Quando la pedofilia è donna: caratteristiche di un fenomeno silenzioso, ma oggi più che mai esistente

Nell’immaginario collettivo il termine “pedofilia” viene associato al sesso maschile e considerata, dunque, una patologia rara nelle donne. In realtà, questo tipo di perversione sessuale (parafilia) colpisce anche il sesso femminile, con dinamiche, a detta di molti studi clinici, più sottili e imprevedibili rispetto alla sessualità maschile e quindi difficilmente identificabili

 Quando la pedofilia è donna: caratteristiche di un fenomeno silenzioso, ma oggi più che mai esistente

“La Repubblica”, 24 Agosto, 2000:

“È accaduto a Termini Imerese, un centro a 35 chilometri da Palermo, dove una donna di 30 anni è stata arrestata con l'accusa di aver compiuto abusi sessuali su una ragazzina di 14 anni. La donna, casalinga, è stata rinchiusa in carcere. Il provvedimento restrittivo è stato eseguito dalla polizia, che ha svolto le indagini, avviate su denuncia della madre della vittima. L'identità della pedofila non è stata resa nota”. Questo è solamente uno dei tanti casi di pedofilia femminile raccolti dai più importanti quotidiani del nostro paese, così come da tanti siti internet su questo tipo di problema che sta diventando sempre più frequente.

 

È impossibile pensare ad una donna abusante, in quanto alla donna viene associato tutt’altro ruolo, quello di madre amorevole, di scudo protettivo nei confronti dei propri figli, ruolo che esclude a priori l’idea dell’abuso. In realtà, la violenza al femminile ha origini molto remote, basta pensare che, sin dall’antichità, la “mitologia sia orientale, sia occidentale, ha descritto sacrifici umani, soprattutto uccisioni di bambini e neonati, destinati a placare e a soddisfare la sete di vendetta di divinità femminili”.

 

Pedofilia femminile: cosa spinge una donna all’abuso? 

La maggior parte degli esperti sostiene che una delle cause della pedofilia è rintracciabile in un trauma infantile, ad esempio una violenza familiare, che spinge la bambina, una volta adulta, a comportarsi, con se stessa e con gli altri, con la stessa spietatezza ricevuta. Se poi l’abuso infantile è stato di tipo sessuale, l’esasperazione che si osserva nell’attività sessuale pedofila è riconducibile al tentativo di vendetta sugli uomini, per far riemergere la propria femminilità.

 

Secondo Loredana Petrone (psicologa, psicoterapeuta e sessuologa, esperta in prevenzione delle moderne forme di violenza, autrice, insieme a Mario Troiano, del libro E se l’orco fosse lei?, Franco Angeli, 2005) “le donne abusanti possono essere violente, se abusano fisicamente con atti sadici, maltrattamenti ripetuti e possono all’improvviso essere preda di un impulso di violenza tanto da percuotere il proprio bambino, anche se questo piange o urla semplicemente. Un’altra tipologia è quella delle donne omissive, ovvero donne che non si prendono cura adeguatamente del proprio bambino, non curando le sue malattie, fornendogli un’alimentazione sbagliata o non sufficiente, o mettendo in atto comportamenti negligenti che possono comportare addirittura la morte del bambino (ad esempio, si soffoca nella culla, si ustiona…); infine, ci sono le cosiddette donne vendicative, che utilizzano i loro bambini come veri e propri strumenti di vendetta”.

 

In tutti questi casi la donna è stata vittima di violenze, umiliazioni soprattutto nel contesto familiare e, la maggior parte delle volte, ad opera della madre, dunque rimarrà in un eterno conflitto: da una parte il desiderio di essere una buona madre, dall’altra quello di mettere in atto gli stessi comportamenti di sua madre. In questo caso si parla, secondo la psicodinamica, di identificazione con l’aggressore, ovvero la vittima diventa carnefice per sentirsi meno impotente nei confronti del dolore e della passività vissuti durante l’abuso.

 

Le diverse forme della pedofilia femminile

Spesso la dinamica della pedofilia femminile si esprime attraverso la cosiddetta pre-pedofilia, in cui l’abuso avviene direttamente per mano di un soggetto di sesso maschile, ma alla presenza di una donna. “Può essere extrafamiliare o avvenire all’interno delle mura domestiche, quando il padre abusa dei figli e lei (madre, moglie, convivente), vedendo, percependo e intuendo la violenza, decide di tacere”. E il silenzio di questa donna rappresenta un’ulteriore forma di abuso per il bambino o la bambina. Come afferma Petrone “è pre-pedofilia anche quando il desiderio pedofilo o incestuoso viene realizzato per vie traverse mediante l’organizzazione di incontri tra i propri figli con persone adulte; se poi una madre oltre che vendere i propri figli e le proprie figlie, partecipa con loro ai festini, si può certamente affermare che la donna è passata dalla pre-pedofilia a una pedofilia conclamata, da una posizione passiva ad una attiva”.

