti indesiderati di giornali, radio, tv e internet, un utile testo di Enrico Cheli sul modo in cui i media quotidianamente influenzano il nostro umore, le nostre emozioni e le nostre idee. Attraverso numerosi esempi e casi clinici, l'autore esamina i differenti effetti dei media e suggerisce eserciti e tecniche per insegnarci ad usare in modo più consapevole la televisione, i giornali, la radio e internet. Enrico Cheli è sociologo e psicologo psicoterapeuta; è considerato uno dei maggiori esperti di tecniche per l’autoconsapevolezza e lo sviluppo del potenziale umano e dal 2010 è Presidente della Fondazione HOLIVERSITY per lo studio e lo sviluppo delle scienze e discipline olistiche. Lo abbiamo intervistato per saperne di più sugli effetti dei media.

 

La comunicazione sta assumendo sempre più un ruolo centrale all’interno della nostra vita, quasi come se non riuscissimo a fare a meno di giornali, tv e Internet: come nasce l’idea di Come difendersi dai media? C’è poca informazione sugli effetti dei media, secondo lei?

Sebbene il tema dell’influenza dei media sia da quasi un secolo uno dei più nevralgici e siano state condotte al riguardo molte ricerche in campo psicologico e sociologico, le persone ordinarie ne sanno ben poco, anche perché i libri in materia sono scritti per gli addetti ai lavori e sono quindi difficili da comprendere per i profani. Come difendersi dai media è invece un libro rivolto a tutti, non solo perché è scritto in modo comprensibile ma anche perché descrive le cose dal punto di vista del lettore e del telespettatore, e non da quello dello studioso.

 

L’idea di scrivere un tale libro mi venne oltre dieci anni fa, dopo un lungo periodo in cui avevo deciso di evitare ogni fruizione dei media: niente tv, né radio né giornali. Fu una esperienza molto utile, di profonda disintossicazione, grazie alla quale la mia sensibilità si affinò molto, così che, quando tornai a guardare un po' di tv o a leggere qualche giornale, mi accorsi che riuscivo a sentire nitidamente quali effetti essi esercitavano su di me e come certi programmi o notizie mutavano il mio stato fisico e soprattutto emozionale, quali conseguenze avevano sulla qualità del mio sonno, sul mio umore immediato o del giorno seguente, sul mio modo di relazionarmi agli altri etc. Riuscii a cogliere, nella mia esperienza personale di fruitore, tutta una serie di "piccoli effetti" che in precedenza non avevo potuto notare e che in molti casi non erano neppure riportati nella letteratura scientifica in materia. Svolsi accurate ricerche per vedere se vi fossero libri o articoli che affrontassero in qualche modo l’argomento, trovando, sì, alcuni riferimenti, ma piuttosto esigui e assai poco sistematizzati. Iniziai allora ad osservare con maggiore cura e continuità le mie reazioni, iniziando anche a tenere una sorta di diario, per cogliere spunti che dalla mia esperienza soggettiva potessero essere generalizzati e tornare utili anche ad altre persone.

 

