Paura, ansia e attacchi di panico

Paura, ansia e attacchi di panico: differenze e caratteristiche comuni

Paura, ansia e attacchi di panico

Sembra sempre necessario e quasi canonico dover distinguere l’ansia dalla paura. L’ansia è uno stato di preoccupazione apparentemente indipendente da una situazione stimolo, la paura è una reazione psicosomatica simile all’ansia altresì legata ad un chiaro stimolo scatenate (ad esempio una scossa di terremoto attiva una risposta di paura). Dover sempre definire la differenza di queste due dimensioni comuni non cambia poi la sostanza dei fatti.

Sia la paura che l’ansia sono necessarie alla sopravvivenza dell’individuo. Stiamo parlando di due emozioni che hanno la funzione di organizzare e preparare l’organismo ad una performance/risposta di qualche tipo. Quando la loro intensità è superiore alla capacità dell’individuo di poterle contenere e utilizzare in modo funzionale alla propria sopravvivenza si incorre nel rischio di un blocco, di una paralisi dell’intero organismo. Generalmente, ansia e paura, devono essere eliminate, poiché c’è l’idea magica condivisa che per stare bene uno non deve sentire il cuore che batte, la gola secca, la difficoltà a deglutire, il tremore alle gambe, ma la verità è che è difficile far tacere il proprio corpo. Un corpo che si vorrebbe zittire perché così disturba, inquieta, tormenta, fa troppo rumore. In realtà ci accorgiamo della presenza del corpo solo in situazioni di forte disagio come ad esempio gravi malattie, incidenti, dolore. In queste circostanze accettiamo il dialogo con il nostro corpo perché c’è una causa rintracciata che ne giustifica la reazione. Ma quando non vi è una causa apparente o quantomeno quando la mente non individua o non riconosce l’origine di ciò che registra, il più delle volte l’individuo se ne spaventa.

Il corpo per la nostra cultura occidentale è uno sconosciuto in quanto conosciuto prevalentemente nella sua dimensione biologica e scollegato dall’interazione costante con una mente che registra gli accadimenti e cerca di darne significato. Il corpo vive indipendentemente dall’attenzione e dall’ascolto che gli si presta. Spesso è il primo “segnalatore acustico” che qualcosa all’interno del sistema persona non è in armonia. Quello strano malessere, quel disagio, che dirompe in modo silente o in modo acuto sfuggendo ad un controllo che si vorrebbe mantenere a tutti i costi lascia la persona sorpresa e disorientata.

A. B. Ferrari ne L’eclissi del corpo (2004, Borla) paragona le sensazioni a prodromi di pensiero. La capacità della persona di dare significato a ciò che sente e a poterlo comunicare, coincide con la capacità della stessa di poter contenere l’insieme delle sensazioni, emozioni e percezioni che fanno parte della propria corporeità e avere il senso, dunque, usando una metafora di “abitare la propria casa” di sapere cioè dove si é, quale spazio si occupa e come lo si occupa. Nell’attacco di panico la fisicità diventa assordante e la persona vive un senso di impotenza e di estraneità a se stessa poiché tutto sfugge al controllo che si vorrebbe. I pensieri attivati da questa fisicità dirompente sono pensieri di morte, di follia, di incapacità, di inettitudine. Superato il momento di crisi rimane un’angoscia profonda legata, da un lato, alla paura che questa esperienza si ripeta e dall’altro, al timore di aver incontrato un corpo sconosciuto e di aver sperimentato la sensazione di limite e di finitezza. Ma è proprio l’ascolto di queste due sensazioni ad attivare il processo di pensiero e l’attenzione su di se e la curiosità, la dove si voglia, di incontrare se stessi per provare a rendere dicibile il proprio sentire, riconoscerlo e ricollocarlo per poterlo far proprio e comprendere e contenere.