 

Secondo molti studiosi, il fenomeno della pre-pedofilia da parte della figura materna, si può verificare perché il compagno è un pedofilo e l’amore e la dipendenza patologica nei confronti del partner, la porta a seguire le inclinazioni di quest’ultimo. In questi casi, infatti, la madre è quasi assente, incapace di essere moglie e mamma e questo fallimento, a cui segue la paura di perdere il partner, la fa diventare complice del comportamento di quest’ultimo. Come nel caso della pedofilia al maschile, anche per quella femminile si parla di pedofilia intrafamiliare, che avviene dunque tra le mura domestiche, ma che a differenza di quella maschile rimane spesso celata. Questo tipo di comportamento abusante si realizza, infatti, attraverso gesti di cura quotidiani o pratiche di accudimento, che in realtà nascondono tutt’altro, ma che non sono riconoscibili affatto come comportamenti violenti.

 

Molte mamme tendono a lavare spesso i genitali dei loro figli, a fare il bagno direttamente con loro, fino a manipolazioni di tipo masturbatorio o a rapporti sessuali veri e propri. “In effetti, ci sono stati casi di donne che hanno iniettato nel corpo dei piccoli delle sostanze chimiche, le prostaglandine, per stimolare l’erezione, in modo da poter usare il pene del bambino per la penetrazione” (www.aquiloneblu.org). Un comportamento simile da parte della madre agisce in maniera ancora più pericolosa sulla psiche del bambino rispetto ad un abuso al maschile, in quanto è come se la mamma sfruttasse i sentimenti di fiducia, devozione, obbedienza del proprio figlio per soddisfare i suoi bisogni perversi.
La pedofilia extrafamiliare, invece, è generalmente legata al turismo sessuale (luoghi prediletti Cuba, Giamaica, Brasile e, più recentemente, Sri Lanka), anche se rientrano in questa tipologia anche i tanti casi, ormai sempre più frequenti, di maestre che seviziano o maltrattano i bambini all’interno delle aule di scuola o che insegnano giochi che prevedono la penetrazione dei genitali con i pennarelli.

 

Oltre a queste tre tipologie di pedofilia, alcuni autori hanno anche evidenziato sei profili di donne pedofile:
1) la pedofila latente, ovvero la donna che nutre profonda attrazione nei confronti dei bambini, ha delle fantasie erotiche, ma non agisce. Questo perché le norme morali che ha appreso durante l’infanzia e l’adolescenza, la rendono consapevole del fatto che le sue pulsioni non sono socialmente accettabili e perciò le nasconde;
2) la pedofila occasionale: si tratta di quelle donne che non hanno vere e proprie distorsioni psicologiche, ma se si trovano in situazioni particolari, ad esempio viaggi all’estero in Paesi con forte tasso di turismo sessuale, si lasciano andare ad esperienze sessuali trasgressive;
3) la pedofila immatura, invece, è quella donna che non è mai riuscita a sviluppare capacità normali di rapporto interpersonale con i coetanei, né è riuscita a raggiungere una certa maturità a livello sessuale e affettivo; per questo si rivolge ai bambini, dai quali non si sente minacciata. I comportamenti di queste donne di solito non sono violenti o aggressivi, ma seduttivi e di tipo passivo;
4) la pedofila regressiva: in questo caso siamo di fronte a quelle donne che ad un certo punto della loro vita cominciano a non sopportare più gli stress quotidiani e regrediscono ad una fase infantile, spostando il loro interesse sessuale verso i bambini, sentendosi come loro;
5) la pedofila sadico-aggressiva, una donna aggressiva, frustrata, impotente, che nutre profondi sentimenti di svalutazione verso se stessa e verso gli altri e che tende a manifestare un comportamento schivo e antisociale, trae piacere nel provocare dolore e, a volte, anche la morte alle sue piccole vittime;
6) la pedofila omosex, la quale trasferisce su una bambina l’amore che non ha ricevuto da sua madre. Si identifica con la piccola e attraverso l’abuso, che non sempre è invasivo, cerca di colmare le sue carenze affettive.

 

Pedofilia femminile: conseguenze nelle vittime

Ovviamente i bambini o le bambine vittime di questo comportamento agito da parte della madre o da parte di altre figure per loro fondamentali come le maestre subiscono un trauma notevole che va sicuramente a turbare e ad alterare la loro struttura psichica. Spesso si osservano disturbi dell’apprendimento, del sonno, del comportamento alimentare, comportamenti sessualizzati non adeguati alla loro età, oltre allo sviluppo di fobie, depressione, ansia, bassa autostima fino ad arrivare anche a tentativi di suicidio. Ci sono una serie di campanelli d’allarme che permettono di riconoscere l’eventuale molestia avvenuta: ad esempio, molti bambini ricominciano a fare pipì a letto o utilizzano determinati oggetti per mimare, imitare quello che è accaduto.

 

È importante però mettere in guardia questi bambini, attraverso un’adeguata campagna di informazione e di prevenzione che deve avvenire all’interno delle scuole e delle famiglie, istituzioni che devono coordinarsi e collaborare, in modo da poter individuare precocemente i casi di abuso. Infine, a livello propriamente giudiziario, è assolutamente raccomandato l’ascolto del bambino il prima possibile, perché altrimenti il ricordo potrebbe svanire col tempo e i fatti potrebbero essere giudicati inattendibili.