La dieta come stile di vita: imparare ad ascoltarsi

Cattive abitudini alimentari sono indice di uno stile di vita insano. All’origine del problema vi è un mancato o inadeguato riconoscimento dei propri bisogni. Imparare ad ascoltarsi è l’obiettivo da porsi se si ha a cuore la propria salute.

La dieta come stile di vita: imparare ad ascoltarsi

Una buona forma fisica non è solo questione di dieta. Questo è ben risaputo da coloro i quali, dopo aver accumulato qualche chilo di troppo, hanno messo a dura prova il loro corpo, per esempio con regimi alimentari drastici o con attività fisiche forzate, senza riuscire a trovare una soluzione che li facesse star meglio.

Che la motivazione sia legata alla salute o all’estetica non fa differenza: mettersi a dieta non vuol dire strapazzarsi e neppure semplicemente attenersi al proprio fabbisogno calorico, ma cambiare stile di vita. Le abitudini sono radicate nell'esperienza personale e non mutano tanto facilmente per cui, se si vuol raggiungere un obiettivo salutare, bisogna lavorare su più livelli.

Rivolgersi al dietologo è il primo passo fondamentale ma, talvolta, insufficiente. Si può seguire una dieta meticolosamente, però viverla con un tale senso di deprivazione da avere come principale desiderio che essa duri il meno possibile. In questo modo la motivazione alla dieta svanisce in fretta, mentre subentra la tendenza a riprendere le vecchie abitudini che, anche se insane, risultano più facili, sembrando (senza esserlo davvero) modi di fare spontanei e liberi da sforzo.

Un programma che tenga conto contemporaneamente dell’alimentazione e dei relativi fattori psicologici può favorire il superamento di tali ostacoli ed il raggiungimento di un peso adeguato oltre che, più in generale, dell’equilibrio psicofisico. Pertanto, il secondo passo verso un sano e corretto stile di vita è richiedere un affiancamento psicologico alla dieta.

Vediamo brevemente gli aspetti psicologici implicati.

All'origine del sovrappeso, o di una cattiva condotta alimentare, vi è la difficoltà a riconoscere i bisogni del proprio corpo.

Come viene soddisfatto il bisogno di cibo?

Come tutti gli altri bisogni, attraverso il ciclo di contatto tra organismo e ambiente che prevede le seguenti fasi:

- il riconoscimento della sensazione (si avverte la fame)

- la valutazione del bisogno (il bisogno di cibo)

- la decisione rispetto a cosa fare per soddisfare il bisogno (la decisione di mangiare una mela)

- l’azione (andare a prendere la mela)

- il soddisfacimento del bisogno (mangiare la mela: addentarla, masticarla, digerirla)

- il senso di appagamento (non avere più fame)

- omeostasi (la fame scompare e l’organismo è in una fase di riposo rispetto ai suoi bisogni)

Imparare ad ascoltare i segnali corporei è indispensabile per sapere come orientare il comportamento. Se si mangia in assenza di un reale bisogno di cibo si sta sostituendo con il cibo un bisogno che non si vuole riconoscere e che, se resta insoddisfatto, diventa fonte di malessere.

Una interruzione a qualsiasi livello del ciclo di gratificazione di un bisogno comporta il non essere in grado di rispondere adeguatamente a quel bisogno. Di conseguenza, può accadere che:

- non si riconosce lo stimolo (il corpo sta inviando segnali che non sono di fame ma, per esempio, di ansia)

- non si sa quello che si vuole (non si riconosce il reale bisogno di placare l’ansia)

- oppure si riconosce il bisogno ma non si sa come soddisfarlo (ci si sente ansiosi e si decide di mangiare perché non si sa cosa altro fare)

- non si riconosce il senso di appagamento (quindi si continua a mangiare)

Spesso non si tratta di interruzioni legate a singoli bisogni ma di modalità pervasive di malfunzionamento. Così, ci saranno persone che si bloccano più spesso nella fase del riconoscimento (pre-contatto), altre nella fase dell’azione (contatto), altre ancora nella fase del rilassamento (post-contatto).

L’integrità del processo di gratificazione dei bisogni è alla base della salute. Per una forma fisica e uno stile di vita sani la dieta non basta: occorre sapersi ascoltare. E’ necessario, quindi, un intervento che prenda in considerazione non solo il corpo in senso stretto, ma l’organismo in tutta la sua complessità: pensieri, emozioni, sensazioni, comportamento, relazioni.