Criticismo e perfezionismo nei disturbi alimentari

Conta più la forma o la sostanza? Nei disturbi alimentari non sembra così semplice dirimere questo dilemma, soprattutto perché il criticismo familiare e l’attitudine al perfezionismo possono creare una trappola da cui sembra difficilissimo uscire.

Criticismo e perfezionismo nei disturbi alimentari

Cosa c’entrano criticismo e perfezionismo nei disturbi alimentari?

Come è potuto accadere che un comportamento tanto umano e “naturale” come il mangiare potesse assumere caratteri così distorti da essere esposto a critiche o essere sacrificato/svalutato al servizio di ideali assoluti di perfezione che poco hanno dell’“umanità” di cui è fatta la carne che del cibo si nutre?

Tante sono le teorie volte alla comprensione dei disturbi alimentari, notevole è lo sconcerto che questi producono, sia negli altri che, a volte, nelle stesse persone che esprimono per questa via il loro dolore psichico.

Il criticismo e il perfezionismo aiutano a comprendere alcuni aspetti.

 

Criticismo perfezionismo nei disturbi alimentari: fame e emozioni

Diversi studi illustrano come anzitutto il criticismo – essere cioè costantemente oggetto di valutazioni e critiche– possa rappresentare un pericoloso fattore di rischio familiare per l’insorgenza di un disturbo alimentare perché tale atteggiamento genitoriale sarebbe connesso al forte sviluppo, nei figli, di un tratto di personalità cruciale nei disturbi alimentari: il perfezionismo (Frost et al. , 1991; Huprich, 2003).

Questo atteggiamento familiare è tanto più critico quanto più si associa ad un relativo analfabetismo emozionale tale per cui gli scambi affettivi sono ridotti e risulta esserci una non sintonia fra genitori e figli che impedisce di decodifice adeguatamente i bisogni emotivi del bambino e di educarlo a riconoscerli e a distinguerli a sua volta.

Questa confusione fra fame ed emotività associata ad un clima familiare dove molta importanza viene data ai risultati scolastici e all’aspetto fisico può facilitare la manifestazione di un disturbo dell'alimentazione in un figlio, specie in adolescenza.

 

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Criticismo e perfezionismo fra disregolazione e ipercontrollo

L’aspetto interessante è che questi fattori possono risultare presenti, seppur con dinamiche differenti, sia nei contesti familiari in cui un disturbo alimentare si esprime in forma restrittiva (anoressia, bulimia), sia in quegli ambienti dove a prevalere è la disregolazione in senso opposto (binge eatig disorder o disturbo da alimentazione incontrollata).

Alla base sembrano esserci una confusione fra bisogni emotivi e fame fisica associata spesso a personalità con elevati livelli di perfezionismo, non di rado sostenuti da contesti familiari molto competitivi e emotivamente coartati.

Quello che può avvenire è che la forma fisica, l’immagine esteriore di sé, diventi l’elemento su cui si fonda tutta la propria autostima e il cibo l’oggetto utilizzato per cercare di preservarla.

Questo può dare origine ad un ipercontrollo o, al contrario, a una disregolazione incontrollata sul comportamento alimentare (concetto simbolizzato d’altra parte dalla condotta bulimica).

 

Criticismo e perfezionismo nei disturbi alimentari: la psicoterapia

Alla base dei disturbi alimentari, nonostante le manifestazioni apparentemente diversissime che possono assumere, sembra esserci – come sostenne per prima Hile Bruch, un fondamentale difetto identitario che induce a imbracciare un’impossibile lotta col cibo e col corpo nell’illusorio tentativo di istituire un controllo, di giungere ad una perfezione (essere al di sotto di un certo peso, controllare la propria fame, riuscire un giorno finalmente a trovare la chiave di volta per dimagrire etc) che possa risolvere i propri problemi.

Il corpo in realtà è il punto di partenza e non di arrivo; in un percorso di psicoterapia è possibile riconoscere questo e far diventare il corpo il primo alleato (invece che un nemico) per incamminarsi verso le vere mete della vita.

 

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Per approfondire:

> Disturbi alimentari: quali sono e come si caratterizzano

> Disturbi alimentari e senso di inadeguatezza