La nostra Storia Narrata

Rappresenta la rivalutazione dell'importanza delle storie, fiabe e miti nella vita delle persone, bambini e adulti. Sia nel normale processo di vita, soprattutto nei momenti critici,sia durante la terapia come ausilio per l'emersione e l'elaborazione di tematiche inconsce.
Inventare storie inoltre, rappresenta un ottimo metodo di autoguarigione, uno strumeno applicabile anche autonomamente nella vita quotidiana

La nostra Storia Narrata

Più volte ho messo in evidenza l’importanza delle fiabe nella nostra vita, nella vita di piccoli e grandi, nel fornirci serenità, appoggio emotivo, soluzioni, uno spazio per noi stessi e valore per il mondo interno. Vari autori ci suggeriscono come le fiabe contengano elementi simbolici, universali ed evolutivi, di grande aiuto nell’elaborazione delle problematiche naturali, dei conflitti vitali, delle ambivalenze presenti nelle varie fasi di vita (Benini, Bettelheim, Marcoli, Santagostino, Von Franz, Scheidre).

 

Le fiabe, le narrazioni, i miti sostengono i bambini nei loro processi di crescita, attraverso la proiezione dei propri conflitti interni, in oggetti esterni simbolici, che fungono da rappresentati dei temi inconsci. Il racconto poi, sostiene il bambino nel percorso stesso, nel darsi forza per affrontare la situazione e nella risoluzione dei conflitti stessi. Tutto avviene in modo indiretto e triangolato, così da smorzare la tensione e l’emotività connessa con le problematiche interne. Il distanziamento dal proprio coinvolgimento, permette di avvicinarsi alla tematica, di vederla più chiaramente e di ritenerla affrontabile. Cosa che non avverrebbe altrettanto facilmente, se fosse vissuta in prima persona dal diretto interessato. In questo caso infatti, le emozioni coinvolte creano ansia e spingono ad attuare meccanismi di difesa quali negazione, disconoscimento, diniego, rimozione, ecc., che aggirano il problema, fuggendolo.

 

Non di meno le storie sono di grande aiuto anche per gli adulti, che pur desiderando ormai un po’ di pace e di serenità, continuano ad essere istigati al cambiamento dagli eventi, dalla vita in perpetuo mutamento. Gli adulti stessi quindi, sono portatori di perplessità, complessità, dubbi e problematiche, meglio affrontabili attraverso l’utilizzo di oggetti di proiezione e distanziamento, che ne aumentano la visibilità. Non a caso molti curandero di varie parti del mondo, i cantastorie, gli uomini medicina, molti psicoterapeuti, utilizzano storie e fiabe per nutrire l’anima e lenire le ferite (Estés, Jung, Marcoli, Scheidre). Sono ottimi mezzi per incontrare noi stessi, per guardarsi allo specchio, per scorgere ciò che si nasconde nella nostra anima e nel nostro destino.

 

Pensate un po’ alla fiaba preferita della vostra infanzia. Ve la ricordate? Avete fatto mente locale? Ricordate trama e personaggi, cosa succede, quale il punto di partenza, l’eroe, l’antieroe, gli eventi, il percorso, l’esito ed il cambiamento? Adesso riflettete sul perché proprio quella, è stata la vostra preferita. Cosa vi ha colpito? Quale melodia del vostro mondo interno, ha risuonato? Quale elemento della storia, vi ha dato sollievo? Quale spunto ne avete tratto? In seconda analisi, riflettete sul fatto che se quella storia vi ha tanto affascinato, catturato, quasi stregato, sicuramente vi ha anche guidato nella vita, ha dato via ad alcune vostre mosse, decisioni e ha anche fornito una forma peculiare ad alcune vostre scelte. Magari al limite più estremo avete realizzato pienamente, in senso reale o simbolico, quanto contenuto nel racconto stesso.

