Psicologia dell’invidia: “Se lui/lei sì, perché io no?”

“Specchio, servo delle mie brame, chi è la più bella del reame?” – “Bella, tu sei bella mia regina, ma al mondo una fanciulla c’è ... ahimé assai più bella di te!”. L’invidia è un sentimento che divora chi lo nutre, maschi e femmine, in questo caso sappiamo tutti come finisce per la regina. Ma l’invidia ha due facce: sta a noi decidere quale guardare

Psicologia dell’invidia: “Se lui/lei sì, perché io no?”

Dal latino in-videre, guardare contro, guardare con ostilità, nella nostra lingua il significato del termine vive nel risentimento che si prova per la felicità, il benessere e il successo altrui, sia che ci si consideri ingiustamente esclusi da tali beni, sia che, già possedendoli, se ne pretenda il godimento esclusivo. In una psicologia dell’invidia colui che prova tale sentimento appare come un individuo che vive in un continuo stato di insoddisfazione, poiché nell’invidiare non c’è ombra di piacere, ma solo pena e sofferenza.

 

Dante rappresenta gli invidiosi in Purgatorio, con gli occhi cuciti da fili di ferro per punirli di aver gioito nel vedere le disgrazie altrui, per la morale cattolica l’invidia è uno dei sette vizi capitali, direttamente contrapposto alla virtù della carità. L’invidia nasce dalla relazione, dal confronto con l’altro, una dinamica sociale importante, poiché è tramite l’altro che affermiamo noi stessi. Prima di poter desiderare qualcosa che non abbiamo dobbiamo poterla vedere, è l’altro che fa nascere in noi il desiderio.

 

Psicologia dell’invidia cattiva: “Se io non posso, allora neanche lui/lei!”

Dopo esserci confrontati nasce la consapevolezza della nostra mancanza, ed è da questa constatazione che possono scaturire sentimenti negativi verso sé e verso gli altri: senso di inferiorità, inadeguatezza, frustrazione, impotenza, odio e rabbia per la grandezza dell’altro che ci schiaccia. E in questo momento non vediamo più le nostre risorse, le nostre potenzialità, le nostre possibilità, ma si pensa solo a svalutare l’altro per impedire la caduta del proprio valore. Come la volpe che non potendo raggiungere l’uva, dice che è amara. Svalutare ciò che non si può ottenere è una strategia che nasconde i nostri limiti. Alcuni ricercatori hanno evidenziato come chi prova invidia non riesce ad instaurare relazioni positive con gli altri, restando bloccato in sentimenti come il risentimento, l’astio, la vergogna. Alla base vi è un senso di insicurezza che porta ad una scarsa fiducia di sé, ad una bassa autostima e ad una tipologia di locus of control esterno.

 

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Psicologia dell’invidia buona: “Se lui/lei può, posso anch’io!”

L’invidia viene sempre considerata con accezione negativa, ma a fianco dell’invidia distruttiva, vi è un’invidia costruttiva. L’invidioso ha uno spiccato senso critico e ammirazione verso qualcosa che non è o che non ha. Molte ricerche confermano che le persone invidiose posseggono un notevole spirito di osservazione. Utilizzare questa facoltà per confrontarsi con l’altro e vivere la ricchezza delle differenza riconoscendo i propri desideri, esplorando le proprie possibilità, accettando i propri limiti, può spingere a migliorarsi, invece che sentirsi frustrati e denigrare l’altro. “Se lui/lei sì, perché io no?” diventa così una motivazione all’azione, una sana competizione che ci stimola a raggiungere traguardi sempre più lontani: “Se lui/lei può, posso anch’io!”. L’invidia allora evolve in un input ad andare avanti, ad essere fiduciosi verso se stessi ed assumersi responsabilità, a mettersi in gioco, a crescere.

 

Psicologia dell’invidia: come comportarmi?

La psicologia dell'invidia ci insegna a prendere consapevolezza della duplice forza (negativa e positiva) di questo sentimento, ci dà la possibilità di guardare a questa in termini di opportunità e produttività. Impariamo a leggere il lato positivo delle emozioni, ossia l’informazione utile che queste ci trasmettono. L’invidia non va nascosta a noi stessi, non dobbiamo esprimerla in maniera ostile, non deve abbatterci, non deve sopravvalutare la felicità altrui e sottovalutare la nostra posizione. Gestire l’invidia costruttivamente vuol dire riconoscerla ed esprimerla secondo una psicologia positiva sviluppando la capacità di ironizzarci su, di ridere di sé, di esaminare i propri pensieri di inferiorità per scoprire da dove hanno origine in modo da conoscerci meglio. Vuol dire relativizzare i vantaggi dell’altro, esaminare i propri eventuali pensieri di superiorità ed evitare di provocare a nostra volta l’invidia negli altri. “L’invidia nasce quando uno è desideroso, ma non ha prospettive” ha scritto Nietzsche, dunque scopriamo i nostri obiettivi e impegnamoci a trasformare i limiti in risorse, per una accettazione incondizionata di noi stessi.

 

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Fonte immagine: Florencia Càrcamo