Federica Pellegrini e il superamento del panico nello sport agonistico

Federica Pellegrini, atleta professionista, spesso ha sofferto di attacchi di panico durante le gare ufficiali, diventando a suo modo un esempio per tutti coloro che ne soffrono.

Federica Pellegrini e gli attacchi di panico

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Lo sport a livelli agonistico è una fonte di preoccupazioni, causati dallo sforzo fisico, i sacrifici e le forti pressioni esterne. Questo è ciò che è accaduto a Federica Pellegrini, atleta professionista, che spesso ha sofferto di attacchi di panico durante le gare ufficiali, diventando suo malgrado un esempio per tutti coloro che ne soffrono. 

 

Ciò che rende questa nuotatrice così ispiratrice è la capacità di riuscire in parte a controllare le crisi, arrivando a giocarsi la finale a Tokyo 2020 per la quinta volta in cinque Olimpiadi nei 200 stile libero, la sua specialità, è la prima volta per una nuotatrice. Persone note e non note che soffrono dello stesso disturbo sanno quanto sia difficile gestire la paura che intercorre tra le crisi. La paura dell’attacco successivo, improvviso senza segnali che ne preannuncino l’arrivo causa una sensazione invalidante che può diventare cronica.

 

L’attacco di panico

L’ansia è una reazione fisiologica a determinate situazioni, ma quando diventa incontrollabile causa problemi di vario tipo come gli attacchi di panico. Persone normali in un momento imprecisato vanno improvvisamente in corto circuito a causa di un profondo terrore, una sensazione angosciosa che la morte stia sopraggiungendo senza che ci sia una motivazione. Questi sono gli l’attacchi di panico. La crisi ha una durata variabile, si va da alcuni secondi a pochi minuti anche se chi ne soffre perde la concezione del tempo che diventa infinito. La mancanza di un pericolo oggettivo e di un segnale premonitore peggiora ulteriormente la situazione, perché viene persa ogni possibilità di controllo sugli eventi, generando un senso di impotenza persistente.

 

La comparsa degli attacchi di panico

Gli attacchi di panico insorgono durante i momenti critici della vita. Si tratta spesso delle fasi di passaggio associate a forte ansia, come l’ingresso all’età adulta o durante la mezza età, quando occorre fare un primo bilancio delle proprie scelte. L’attività sportiva è una metafora che imita le modalità di relazionarsi con il mondo e che fa riferimento al proprio Sé. Una persona insicura che ha una fragile idea di se stessa e che magari ha sperimentato relazioni affettive incerte può portare questo bagaglio di insicurezze nel proprio ambito lavorativo (sportivo e non). Ciò rende ovviamente più difficile fronteggiare le inevitabili sfide.

 

Gli attacchi di panico nello sport

Praticare uno sport viene spesso indicato come uno dei metodi più efficace per scaricare l’ansia e lo stress e favorire la guarigione (ovviamente in associazione ad un’adeguata terapia). Quando si parla di professionisti però l’attività sportiva è intrisa di un clima emotivo e psicologico che può diventare opprimente per l’atleta. Anche chi è in posizione di vantaggio rispetto agli altri può sviluppare la ‘paura di vincere’ che determina il crollo delle prestazioni e la probabile sconfitta che a sua volta porta all’insicurezza creando un circolo vizioso.

 

Sempre a Tokyo 2020 anche un altro mito del nuoto, Michael Phelps, non da giocatore ma da supporter, è tornato sul tema della salute mentale nello sport agonistico: "La vera forza - ha detto il plurimedagliato - è ammettere la propria vulnerabilità. Non è una vergogna essere depressi". Un campione non smette di esserlo anche a riflettori spenti.