 

Pensate ad esempio alla giovane, che attende il “principe” che la vada a risvegliare dal sonno e dalla noia della sua vita, che la porti via, che la sottragga ai pesi familiari, alle incomprensioni, ecc. Non è così lontano dalla realtà, che vi siano giovani propense a pensare che sposandosi, la loro vita cambierà! Nello stesso modo, non è poi così lontano dalla realtà il pensiero di alcuni ragazzi: “Quando incontrerò una donna che mi sappia amare davvero, allora mi sentirò pienamente realizzato.” E via dicendo per molti altri esempi. Qualunque di queste possibilità vi appartenga, ci ricorda quanto siano fondamentali le narrazioni. Del resto, se perdiamo la nostra narrazione di vita, il filo che lega la nostra storia dalla nascita fino al presente, ne siamo oltremodo confusi, disorientati, spersi. Ci manca un senso, l’appartenenza, il nido, la casa d’origine.

 

Spesso infatti, le persone vanno in terapia, o chiedono un consulto psicologico perché hanno perso il loro centro, la visibilità sul senso della loro vita, su dove andare, su dove si trovano e perché vi ci si trovano, su dove vogliono andare. Se capita questo è perché non si è ancora ben compreso chi siamo, cosa e chi ha determinato ciò che siamo, quali sono i nostri mezzi, gli strumenti, quali i diritti che ci appartengano. È come se non riuscissimo a comprendere il senso della nostra vita, come se avessimo smarrito il filo che lega tutti questi eventi che ci hanno attraversato. Questo capita a giovani in fase di crescita, a giovani adulti che si affacciano in un mondo di scelte, ad adulti in fase di cambiamento o di stasi, a chi ha subito un trauma di vario tipo, a chi ha subito una perdita significativa, a persone non più giovani che si affacciano nella fase di stasi e vanno verso la rivalutazione regressiva di quanto è stato, di quanto hanno realizzato, ecc. Leggere storie, raccontarle, sentirle raccontare è una grande possibilità di rassicurazione e cambiamento. Uno stimolo, un seme che si getta oggi e non si sa quando germoglierà, ma fidatevi… germoglierà!

 

Nella loro semplicità, nel contenere elementi significativi, ridotti ai minimi termini e usati in senso simbolico, universali, nell’intervento di mondi altri, della magia e di forze misteriose, si racchiude l’importante opportunità di andare oltre la concretezza e la riduttività degli elementi oggettivi, per dare spazio al mondo interno, a quelle forze sconosciute che popolano il piano sotterraneo, la cantina, il sottosuolo, con la potenza che la contraddistingue. Le fiabe e le storie collocano l’individuo nell’inconscio, esattamente come i sogni, ma diversamente dai sogni agiscono di giorno, coinvolgendo in seconda contemporaneamente anche consapevolezza e coscienza.

 

Le fiabe rappresentano una fonte di grande rassicurazione perché forniscono la speranza di possibilità nascoste, mai viste prima, c’è sempre una soluzione dentro il cappello del prestigiatore. Nulla è impossibile, se l’eroe s’impegna lungo il suo percorso di crescita e di conquista (il castello, la principessa, l’anello più bello, sciogliere l’incantesimo, la prova da superare, ecc.), l’obiettivo sarà superato appieno. Chi ascolta la narrazione si sentirà consolato dalla possibilità di avere una possibilità, di andare oltre l’impotenza annichilente.