Con la stessa attenzione presi ad osservare mio figlio e le sue reazioni a certi programmi tv, nonché le reazioni dei suoi amici, cugini, compagni di scuola e infine svolsi anche alcuni test su gruppi di studenti universitari. Scoprii, ad esempio, che dopo aver visto film con scene di violenza, si dorme spesso un sonno più agitato, con sogni sgradevoli, e ci si alza la mattina seguente mal riposati. Mi resi anche conto di quanta tensione allo stomaco producessero certi TG, con quel tono di voce incalzante degli speaker, da “bollettino di guerra”, e quella lunga sfilza di brutte notizie quasi mai bilanciate da buone. Una tensione allo stomaco tanto più nociva se si verifica durante i pasti o subito dopo, quando molti di noi sono soliti guardare i notiziari. Mi meravigliai inoltre di come certi programmi o notizie potessero far sorgere nello spettatore certe emozioni indipendentemente dalle sue opinioni – ad es. a seguito di una notizia di un tg si può provare commozione o ammirazione per un certo personaggio pur sapendo razionalmente che non le merita affatto, oppure sentire disprezzo per temi e personaggi che invece solitamente si apprezzano. E non accadeva solo a me ma anche a molti dei soggetti da me studiati. Credevo che fosse sufficiente un atteggiamento critico per proteggersi dai condizionamenti dei media, ma mi resi conto che perfino uno come me, che li conosceva a fondo, era sostanzialmente indifeso di fronte a certi effetti. E se tutto questo accadeva a me, che cosa poteva accadere a tutti coloro che non avevano le mie conoscenze e strumenti? Ecco allora nascere l'idea di questo libro, che non pretende di fornire risposte o ricette definitive ma intende piuttosto mettere in guardia il lettore, stimolandone la consapevolezza e fornendogli indicazioni ed esercizi che gli consentano di rendersi conto in prima persona di come stanno le cose e confezionarsi la sua propria dieta mediatica personalizzata, evitando il più possibile spiacevoli e talvolta subdoli effetti collaterali.

 

Nel suo libro categorizza gli effetti dei media distinguendo gli “effetti emozionali”, gli “effetti sull’identità” e gli “effetti cognitivi”: quali sono le caratteristiche che li contraddistinguono?

Gli effetti emozionali sono i meno studiati tra queste tre categorie, eppure sono forse tra i più preoccupanti. I media possono infatti produrre notevoli modificazioni nello stato emotivo delle persone influenzandone anche la salute. Ad esempio: come influisce la lettura di un giornale o di un sito web sul nostro umore? Come ci sentiamo dopo aver visto un dato film: meglio o peggio di prima? Quali emozioni suscitano in noi certi programmi tv e com'è, dopo, il nostro sonno: tranquillo e riposante o agitato e pieno di brutti sogni? Sebbene tra le emozioni ve ne siano anche di positive (in primis la gioia) le emozioni suscitate dai media sono prevalentemente negative (paura, rabbia, dolore): sia nei giornali e tele-radiogiornali sia nei film, telefilm, racconti, viene data infatti molta più rilevanza a situazioni imperniate su competizioni, pericoli, violenze, crimini o guerre che non a situazioni serene, pacifiche, collaborative, amorevoli. Quand’anche – come in molti casi – la vicenda si conclude con un lieto fine, i brevi momenti di gioia vissuti dallo spettatore al termine della storia non bilanciano quasi mai le assai più numerose e ripetute emozioni di ansia, tensione, paura, collera o dolore suscitate dalle vicende precedenti.

 

La ricerca di una propria identità è uno dei bisogni psicosociali più importanti per gli esseri umani, che emerge soprattutto durante l’adolescenza e prosegue per tutto il corso della vita. I media svolgono un ruolo fondamentale, in quanto ci propongono modelli da ammirare e imitare: i personaggi di un film o di un romanzo, i protagonisti della politica, dello sport o dello spettacolo, il possesso di un prodotto, di uno status symbol. Spesso ci accontentiamo di ammirarli e immedesimarci in loro, al massimo di imitarli, dimenticando che la straordinarietà dei tutti quei personaggi che costellano i molteplici palcoscenici della vita è quasi sempre fasulla, creata ad arte dai media per compensare l'eccesso di ordinarietà che i più sono costretti a vivere.

 

Uno dei generi mediatici che più influenzano l’identità è la pubblicità, che ci induce a credere che possiamo cambiare in meglio la nostra identità semplicemente acquistando un certo prodotto o servizio. Molti degli oggetti/prodotti pubblicizzati vengono infatti caricati illusoriamente e impropriamente di valenze simboliche particolarmente suggestive per farli apparire a seconda dei casi: uno status symbol, un feticcio, un oggetto transizionale, un oggetto magico, un attivatore erotico e via dicendo. Tali suggestioni creano a lungo andare una situazione di dipendenza dagli oggetti, e siccome quasi nessuno di essi è in realtà capace di darci davvero ciò che la pubblicità promette, dopo l’acquisto ci si trova presto in uno stato di bisogno perfino maggiore. Purtroppo, lungi dal fare due più due e comprendere che era tutta una menzogna - che quell'oggetto non ha in realtà alcun potere di guarire il nostro bisogno di sicurezza, di autostima, di amore, di considerazione - molte persone tentano di colmare il bisogno con ulteriori acquisti di altri oggetti, in una ricerca spasmodica che non sfama mai e produce sempre nuove spese.

