La negazione: se non lo riconosco non succede!

La negazione è un meccanismo di difesa con il quale la mente si protegge da esperienze troppo dolorose disconoscendo la portata affettiva o le conseguenze di quanto accaduto. Vediamo meglio di che si tratta

La negazione: se non lo riconosco non succede!

“Non può essere vero!” espressioni come questa rappresentano spesso uno dei primi pensieri che ci vengono alla mente quando apprendiamo una notizia dolorosa o inaspettata.

Di fronte ad una realtà che ci appare eccedente le nostre capacità di elaborazione e adattamento possiamo occasionalmente ricorrere al meccanismo della negazione con cui rifiutiamo la portata dell’evento doloroso o traumatico che ci ha sconvolto.

La negazione, o diniego, è un meccanismo di difesa arcaico, presente cioè fin dalla primissima infanzia e ben riflette quello che è il pensiero magico dei bambini piccoli: disconoscere una realtà sgradita equivale ad eliminarla.

Vediamo che conseguenze e funzioni ha la negazione nella vita psicologica degli adulti.

 

La negazione e il diniego

La negazione è uno dei primi meccanismi di difesa descritti in psicologia e rappresenta, in linea generale, quel meccanismo autoprotettivo di cui la mente umana dispone fin dagli esordi, mediante il quale rifiuta realtà sgradevoli.

In realtà, nell’accezione di Freud (1925), la negazione fa più riferimento alla declinazione “nevrotica” di questo meccanismo: determinate intenzioni/affetti interni a sé stessi possono essere espressi solo a patto di venir negati.

Pensiamo ad esempio ad espressioni come “penserai che io mi sia offeso, ma non è così!” in cui si ammette, negandolo, un certo contenuto interno a sé stessi. Il versante più arcaico della negazione invece, quello che in psicologia viene più propriamente identificato come diniego, riguarda la possibilità di disconoscere interi aspetti dell’esperienza autobiografica, di sé stessi o dei dati di realtà.

 

La negazione nella vita quotidiana

La negazione, essendo uno dei meccanismi più arcaici della mente umana, si rivela spesso poco adattiva nella vita quotidiana, sebbene la si veda all’opera piuttosto comunemente.

Basti pensare, ad esempio, a quanti rifiutano screening ed esami medici per non rischiare di ricevere una diagnosi infausta (vi ricordate il pensiero magico infantile? “se non lo vedo non esiste”!); a chi abusa nel bere negando di avere un problema con l’alcol o a quanti, negando l’evidenza, disconoscono i limiti fisici imposti dall’età avanzata perseverando in comportamenti rischiosi come guidare l’auto o abitare in solitudine.

Tuttavia in particolari circostanze possiamo ricorrere in modo automatico alla negazione con risultati sorprendentemente adattivi. Un esempio lo si può osservare nel comportamento “eroico” adottato da alcuni in concomitanza di grandi catastrofi naturali come i terremoti: a volte disconoscere l’imminente pericolo di morte in situazioni di emergenza può aiutare a mantenere la lucidità necessaria a salvare sé stessi e gli altri dal pericolo!

 

La paura dei medici e il rifiuto delle cure

 

La negazione e l’organizzazione di personalità

La negazione è un meccanismo di difesa presente in ognuno di noi ma che caratterizza con più evidenza l’organizzazione della personalità di alcuni.

Sono quelle personalità che in psicologia dinamica vengono definite ipomaniacali (Mc Williams, 2012), che privilegiano gli aspetti positivi delle persone e delle esperienze, portate a vedere sempre “il bicchiere mezzo pieno” e a cogliere aspetti “leggeri” o umoristici anche degli accadimenti più drammatici.

Questa modalità può contraddistinguere anche persone psicologicamente “sane” ma, se è rigida e pervasiva, può comportare problemi relazionali o porre la persona in situazioni di rischio per sé stessa o per gli altri.

Sul gradiente di maggior disfunzionalità il meccanismo del diniego è all’opera nella maniacalità, quello stato della mente in cui la persona può arrivare a disconoscere le proprie necessità fisiologiche (mangiare/dormire), le proprie vulnerabilità personali o i propri limiti (fisici, finanziari etc) ricorrendo ad un iperattività in cui non c’è spazio per il pensiero e in cui gli aspetti dolorosi della vita e le emozioni più disturbanti vengono disconosciute o rese insignificanti.

L’ipomaniacalità come aspetto della personalità sostenuto dalla negazione/diniego non è però necessariamente sinonimo di psicopatologia: alcune persone possono renderlo un aspetto adattivo e gradevole del proprio modo di porsi con sé stesse e con gli altri per il modo in cui possono contagiarli con entusiasmo e buon umore. A patto però, come vale per qualunque caratteristica della personalità umana, che la negazione non sia un meccanismo assoluto, ma si possa ricorrere, insieme ad essa, anche a strategie più mature e adattive.

 

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