Cibo e rituali sociali

Cibo e rituali sociali sono sempre stati legati in tutte le epoche e le culture, dalle valenze religiose a quelle più conviviali delle pratiche umane, il cibo e le abitudini alimentari non si rivelano mai pratiche dalla valenza “neutra” ma sapientemente connotate di significati simbolici, emozionali e collettivi che fanno del cibo e della tavola teatro di costruzione e ricostruzione dei rapporti, delle identità e dei valori che fondano una cultura attraverso le varie epoche che la attraversano.

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Il cibo riassume in sé significati simbolici e relazionali che vanno oltre le semplici necessità fisiologiche che il nutrimento va a soddisfare. In tal senso possiamo parlare di cibo e rituali sociali trasversalmente alle epoche e alle culture, nel costruire e tramandare identità, ruoli, significati e istituzioni collettive. Il rito, e i rituali, in antropologia sono intesi come quegli insiemi organizzati di pratiche sociali ripetute nel tempo che provvedono a costruire modelli culturali atti a trasmettere valori e norme sociali, costruire e consolidare ruoli sociali, identità e coesione sociale. In psicologia si sottolinea il valore simbolico del rito e la sua rilevanza nello scandire momenti significativi dell’esistenza e della quotidianità riconnettendo l’individuo a dimensioni di significato collettive e sovra-personali (Claudio Widmann, Il rito In psicologia, in patologia, in terapia, 2007).

 

Cibo e rituali sociali: la commensalità

Uno degli aspetti principali dei rituali sociali connessi al cibo è quello della commensalità là dove condividere il cibo secondo gesti e scambi ripetuti nel tempo fonda il senso di appartenenza e di inclusione in un determinato gruppo sociale, la gerarchia e la tipologia dei ruoli e dei rapporti reciproci fra i commensali. I rituali sociali connessi alla commensalità sono presenti universalmente, seppur con delle differenze, in tutti i gruppi umani, mangiare e bere insieme è una forma di scambio e condivisione utilizzata per creare e mantenere legami sociali assumendo una funzione socializzazione che istituisce i rapporti fra i commensali.

 

Cibo e rituali sociali: la post-modernità

Anche nelle società post-moderne e post- industriali, dove per molti aspetti la dimensione del rito si è fortemente contratta (si pensi ai riti religiosi, matrimoniali e ai riti di passaggio), sono diffuse pratiche ritualizzate riguardanti cibo e commensalismo: basti pensare ai significati connessi all’uso di bevande alcoliche, della preparazione di certi piatti in occasioni di festa fino a pratiche tutte dei nostri tempi come quella dell’aperitivo. Tali “rituali” tuttavia hanno oggi più spesso valore laico e individualizzato rispetto a un tempo. Corbeau (1985) parla in tal senso di “nomadismo alimentare” là dove il consumo dei pasti avviene sempre più fuori casa e secondo tempi, luoghi e modi individuali e prescindenti da pratiche comuni.

 

Cibo e rituali sociali: la de-ritualizzazione

Le preferenze e le abitudini alimentari, proprio perché connesse a valenze identitarie e rituali radicate, sono di per sé stabili e relativamente resistenti al cambiamento, tuttavia abbiamo assistito negli ultimi 30 anni a notevoli modificazioni delle abitudini alimentari e dei significati rituali ad esse connessi. Sia per una globalizzazione e massificazione dei consumi che per una maggior differenziazione dell’offerta a discapito delle specificità locali. Questo fenomeno ha accompagnato quella che Herpin (1988) definisce “de-ritualizzazione” del cibo poiché il pasto e le sue valenze si stanno gradualmente destrutturando in favore di una sempre maggior assenza di regole, di luoghi, tempi e spazi comuni prima invarianti.

In un certo senso siamo quindi ciò che mangiamo o, meglio, si potrebbe dire che mangiando comunichiamo sempre qualcosa di noi, non solo come individui, ma come cultura cui apparteniamo (Conner, M. e Armitage, C.J., 2002).

 

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Fonte immagine | por Patito7