L’ansia, l’ipocondria e la terapia cognitivo comportamentale

I disturbi d’ansia e l’ipocondria possono essere risolti grazie alla terapia cognitivo comportamentale. Entrambi questi disturbi si basano su un’errata interpretazione dei segnali (corporei o ambientali) che scatenano delle reazioni inappropriate. La terapia cognitivo comportamentale agisce sul pensiero e sulle emozioni per evitare che il soggetto ne sia sopraffatto

L’ansia, l’ipocondria e la terapia cognitivo comportamentale

Il trattamento cognitivo comportamentale è molto utilizzato nei casi di ansia e ipocondria.

Questa terapia si basa sulla convinzione che alla base dei disturbi psicologici ci sia un pensiero distorto che nel tempo crea delle convinzioni stabili innescando un circolo vizioso e disfunzionale.

Il lavoro è quindi sul pensiero, ma anche sulle emozioni per aiutare il paziente a riconoscere le proprie risposte emotive e a controllarle.

Gli aspetti positivi di questa terapia sono molteplici:
• presuppone obiettivi specifici e concordati da raggiungere attraverso un piano stabilito;
terapeuta e paziente sono entrambi attivi e devono necessariamente collaborare tra loro;
• è centrata sul presente;
• è a breve termine: dai 3 ai 12 mesi circa.

 

Ansia e ipocondria: caratteristiche dell'ipocondria

La caratteristica principale dell’ipocondria è la paura irrazionale di avere o di poter contrarre una grave malattia. Tale convinzione di basa su una sbagliata interpretazione di alcuni segnali fisici.

L’ipocondriaco non si lascia rassicurare dalle parole o dai ragionamenti di chi gli sta accanto, ma anche dai medici cui chiede continui controlli diagnostici. La preoccupazione raggiunge alti livelli d’ansia e l’ipocondria causa così difficoltà nella vita sociale e lavorativa dell’individuo.

 

Ansia e ipocondria: il disturbo da ansia

L’ansia, come l’ipocondria, è un disturbo che può essere affrontato con la terapia cognitivo-comportamentale. Questo disturbo è caratterizzato da uno spiacevole stato emotivo che comprende nervosismo, tensione, tremore, nausea e sudorazione fredda. Il disturbo ha una doppia veste, cognitiva ed emotiva.

La paura si scatena a causa dell’ipervalutazione di uno stimolo minaccioso, mentre l’ansia riguarda la risposta emotiva conseguente a questa valutazione. È possibili quindi agire a livello cognitivo prima che si scateni l’ansia per riuscire a contenere la patologia.

 

Ansia e ipocondria: gli schemi cognitivi

Il modello cognitivo comportamentale per la cura dell’ipocondria si basa sul modello di Paul Salkovskis basato sulla convinzione che il disturbo prenda l’avvio da un’interpretazione erronea di normali manifestazioni corporee. Questo meccanismo avvicina l’ipocondria ai disturbi dell’ansia.

In entrambi i casi il passaggio successivo è la formazione di immagini mentali spaventose che riguardano lo stimolo ansiogeno o la presunta patologia. Nel caso dell’ipocondria le immagini più frequenti sono: il cuore palpitante, i polmoni, emorragie cerebrali, ecc.

Queste immagini creano a loro volta e successivamente rinforzano nel tempo una visione di Sé caratterizzata dalla debolezza che a sua volta scatena emozioni negative, innescando un circolo vizioso.

Lo scopo della terapia è di agire su queste credenze disfunzionali e modificare quindi le modalità di ragionamento per aprilo ad altre interpretazioni.

Nei disturbi d’ansia, la reazione emotiva spinge il soggetto a iper o ipovalutare il pericolo e quindi impedisce una risposta comportamentale adeguata. Il problema principale per questi soggetti risiede negli schemi interpretativi che non sono adatti per affrontare situazioni pericolose o minacciose.

 

Ipocondria e autosuggestione: quale legame?

 

 

Immagine | Just Warr