Il disturbo di personalità dipendente: una fame insaziabile

Il disturbo di personalità dipendente indica uno stato di dipendenza dall'altro talmente elevato da essere patologico. La persona con disturbo di personalità dipendente chiede al partner e alle persone che lo circondano un maternage. Ma a volte può anche mascherare la sua dipendenza con una indipendenza eccessiva. Vediamo insieme il disturbo di personalità dipendente e mettiamolo a confronto con il carattere orale dell'ottica post-reichiana

Il disturbo di personalità dipendente: una fame insaziabile

Il disturbo di personalità dipendente viene inserito tra i disturbi di personalità del gruppo C del DSM-IV. Chi presenta un disturbo di personalità dipendente va in ansia da separazione e angoscia abbandonica, per cui vengono messi in atto comportamenti  di sottomissione e, appunto, di dipendenza, che legano l'altro a sé e ne impediscono l'allontanamento. Ma quali sono i criteri per fare diagnosi di disturbo dipendente di personalità? E, soprattutto, quando la dipendenza diventa così estrema e invalidante da diventare patologica?  Per fare diagnosi è necessario che siano soddisfatti alcuni criteri del DSM. Ma la fame d'amore e di cura chi soffre di questo disturbo è difficile da saziare. Una visione reichiana vede il disturbo di personalità dipendente all'interno del carattere orale. Ma andiamo in ordine ed esaminiamo punto per punto.

 

Il disturbo di personalità dipendente: diagnosi

Il disturbo di personalità dipendente viene descritto dal DSM IV come "una situazione pervasiva ed eccessiva di necessità di essere accuditi, che determina comportamento sottomesso e dipendente e timore della separazione, che compare nella prima età adulta ed è presente in una varietà di contesti". Perché ci sia diagnosi di disturbo di personalità dipendente, è necessario che siano soddisfatti cinque o più dei seguenti criteri:
- difficoltà a prendere le decisioni quotidiane se non chiedendo eccessivamente consigli e rassicurazioni;
-  bisogno che altri si assumano la responsabilità per la maggior parte dei settori della sua vita;
difficoltà ad esprimere disaccordo verso gli altri per il timore di perdere supporto o approvazione;
- difficoltà ad iniziare progetti o a fare cose autonomamente perché manca di fiducia e autostima
- pur di essere accuditi, si è pronti a sobbarcarsi qualsiasi tipo di compito, anche spiacevole;
- senso di solitudine e impotenza quando si è soli per paura di essere incapaci di provvedere a se stessi;
- quando una relazione si interrompe ne cerca immediatamente un'altra;
- preoccupazione irrealistica di essere abbandonato e di non riuscire a provvedere a sé.

 

Il disturbo di personalità dipendente: "Non puoi lasciarmi solo!"

Chi soffre di disturbo di personalità dipendente ha la costante certezza che da solo non può vivere, non può affrontare la vita, non può prendere decisioni e fare scelte di alcun tipo. Sfiducia in se stessi, insicurezza e bassa autostima sono spesso dei vissuti che si accompagnano a chi soffre di disturbo di personalità dipendente. Chi ne è affetto delega gli altri al controllo e alla gestione della propria vita: apparentemente non chiede nulla, si pone in una posizione down e fa sentire l'altro indispensabile.

 

Chi ha un disturbo di personalità dipendente crea un legame ambivalente e profondamente patologico: il messaggio che costantemente manda è "Io ho bisogno di te, tu sei indispensabile per me, senza di te non sono niente e non ce la posso fare, se te ne vai io non esisto più". Sicuramente la sua mancanza di richieste è solo apparente: la persona con disturbo di personalità dipendente incastra l'altro nella sua non richiesta che nasconde una pretesa enorme, dove compiacenza, sottomissione, impotenza, nascondono un bisogno di cure enorme, una richiesta di bisogno d'amore vitale come l'aria che si respira. Si vuole avere l'altro accanto a tutti i costi. E i costi spesso sono alti: si rinuncia alla propria vita, ai propri desideri, alla propria autenticità, tutto perché l'altro non se ne vada e non lo abbandoni.

 

Il disturbo di personalità dipendente: la terapia

G.O. Gabbard fa notare che la terapia con i pazienti che hanno un disturbo di personalità dipendente contiene in sé un "dilemma terapeutico: affinché questi pazienti superino i loro problemi di dipendenza, devono prima sviluppare una dipendenza nei confronti del terapeuta" (Psichiatria Psicodinamica, pag 593). Accade spesso che i pazienti con disturbo di personalità dipendente vivano ogni miglioramento come una possibile fine della terapia: le resistenze sono spesso finalizzate a mantenere un rapporto di dipendenza con il terapeuta che spesso viene investito di grande autorità, autorevolezza e potere, perché viene vissuto quasi come se fosse il sommo conoscitore di tutte le cose. Il terapeuta deve fare molta attenzione al proprio controtransfert: il bisogno di dipendenza può essere così elevato da creare nel terapeuta un atteggiamento di rifiuto che tende ad allontanare e a non accogliere la richiesta del paziente, un vero bisogno di essere nutrito, curato e amato.

 

Il disturbo di personalità dipendente e il carattere orale

Nell'ottica post-reichiana il disturbo di personalità dipendente viene inserito all'interno del carattere orale. Il carattere orale è quello che si forma nella fase oro-labiale, ovvero dal parto fino allo svezzamento. Trova la sua origine in un maternage inadeguato, tendenzialmente insoddisfacente, che ha portato la persona a sviluppare la tendenza a porsi in una condizione di dipendenza dall'altro, come se solo in questa fosse in grado di trovare una qualche forma di cura, di accudimento e di amore. A volte l'esasperazione dell'indipendenza cela una dipendenza molto profonda che si maschera con un atteggiamento che sembra dire "non ho bisogno di niente e di nessuno!".

 

Tendenzialmente si vive una sensazione di vuoto interiore e di fame che niente riesce a saziare, che è poi all'origine di tutte le forme di dipendenza: la sua richiesta/pretesa a volta è così forte da mettere in fuga le persone che lo circondano, con la conseguente realizzazione della sua paura più grande: restare solo. Spesso i futuri caratteri orali sono stati bambini precoci nel linguaggio, nel controllo sfinterico, nello svezzamento e nella deambulazione, come se il vissuto di non aver ricevuto un nutrimento adeguato fosse stato così forte da costringerli a fare da soli e tentare di essere indipendenti.

 

Sono frequenti gli episodi depressivi, da non confondere con la depressione maggiore o da prima grande bocca, come dice Genovino Ferri. Una terapia adeguata dovrebbe prevedere un sostegno profondo e una guida amorevole e ferma che possa contemporaneamente aiutare la persona a nutrirsi ma anche a trovare in sé l'energia per muoversi nella vita. Imparare ad amare, a desiderare e ad essere autentici: è questa la sfida.

 

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