 

Il passaggio “orale” della fiaba da un individuo ad un altro inoltre, stabilisce un momento magico, di profonda condivisione a livello inconscio ed emotivo, fra chi racconta e chi ascolta, una complicità intensa e profonda, altamente rassicurante e nutriente. In questo caso esiste un doppio apporto, quello della fiaba e quello del legame con chi narra, consolidato dall’atmosfera emotiva narrante. Non a caso le storie, le fiabe, costituiscono dei modi ottimali di accompagnare il bambino, lungo il transito dallo stato di veglia a quello del sonno e lo rendono possibile perché lo fanno sentire meno solo, più fiducioso, pieno di occasioni. Anche per gli adulti è un mezzo importante, in terapia (Calabretta, Jellouschek) ma anche nella vita di tutti i giorni. Pensiamo ad esempio ai libri, ai romanzi. Non sono forse delle storie più o meno avvincenti, più o meno vere? Ebbene, spesso passiamo un po’ del nostro tempo a trastullarci, a farci accompagnare, a farci sorprendere, meravigliare, riempire, rassicurare dalle storie scritte nei libri. È uno strumento, un modo di esprimere i nostri contenuti interni, ma soprattutto è un accompagnamento nella nostra vita, come fosse qualcuno che ci tiene per mano e cammina a fianco a noi.

 

Eppure sono solo parole di qualcuno che neanche conosciamo, talvolta si tratta di storie inventate, eppure possiedono un’efficacia, un fascino, un sostegno indicibile. E stranamente, misteriosamente, noi incontriamo nella nostra vita, i libri che siamo pronti a leggere in quel preciso momento, che hanno un senso in quella fase esistenziale. Lo stesso testo poi, letto in momenti diversi ci dirà delle cose diverse, in modi e tempi diversi. L’incontro fra noi e la narrazione, ha un preciso tempo, modo, un preciso scopo. La terapia psicologica, la consulenza, il sostegno psicologico, hanno questa funzione di recuperare una narrazione che consoli, che esprima delle possibilità e soprattutto che ridia un senso ad un’esistenza che in qualche modo l’ha persa. Ecco perché raccontarsi ad un altro è importante, perché insieme si ritrova il filo perso o se ne trova un altro, più adatto al momento, tradotto in un linguaggio più esplicativo ed esemplificativo.

 

Talvolta in terapia si usano le storie di altri, le fiabe antiche, talvolta le proprie storie, talvolta si porta la persona ad impersonare i propri personaggi, a disegnarli, talvolta si spinge ad inventare storie di proprio pugno. Quest’ultima pratica costituisce un’altra grande possibilità di rassicurazione e cambiamento. Sembra banale, ma non lo è. Sembra facile, ma non lo è. Non lasciatevi ingannare dalle apparenze. In cosa consiste? Semplicemente, è uno strumento assai utile nei momenti di crisi individuale, quelli in cui vi sono scelte da compiere e non si ha chiarezza, quelli in cui si è confusi e non si sa perché, quelli in cui c’è malessere ma non se ne trova ragione. In tutte quelle circostanze in cui non si sta bene nei propri cenci, come avrebbe detto Dante Alighieri, allora le storie ci vengono incontro, le si possono leggere, ricordare, ma le si possono anche inventare, le si possono tradurre dal fondo della propria anima, scovando parola per parola, immagine dopo immagine, personaggi, intrighi, luoghi, tempi, eventi e...

 

Come ci ricorda Santagostino P. la fiabazione è utilissima come strumento conoscitivo, sia per il paziente che per il terapeuta, in quanto permette di conoscere le dinamiche profonde con notevole rapidità e ricchezza di elementi. Di per sé, inventare una storia contiene un elevato effetto terapeutico, infatti avvicina alcuni processi in corso, per lo più inconsci, al livello di coscienza, rendendoli più comprensibili e gestibili. Inoltre l’esplorazione immaginativa, costituisce un modo innocuo di esplorare le risorse e le possibili soluzioni alle problematiche in corso. In effetti, le tappe fondamentali della fiaba sono costituite proprio da: presentazione del problema, crisi, soluzione. I tre momenti fondamentali e necessari per individuare con chiarezza la situazione ed escogitare una risposta costruttiva, gli stessi adottati nelle tecniche di problem solving. Come tale costituisce un metodo per favorire l’autoguarigione, per sviluppare consapevolezza e creatività, elicitando un percorso parallelo e di sostegno alla terapia, ma anche un processo che può proseguire per proprio conto, per il resto dell’esistenza.

