Il pessimismo

Schopenhauer e Leopardi ne hanno fatto un'icona: è il nostro mal du siècle. Conosciamolo meglio: per combatterlo ci vuole fiducia

Il pessimismo

"L'esistere è un morire [..], la vita è un mare pieno di scogli [..], socialità, amore, non sono che inganni [..]" - diceva Schopenhauer. E L'amico Giacomo Leopardi da Recanati replicava: "Tutto è male [..], l’esistenza è un male; [..] la natura non ci ha solamente dato il desiderio della felicità, ma il bisogno [..], senza nemmeno aver posto la felicità nel mondo."

Sublime. Dopo queste parole non sentite l'inebriante piacere dell'esistenza, l'èlan vital che vi scorre nelle vene? No? No. Il virus del pessimismo ha contagiato anche voi.

 

Pessimismo? Ottimismo?

Inquadriamo con rigore scientifico i soggetti che ne sono affetti.

L'ottimista. Eccolo, è quello che la mattina urla un "Buongiorno!" a pieni polmoni, tanto che anche il gatto della vicina sobbalza dal comodo sofà. È quello del bicchiere mezzo pieno; quello che di fronte ad una cosa per cui tu, pessimista, vorresti solo che qualcuno ti aiutasse a scavare una buca abbastanza profonda in cui adagiarti (perché pensi che da solo non saresti mai in grado di farla bene), interviene con frasi del tipo: "Su! Che la vita ti sorride!", continuando con: "Per ogni porta chiusa si apre un portone!". E mentre si allontana sulla scia di un sorriso che mostra denti brillanti (i tuoi non saranno mai così), ti lascia con un carico di pensieri positivi di cui non sai che fartene perché ti senti floscio come un filtro da tè in ammollo da giorni.

 

Il pessimista. Crede in ogni assioma della legge di Murphy, il cui postulato assoluto recita: "Se qualcosa può andar male, lo farà". Il pessimista è quello che in piena calura estiva cerca per ore un ombrello perché "si sente" che sicuramente pioverà, mentre l'amico ottimista già fa bellezze al bagno. È quello che non ci prova con una donna perché tanto sicuramente dirà di no, mentre il solito amico ci prova con tutte, tanto prima o poi una ci casca; è quello che al mattino si sveglia mugugnando un suono che appare simile a un buongiorno, con un muso tanto lungo da inciamparci dentro, per poi cadere sul solito gatto facendolo sobbalzare dal solito sofà.

 

Pessimismo: mal du siècle

Caricando le due figure,  abbiamo tentato di alleggerire una non facile realtà: il pessimismo è diventato il nostro il mal du siècle, o forse lo è sempre stato perché parte dell'animo umano. La sua massima espressione si realizza negli stati depressivi e si nasconde in un bicchiere di alcol di troppo, in chi lavora fino a consumarsi per i ritmi stressanti che la società richiede, in chi sogna soltanto una vacanza e in chi nemmeno sogna più. Lo troviamo dentro di noi ogni volta che crediamo di non potercela fare.

 

Pessimismo e ottimismo: una questione di fiducia

Avete notato una cosa? Parlare del pessimismo significa parlare dell'ottimismo e viceversa. Forse perché non sono separati: come volti di un Giano bifronte, diventano parti di uno stesso insieme. Noi siamo l'uno e l'altro: in noi esiste il seme della felicità in quanto essenza della vita stessa. Proprio perché esseri pulsanti di vita, sappiamo cos'è lo stato del benessere e possiamo sentirne la mancanza quando non c'è: è questo che ci fa sentire tristi e sfiduciati. È la fiducia nella vita che viene a mancare, la fiducia che dentro di noi esistono le risorse per andare avanti.

 

Non è facile gestire le emozioni, i momenti bui ci sono, ma quando diventano ravvicinati e costanti dobbiamo sentire il campanello d'allarme. Una strada per la risalita esiste sempre, basta avere l'umiltà di non credere che dobbiamo farcela sempre da soli e che possiamo chiedere aiuto; esistono professionisti, psicoterapeuti, psicologi e figure specializzate che possono aiutare a riconquistare la fiducia persa. Le cose possono cambiare. A volte bastano, come dice un libro di Francesco Piccolo, Momenti di trascurabile felicità. Leggetelo, rimanda a una deliziosa gioia di vivere.

 

Fonte immagine: Marica Fattiroso