 

Gli effetti cognitivi sono da sempre i più studiati dalla ricerca scientifica poiché riguardano i nostri valori, credenze, opinioni, modelli di comportamento, e conseguentemente come i media possono influenzare la nostra visione della realtà, le nostre scelte politiche, il nostro modo di affrontare le relazioni sociali e di vivere la vita. L’informazione giornalistica è quella più determinante per questo genere di effetti, come pure i programmi di divulgazione scientifica e storica. Nel libro sostengo provocatoriamente la tesi che la realtà riferita dal giornalismo è in parte finta, nel senso che le storie e gli eventi riferiti dai giornali, dai tg, dai GR non sono del tutto reali, ma piuttosto dei racconti di eventi reali. Un racconto è reale e irreale al tempo stesso, e anche quando si tratta di un servizio giornalistico il più possibile obbiettivo e fedele ai fatti, non siamo comunque a contatto con l’evento vero e proprio, ma con un racconto di quell’evento fatto da quel certo giornalista di quella certa testata, e il raccontare comporta sempre un filtrare, modificare, interpretare, anche involontariamente, quanto accaduto.

 

Dunque il giornalismo produce racconti e questi racconti si chiamano notizie; esse nascono, sì, da fatti veri, ma questo avviene anche per molti romanzi; ebbene, forse non è eccessivo dire che il giornalismo ci offre una versione inevitabilmente un po’ romanzata della realtà. Ogni notizia viene confezionata in funzione di molteplici fattori: le caratteristiche tecniche del medium (stampa, radio, tv etc.); lo stile narrativo del giornalista; la sua visione del mondo; le finalità culturali e politiche della sua testata; le logiche del linguaggio giornalistico, che portano a esporre i fatti in un certo ordine e a dare risalto a quegli aspetti che si ritiene facciano più notizia. Dunque il giornalismo racconta fatti veri, ma li altera inevitabilmente, talvolta in modo intenzionale, altre volte in totale buona fede. Sta a noi discernere il vero dal falso e il libro dà in proposito alcuni importanti suggerimenti.

 

Da dove partire per migliorare il nostro modo di utilizzare i media? Esistono delle alternative?

In primo luogo essere consapevoli che articoli giornalistici, film, programmi radiotelevisivi e siti web rappresentano, metaforicamente, dei “cibi” per la mente e ve ne sono di digeribili e genuini, ma anche di indigesti o tossici. Una avveduta dieta, che non esageri sulle quantità e stia attenta alla qualità, è il primo requisito per essere in buona salute. Se poi non basta e ci accorgiamo che un certo programma, film o lettura ha alterato in peggio il nostro stato emotivo possiamo ricorrere a specifiche tecniche come la seguente. A occhi chiusi, riporta alla mente le immagini, le storie o le notizie che ti hanno disturbato e visualizzale su un grande schermo televisivo. Senti le emozioni che hanno suscitato in te e poi immagina di avere in mano una spugna imbevuta di acqua e sapone e lava via le immagini dallo schermo, ripetendo mentalmente "pulisci pulisci pulisci". Presta quindi attenzione al tuo stato emotivo, e se ti senti sufficientemente rasserenata, riapri gli occhi, altrimenti procedi ad un secondo colpo di spugna. Oltre a quella appena fatta vi sono nel libro Come difendersi dai media molte altre tecniche per fa fronte alle “intossicazioni emozionali”, filtrare pubblicità commerciale e propaganda politica, arricchire di buone notizie la propria dieta di informazioni, e non mancano esercizi in forma di gioco rivolti ai bambini.