 

Come la narrazione costituiva un rituale per l’intera tribù, ritengo che abbia questa funzione anche per l’individuo, in quanto si fonda su elementi significativi ripetitivi, che devono diventare passi di un processo, di uno strumento risolutivo e conoscitivo. È un rito che ciascuno compie ripetutamente con sé stesso, armonizzando cognizione, emotività, corpo, relazione. L’immaginazione inoltre, costituisce quello spazio intermedio, transizionale (Winnicott) fra conscio e inconscio, veglia e sonno, quello che permette il passaggio dall’uno all’altro, offrendoci l’esperienza del sonno, del gioco di fantasia, della costruzione di senso, dell’elaborazione artistica, dell’intuizione, ecc. Ed è proprio la formulazione tipica dell’inizio delle fiabe “In un paese molto lontano”, “In un tempo ormai sconosciuto”, “In un tempo in cui desiderare serviva ancora a qualcosa”… e così via, ad introdurci immediatamente in un altro mondo, diverso da quello concreto e cognitivo, il mondo dell’inconscio, dove tempo, spazio, significato, desideri hanno un altro peso e confini sconosciuti. Proseguendo poi oltre le prime parole, per cogliere le prime frasi, già ci inoltriamo nel vivo della questione. Esattamente come le prime parole del primo colloquio (G. Lai) (sia in un contesto terapeutico che non) ci introducono ed esplicitano chiaramente i termini della questione, allo stesso modo le prime frasi di una fiaba già delimitano il tema centrale.

 

Prendiamo ad esempio la formulazione “In un tempo in cui desiderare serviva ancora a qualcosa…”  come avvio della fiaba Il principe Ranocchio o Errico di Ferro (nei fratelli Grimm). Questa ci esplicita subito qual è il problema: desiderare. Il senso finale della fiaba infatti ritorna qui: se desideri realmente qualcosa, se sei disposto a tutto e ti prendi la responsabilità di questo tutto, che talvolta può essere pesante e spiacevole, ma alla fine avrà un senso e ti ripagherà, se farai tutto questo allora avrai esattamente ciò che desideri. In questa fiaba infatti, la principessa più piccola ha smarrito la sua palla d’oro in una polla di acqua profonda e pur di averla promette ad un ranocchio di portarlo con sé a corte e di condividere tutto con lui, il piatto, il bicchiere, la tavola, il letto. E così è stato, il ranocchio le ha ripescato il balocco e lei, responsabilizzata dal padre, seppur di mala voglia, ha condiviso tutto col freddo e viscido ranocchio, che sul più bello si è trasformato in un bel principe. Desiderare dunque è importante, costituisce una forza vitale, la spinta alla crescita, al cambiamento, all’autorealizzazione. Desiderare ha un peso e un costo, ma ripaga sempre. È importante credere nei propri desideri: ecco il senso.

 

L’elemento significativo delle fiabe è che si propongono non i “come” ma i “perché” delle storie, degli eventi, delle azioni, ridando appunto un senso, un significato perso o mai trovato, a ciò che ci capita. Vanno a rintracciare le cause, gli antecedenti di una data scelta, di un sentire e di una condizione. Ripescano l’origine e quindi il desiderio di base, il bisogno ed il conflitto. Cenerentola ad esempio, è triste e sfaccendata, presa da mille lavori, perché è sola di fronte ad una madre buona che ha lasciato il posto ad una matrigna, alleata alle sue figlie legittime. La storia ci dice che la ragazza è triste perché l’alleanza con la propria madre non è possibile, è morta per sempre, lasciando posto all’elemento competitivo e malevolo della relazione al femminile. Ed è grazie all’intervento della fata, di una madre buona non più naturale e primaria, ma magica e secondaria (quale potrebbe essere un terapeuta con una buona funzione materna, una curandera, ecc.), costituisce la fiducia di poter trovare una funzione materna sostitutiva, che restituisca potere alla propria femminilità e forza al proprio destino. Anche Cenerentola ha diritto a desiderare un futuro ricco e pieno d’amore e la fata l’aiuta a realizzare questo suo desiderio.

