Il bias attentivo nei disturbi alimentari

Il bias attentivo è un fenomeno correlato ai disturbi alimentari in molti modi: eccessiva attenzione corporea, evitamento degli stimoli ansiogeni, ecc. La terapia cognitivo comportamentale offre strategie per agire sul bias e combattere la patologia.

Il bias attentivo nei disturbi alimentari

La ricerca sui disturbi alimentari si è focalizzata su molti fenomeni che possono essere considerati cause, concause o eventi correlabili con la patologia.

Anche i processi cognitivi sono stati interessati in tal senso e molti autori hanno trovato conferme sul ruolo esercitato da alcuni bias, tra questi c'è anche il bias attentivo.

 

Cos'è il bias e come si misura

Il bias attentivo è un meccanismo cognitivo a causa del quale le risorse attentive si focalizzano su un aspetto specifico della realtà. Tale "eccesso" di concentrazione fa si che si perdano il resto delle informazioni ambientali. L'esperimento classico per misurare l'attenzione nell'ambito della psicologia generale è il test di Stroop.

Ai partecipanti vengono presentate una lista di nomi di colori le cui lettere sono colorate a loro volta; in alcuni casi le informazioni (nome-colore) sono congruenti, in altri no. Le istruzioni erano di verbalizzare il nome del colore e non il contenuto. Nel test modificato per valutare l'attenzione connessa agli stati ansiosi i soggetti dovevano verbalizzare il colore associato a parole ansiogene e non. Questo metodo non è esente da problemi a causa dello stato di denutrizione dei pazienti affetti da disturbi alimentari che genera deficit di concentrazione e di pensiero astratto. 

Un'alternativa è il “dot-probe detection task”: in questo caso ai partecipanti vengono mostrate parole neutre e ansiogene in diverse parti dello schermo e i partecipanti devono indicarle solo se compaiono nella parte alta.

 

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Bias e patologia?

Le ricerche hanno mostrato un'alta incidenza di fenomeni riconducibili al bias attentivo che incidono sui disturbi alimentari. Una recente e approfondita review della dott.ssa Lucia Camporese ce ne offre una panoramica interessante.

  • il bias attentivo porta ad un'errata percezione del proprio corpo e delle proprie fattezze, causando un'inesatta interpretazione di pinguetudine (Fairburn, Cooper, & Shafran, 2003).
  • I pazienti affetti da disturbi alimentari soffrono di un'ipervigilanza nei confronti del peso e delle forme corporee (Williamson, Muller, Reas & Thaw, 1999), e di tutti quegli stimoli connessi al cibo (o a particolari tipi di cibo e di situazioni) che scatenano ansia (Ben-Tovim & Walker, 1991).
  • Il bias induce anche a forme di evitamento di parole connesse con il cibo perché hanno un carico emotivo eccessivo (Overduin, Jansen, & Louwerse, 1995)

 

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Strategie per ridurre il bias

L'approccio cognitivo comportamentale ha individuato delle strategie che possono apportare dei benefici nel gestire il bias attentivo in modo tale da aprirsi a stimoli diversi da quelli ansiogeni aumentando il campo di consapevolezza.

Questo passaggio è essenziale affinché il paziente non consideri solo quelle informazioni che gli "fanno comodo" confermando le loro teorie.

Vediamo velocemente tre strategie che si sono dimostrate efficaci:

  1. i pasti vengono pianificati in modo meccanico; ciò allontana l'alimentazione dallo stimolo della fame, ma anche dai pensieri nocivi che inducono al controllo dei pasti;
  2. riduzione del controllo del proprio fisico che induce a concentrarsi solo su alcuni aspetti dello stesso che inevitabilmente conducono ad un'immagine grassa;
  3. redigere un diario emotivo su pensieri, sensazioni ed emozioni scatenati dagli stimoli ansiogeni.

 

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