 

Ci fa un esempio di tecnica o esercizio per intervenire sulla nostra dieta mediatica?

Nel libro sono illustrate decine di esercizi e tecniche. Tra queste vi propongo la seguente, che ho chiamato: "sentire gli effetti in tempo reale". Mentre stai guardando la tv o ascoltando la radio, leggendo un giornale o navigando in internet, fermati di tanto in tanto per qualche secondo, chiudi gli occhi e sentiti: senti per primo il corpo e accertati se è rilassato o teso, e se è teso, individua in quali parti avverti maggiore tensione; poi senti le emozioni: sei calmo, eccitato, agitato, teso, spaventato, ansioso, aggressivo o che altro? Poi prova a cambiare canale, o articolo, o musica, o sito web, e prosegui di tanto in tanto con questi check up. Prendi nota dei risultati e dopo che lo avrai fatto per qualche volta in giorni diversi “tira le somme” .

 

Quanto è importante educare i bambini a un corretto uso dei media? Che consiglio darebbe a un genitore per aiutarlo a responsabilizzare i propri figli?

La questione degli effetti nocivi dei media è particolarmente importante nel caso dei bambini, precisando che per loro i media sono soprattutto la televisione e i videogiochi. I comportamenti dei genitori al riguardo sono molto vari: alcuni lasciano i bambini per ore davanti alla tv o al computer, senza curarsi minimamente della scelta dei programmi, altri demonizzano il video e non tengono nemmeno un televisore in casa, e altri ancora accompagnano i figli nel loro uso dei media e li aiutano a comprendere con senso critico ciò che vedono. Credo che quest’ultima sia la scelta migliore. Oltre a ciò sarebbe bene seguire alcuni accorgimenti come quelli di seguito elencati: non superare l’ora e mezza giornaliera di esposizione alla tv (per i bambini sotto i tre anni la soglia dovrebbe essere ancora più bassa); intervallare almeno ogni 45 minuti la visione della tv con attività alternative, meglio se di movimento, che durino almeno mezz’ora; almeno di tanto in tanto è utile la presenza di un adulto che commenti col bambino ciò che vede e che colga eventuali segnali di inquietudine, dubbi, domande etc.; stabilire almeno un giorno della settimana senza tv, in cui far dedicare il bambino ad altre attività (specie a partire dall'età scolare); mantenere una distanza dallo schermo non inferiore a due metri, onde ridurre l'irraggiamento elettromagnetico ed elettrostatico e anche moderare l’assorbimento e l’identificazione con le scene televisive. Di tanto in tanto è utile che l’adulto richiami delicatamente il bambino al contatto con la realtà – facendogli una domanda, toccandolo, spostando la sua attenzione su qualcosa al di fuori dello schermo etc.

 

Qual è il rapporto tra gli effetti dei media e la nostra crescita personale?

Anche se è indubbio che il processo di conoscenza di sé e autorealizzazione si svolge in larga misura interiormente, molti degli stimoli che lo attivano o lo ostacolano provengono dall’esterno, dall’interazione con l’ambiente fisico, biologico e soprattutto sociale. I media costituiscono per l’essere umano contemporaneo la fonte più abbondante di stimoli sociali e culturali ed è quindi fondamentale usufruirne in modo accorto. Ad esempio guardare frequentemente programmi televisivi violenti, thriller, film dell’orrore, suscita stati di allarme e ansia che non vanno affatto d’accordo con la crescita personale. Inoltre la crescita personale consiste anche nel ripulire la mente dai condizionamenti culturali e dalle credenze erronee, molti dei quali vengono veicolati proprio dai media. Dunque coloro che seguono un percorso di crescita personale, quale che sia, dovrebbero stare particolarmente attenti ai “cibi per la mente” proposti dai media e valutarli bene prima di assumerli. È soprattutto per aiutare tali persone che ho scritto questo libro.

 

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