 

A maggior ragione che le fiabe sono l’espressione pura e semplice di processi psichici non solo dell’individuo, ma dell’inconscio collettivo, rappresenta il linguaggio internazionale di tutta l’umanità, di tutte le età, razze e civiltà (Von Franz). Bettelheim ce l’ha dimostrato con la fiaba Cenerentola, di cui se ne trovano versioni persino nella Cina antica e addirittura nell’Egitto faraonico. Alcuni intendono la storia che ci appartiene dalla nascita alla morte, come una sorta di espressione di archetipi universali, secondo un andamento proprio, che sostiene ora l’uno ora l’altro elemento, quale l’innocente, l’orfano, il viandante, il guerriero, il martire, il mago, rappresentanti di figure simbolo di funzioni psichiche comuni (Pearson). Come se la nostra realizzazione prendesse le mosse da una serie di personaggi interni, ciascuno con spinte proprie, paure, meccanismi, obiettivi, ecc.

 

E allora tuffiamoci nelle storie, nelle fiabe, ma ancora di più recuperiamo le nostre storie, narriamoci la nostra vita attraverso la fantasia e l’immaginazione. Doniamoci questo strumento conoscitivo e di auto guarigione. Inventiamo le storie che ci appartengono, lasciamo che questi personaggi nascosti vengano alla ribalta e ci chiariscano le dinamiche della vita quotidiana. Lasciamo che il nostro mondo cosciente sia popolato, almeno per un po’, da draghi, castelli, principesse, gnomi, folletti dei boschi, fate, streghe, rospi...

 

Come si procede? Come si inventano le storie? Dopo aver riflettuto sul vostro dubbio, sul problema, sui termini della scelta, cercate un luogo tranquillo, in un momento in cui potete concedervi tempo, lontano da rumori o invasioni. Fate in modo che questo spazio venga protetto, spengendo cellulari, telefono, TV, chiudete le finestre e le imposte, riparatevi da qualunque altro elemento possa essere disturbante. Dunque fate un po’ di rilassamento, sdraiandovi sul letto, su un tappetino, facendo una meditazione, un rilassamento guidato o qualunque cosa vi aiuti a rilassarvi e a sgomberare la mente da pensieri di qualunque sorta. Di seguito, con in mano foglio e penna, attendete che i personaggi arrivino a voi. Abbiate fiducia, tempo e pazienza. Non giudicatevi, non arrendetevi. Se non arriva nulla, aspettate finché ce la fate, se non arriva ancora nulla, ripetete l’operazione in seguito, in un altro momento propizio.

 

Può anche capitare che arrivino personaggi e intrighi, ma ad un certo punto non sappiate più come andare avanti. C’è un blocco. Non importa, aspettate e se non arriva, riprovateci successivamente. Non c’è fretta, non ci sono tempi stabiliti o preferiti. Ognuno ha i suoi tempi. L’inconscio non rispetta gli orari usuali della vita. Può essere che se non siete allenati a rilassarvi, ad ascoltarvi, a lasciarvi andare alla fantasia e alle vostre immagini interne, non arrivi nulla nell’immediato. Non vi scoraggiate, è solo una questione di esercizio, di tempo e pazienza. Prendetevi tempo. Vedrete che riprovandoci ripetutamente, intanto si creerà uno spazio di serenità, uno spazio per voi, poi si creerà uno spazio dell’introspezione ed infine della libertà, dove i propri contenuti potranno volare fuori senza remora e senza regole. Non ci sarà niente di più bello!

