Il “peso” dei pregiudizi: obesità e discriminazione sul lavoro

Grasso è bello? Dai tempi dell’omonimo musical americano ne è passato di tempo e nonostante quello dell’obesità continui ad essere un problema in progressivo aumento, la sua diffusione non ne riduce lo stigma al livello sociale. Anzi: i pregiudizi contro le persone dalle “taglie forti” sembrerebbero pesare anche nel mondo del lavoro dove costoro sarebbero vittime di attribuzioni negative e avrebbero meno opportunità di assunzione e di carriera.

Il “peso” dei pregiudizi: obesità e discriminazione sul lavoro

Numerosi studi in ambito psicologico si sono occupati negli ultimi decenni dei pregiudizi di cui sarebbero spesso vittime le persone obese in tutte le fasi della loro vita, sia in ambito privato,stigmatizzati e  presi in giro da amici e familiari, che in ambito lavorativo dove avrebbero minori probabilità di essere assunte, promosse o di mantenere il posto di lavoro. Vediamo meglio allora il rapporto tra pregiudizi e obesità.

 

Pregiudizi e stereotipi sull’obesità

Alcuni studi condotti nei decenni precedenti avevano messo in luce quanto i pregiudizi sull’obesità in ambito lavorativo si fondassero su alcuni stereotipi negativi frequentemente attribuiti alle persone grasse o sovrappeso quali l’essere pigri, poco coscienziosi, meno competenti o emotivamente instabili (Paul RJ, Townsend, JB., Shape up or ship out? Employment discrimination against the overweight. Emp Respons Rights J. 1995; 8: 133-145. Roehling MV., Weight-based discrimination in employment: Psychological and legal aspects. Pers Psychol. 1999; 52: 969-1017.), in alter parole, meno affidabili dei soggetti normopeso.  Un recente studio condotto dall’Università di Manchester (O'Brien, K., et al. Obesity discrimination: the role of physical appearance, personal ideology, and anti-fat prejudice, International Journal of Obesity, 2012. doi:10.1038/ijo.2012.52) sembra ancora una volta confermare questi dati sottolineando come la tendenza a discriminare lavorativamente le donne obese sia legata all’autoritarismo dei selezionatori e all’insicurezza provata rispetto al proprio corpo: maggiore è l’importanza assegnata all’avvenenza e alla forma fisica e maggiore sarebbe la tendenza a discriminare l’obesità sul posto di lavoro.

 

Pregiudizi: chi ha paura dell’obesità?

In psicologia sociale i pregiudizi sono descritti come una categoria peculiare di atteggiamenti piuttosto rigidi e resistenti al cambiamento, che le persone adotterebbero a scopi marcatamente ego-difensivi, ovvero con l’intenzione inconsapevole di proteggere sé stessi e la propria autostima (Arcuri, L., 1995). Tale meccanismo è stato riconosciuto alla base di pregiudizi anche molto gravi come quelli razziali e potrebbe essere chiamato in causa anche per i pregiudizi contro l’obesità: la società attuale è ampiamente fondata sul culto dell’immagine, della magrezza e dell’eterna giovinezza associati tout court a caratteristiche di successo e valore lavorativo, relazionale e sociale. Questi stereotipi che informano un certo conformismo sociale al livello mediatico forniscono un terreno comune a insicurezze e incertezze individuali là dove stigmatizzare l’obesità allontana da sé quelle attribuzioni ad essa collegate di insicurezza, insuccesso e “perdita di controllo” che non si tollerano anzitutto in sé stessi.

 

Obesità, pregiudizi e scissioni pubblicitarie

Forse invece che a tassare le merendine e le bevande zuccherate come in altri Paesi è stato fatto, sarebbe utile recuperare una Cultura del limite: il limite non solo al cibo che possiamo ingerire o alle “diete” che possiamo fare per sentirci bene, ma anche quello imposto dal tempo, dall’impegno e dagli errori che per tutti, sottopeso o sovrappeso, sono imprescindibili per ottenere risultati di successo. I “vincenti” e i “perdenti”, i “grassi” e i “magri” sono scissioni che possiamo lasciare alla pubblicità.

 

Immagine | nikhewitt.blogspot.com