Perché la depressione fa ingrassare?
Diversi studi suggeriscono una correlazione significativa fra disturbi dell’umore e aumento di peso. Non è corretto però dire che la depressione faccia ingrassare, in realtà ci sono fattori variegati che possono influire sul peso corporeo in modi differenti in concomitanza con un disturbo depressivo.
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Fin dagli albori della psicoanalisi si sottolinearono i “tratti orali” delle persone depresse: i primi studiosi descrissero quanto queste persone amassero mangiare, fossero spesso in sovrappeso e tendessero a descrivere le proprie esperienze facendo ricorso a metafore e similitudini col cibo.
Quello del carattere “orale” della depressione – ovvero l’idea che queste persone fossero rimaste ancorate a una fase precoce del loro sviluppo infantile in cui erano state troppo presto svezzate e sollecitate all’autonomia – si è dimostrato più un cliché stereotipale che un modo per inquadrare efficacemente le caratteristiche affettive della depressione (Mac Williams, 2012).
I meccanismi alla base di un disturbo dell’umore sono molto più variegati e complessi e gli effetti che la depressione può avere sul peso e sul comportamento alimentare non sono univoci. Si può ancora dire dunque che la depressione fa ingrassare?
Fattori biologici e farmacologici
Diversi studi indicano alcune componenti biologiche e farmacologiche alla base di una possibile – ma non scontata – correlazione fra depressione e aumento del peso corporeo.
Uno studio pubblicato sull’American Journal of Public Health, ad esempio, evidenzia una correlazione significativa fra depressione e obesità addominale, questa associazione, secondo gli autori, potrebbe essere spiegata dagli elevati livelli di cortisolo (il cosiddetto ormone dello stress) presente in questi pazienti e legato sia alla depressione che all’obesità addominale.
Altri studi hanno invece indagato se e come i farmaci antidepressivi impiegati per la cura dei disturbi dell’umore possano avere effetti sul senso di fame e sull’aumento di peso corporeo nelle persone in cura per depressione.
I risultati indicano meccanismi non univoci, molti farmaci hanno in realtà effetti neutri o addirittura inibenti fame e aumento di peso. Solo alcune molecole potrebbero avere effetti sull’aumento di peso e in questi casi il tipo di farmaco e di alimentazione andrebbero attentamente discussi fra paziente e professionista (psichiatra e eventualmente dietologo).
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Depressione e comorbidità con disturbi dell’alimentazione
È inesatto però dire che la depressione fa ingrassare. Uno sbilanciamento del tono dell’umore porta a tutta una serie di alterazioni dell’equilibrio sia psichico che fisiologico della persona, alterazioni che possono scompensarsi in eccesso o in difetto.
Una persona depressa può riscontrare infatti delle significative alterazione dell’appetito e del peso corporeo in entrambe le direzioni: si può verificare sia un calo dell’appetito e del peso (condizione questa da differenziarsi attentamente con un vero e proprio disturbo alimentare poiché nella depressione le preoccupazioni del paziente non sono incentrate sul peso e sulla forma fisica), sia un aumento dell’introito calorico andando incontro a obesità.
Non di rado inoltre, viene riscontrata una comorbilità fra binge eating disorder e disturbi dell’umore (depressione o disturbo bipolare). Le persone con un disturbo da alimentazione incontrollata tendono a utilizzare il cibo come sistema per regolare i loro stati emotivi e quindi ad abbuffarsi ogni volta che si sentono depressi, ansiosi o tristi. In queste persone la depressione può essere insorta precedentemente successivamente al disturbo alimentare.
Non esiste una correlazione diretta né univoca quindi fra depressione e obesità, sebbene possano esserci meccanismi fisiologici, farmacologici e psicologici che possono contribuire a un aumento di peso nelle persone che soffrono di un disturbo dell’umore.
Per questo motivo tali fattori dovrebbero essere accuratamente monitorati e discussi tra medico e paziente al fine di inquadrare lo stile di vita e il percorso terapeutico-riabilitativo più adatto al caso.
Bibliografia
Mc Williams N. La diagnosi psicoanalitica. Astrolabio, 2010.
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