 

Vedrete che le storie che emergeranno, saranno significative, avranno un senso rispetto al dubbio iniziale, al problema o alla scelta, dovete solo saperlo vedere. Vi invito a provarci e sperimenterete uno spazio magico, veramente magico, creato senza l’ausilio di bacchette fatate. Non svalutate quest’operazione, non deridetevi, non giudicate quanto state facendo, non sminuite ciò che emergerà, date spazio anche al sentire, all’immaginazione, non lasciate che queste parti siano sepolte nel passato della vostra infanzia. Anche se la vita è piena di impegni, doveri, lavoro, scadenze, spese, non possiamo cedere alla brutalità di una vita fatta solo di urgenze, pressioni e cose concrete. Esiste anche altro. Esistiamo noi!

 

Dentro di noi, dentro ciascuno di noi risiede un luogo spesso sconosciuto a noi stessi, popolato di personaggi, fantasie, immagini, emozioni, intrecci, una realtà parallela e pur in forte connessione con quella di superficie, quella che conosciamo meglio. Laggiù si nasconde la nostra forza, la carica, la creatività, il caos fonte di crescita e vita.  Non priviamoci di tutto questo, non escludiamo dalla nostra vita un po’ di colore. Sicuramente ci saranno voci dentro di voi, figure oscure che vi diranno di non provarci neanche, non è roba per voi, non ci riuscirete di certo, sono solo sciocchezze, cose da bambini e così via. La razionalità cercherà di sabotarvi, non permetteteglielo, lasciatevi andare al fiume del vostro respiro, al ritmo del vostro cuore e lasciate che emerga altro da voi. Chiunque decida di inventare delle storie, di provarci, di farsi questo grande dono e decida anche di voler condividere con gli altri quanto emerso, farà un gran regalo a sé e agli altri. Recuperando la propria storia, narrata in una creazione propria, sarà un vera festa. Buona storia e buona scoperta!

 

Bibliografia

Benini E., Malombra G. (2010). Le fiabe per vincere la paura. Franco Angeli.

Bettelheim B. (1977). Il mondo incantato. Uso, importanza e significati psicoanalitici delle fiabe. Milano,Feltrinelli.

Calabretta M. (2011). Le fiabe per affrontare litigi e conflitti. Per grandi e piccini. Franco Angeli.

Estés C.P. (1993). Donne che corrono coi lupi. Il mito della donna Selvaggia. Piacenza, Frassinelli.

Grimm J., Grimm W. (1951). Fiabe. Torino, Enaudi.

Jellouschek H. (2003). Amore e incantesimi. Fiabe e miti per ritrovare l’amore di coppia. Roma, Edizioni Magi.

Jung M. (2002). Il piccolo principe in noi. Un viaggio di ricerca con Saint-Exupéry. Milano, Edizioni Magi.

Lai G. (1980). Le parole del primo colloquio. Boringhieri.

Marcoli A. (1993). Il bambino nascosto. Favole per capire la psicologia nostra e dei nostri figli. Milano, Oscar Mondatori.

Marcoli A. (1996). Il bambino arrabbiato. Favore per capire le rabbie infantili. Milano, Oscar Mondatori.

Marcoli A. (1999). Il bambino perduto e ritrovato. Favole per far la pace col bambino che siamo stati. Milano, Oscar Mondatori.

Marcoli A. (2009). E le mamme chi le aiuta? Come la psicologia può venire in soccorso dei genitori (e dei loro figli). Milano, Mondadori.

Pearson C.S. (1990). L’eroe dentro di noi. Sei archetipi della nostra vita. Roma, Astrolabio.

Santagostino P. (2004). Guarire con una fiaba. Usare l’immaginario per curarsi. Milano, Urra.

Scheidre J.R., Gross B. (2006). Fiabe e costellazioni familiari. Immaginario e storie nella terapia sistemico-fenomenologica. Milano, Urra.

Von Franz M.L. (1980). Le fiabe interpretate. Torino, Bollati Boringhieri.

Winnicott D.W. (1968). La famiglia e il suo sviluppo. Roma, Astrolabio Editore.