La metacognizione ci rende consapevoli delle emozioni e dei pensieri

La metacognizione è la capacità di riconoscere e riflettere sul nostro mondo interno. Lo sviluppo metacognitivo è associato all’attaccamento, ma un suo deficit influisce anche sull’apprendimento

La metacognizione ci rende consapevoli delle emozioni e dei pensieri

La metacognizione è la consapevolezza e insieme la capacità di riflettere sui propri stati interni: affettivi, cognitivi ed emotivi. Tale capacità è strettamente legata alla teoria della mente che invece è l’abilità di comprendere la mente altrui, evitando così di confondere il proprio mondo interno con quello delle altre persone. Queste due funzioni rappresentano un sistema di monitoraggio che regola il comportamento sociale e affettivo. Grazie al loro corretto sviluppo il bambino giunge a comprendere la relazione tra eventi e stati affettivi, arrivando a definire il significato dell’esperienza emotiva. Ne consegue che sarà anche capace di associare il nome corretto alle emozioni e a comprenderne la natura contestuale e transitoria.

 

Metacognizione e attaccamento

La capacità metacognitiva è legata al tipo di attaccamento. La relazione che il bambino instaura con il caregiver (una persona che viene riconosciuta in grado di gestire la situazione in atto ) viene mentalizzata e diventa la base per comprendere come si risponde affettivamente agli stimoli esterni ed interni. Il bambino sicuro è inserito in un contesto che sa rispondere in modo appropriato e costante alle sue esigenze affettive contribuendo allo sviluppo di un riflessivo. Il bambino evitante invece, a causa dell’allontanamento dalla madre, crede di potersi muovere autonomamente e si disinteressa dei segnali che provengono dall’altro.

 

Nell’attaccamento ambivalente il caregiver è vissuto come imprevedibile: la madre non riesce a comprendere i segnali del bambino fornendo risposte inappropriate e incongruenti. Questa confusione tra la mente del bambino e quella dell’adulto costituisce un ostacolo soprattutto alla comprensione della natura privata del pensiero. Il bambino disorganizzato vive in una situazione caotica e scarsamente definibile. Nonostante ciò i disorganizzati sembrano possedere buone capacità metacognitive che permettono loro di sopravvivere a una relazione così destrutturante.

 

Didattica metacognitiva   

La metacognizione non è legata esclusivamente alla sfera affettiva, ma anche a quella cognitiva. Molte ricerche mettono in relazione queste competenze con l’apprendimento. Si è così giunti alla nascita della didattica metacognitiva guidata dalle conoscenze sul funzionamento cognitivo e delle variabili psicologiche sottostanti l’apprendimento (come il locus of control, l’autoefficacia e la motivazione). L’obiettivo finale è raggiungere e sostenere l’autoconsapevolezza e l’autoregolazione. I percorsi didattici portano a comprendere come ottenere le informazioni dall’ambiente circostante e come vengono utilizzate: gli studenti dovrebbero diventare sempre più autonomi nella gestione del pensiero senza applicare schemi di pensiero rigidi e stereotipati.

 

Deficit nella metacognizione

Data l’importanza della mentalizzazione (in direzione sia interna, che  esterna) un deficit in quest’ambito causa una grande vulnerabilità a livello affettivo e sociale. Alcune conseguenze potrebbero essere: ridotta comprensione dell’altro, incapacità nel contestualizzare l’evento all’interno di una storia relazionale condivisa, umore mutevole; inoltre queste persone spesso ingigantiscono i segnali affettivi cui danno risposte imprevedibili. La scarsa mentalizzazione si associa anche a difficoltà nel problem solving, sia personale, sia relazionale.

 

Fonte immagine: photl.com