Apatia, psicologia e politica

Cos’hanno a che spartire apatia, psicologia e politica? Apparentemente ben poco, eppure la psicologia può dare un importante contributo alla lettura di quel fenomeno di apatia e indifferenza nei confronti della politica sempre più diffuso fra giovani e meno giovani. Tempo di rimpiangere le passate contestazioni del ’68? Sarebbero ormai demodé in quello che i sociologi definiscono “villaggio globale”

Apatia, psicologia e politica

Marshall McLuhan ha definito “villaggio globale” l’attuale contesto socioeconomico caratterizzato e dominato da un’esponenziale diffusione dei mezzi di informazione mediali e multimediali tale per cui ogni tipo di notizia, evento sociale, politico o economico ha influenza su scala globale avendo ripercussione su gran parte dei paesi ormai interconnessi e interdipendenti per ciò che riguarda le economie, la produttività e molti artefatti culturali. Apatia, psicologia e politica si intrecciano in questo contesto in cui facilmente si perdono confini e valori chiari e l’indifferenza appare l’unica difesa contro un mondo troppo grande e complesso da affrontare.

 

Apatia, psicologia e politica: cos’è cambiato

Il filosofo Umberto Galimberti osserva acutamente come siano difficilmente riproducibili oggi le grandi rivoluzioni del ’68 in quanto quest’ultime nascevano da una chiara coscienza di classe in cui erano netti e inconciliabili gli interessi dei padroni e degli operai, così come degli studenti e dei docenti, dei figli e dei genitori. In quel terreno di contrapposizioni spesso violente avevano peso i valori e le ideologie che oggi sembrano persi e annebbiati. Apatia, psicologia e politica rivelano un nuovo malessere dove l’uniformazione e la condivisione capillare di mezzi tecnologici e comunicativi ha creato un sistema globale vissuto spesso come spersonalizzato che sta uniformando vincoli e opportunità al di là delle specifiche realtà locali.

 

Apatia, psicologia e politica: difendersi

Sono sempre più i valori individualisti del successo e degli interessi personali a prevalere in un contesto dove sia le condizioni materiali che i rapporti umani mutano con rapidità; tuttavia questo ampliamento delle opportunità e possibilità di scelta rischia di alimentare apatia e indifferenza verso dimensioni politiche e comunitarie che, seppur grottesche, gravi o allarmanti, appaiono troppo complesse e distanti. Apatia, psicologia e politica si uniscono nel vissuto di molti che preferiscono così prendere le distanze da qualunque forma di impegno o attivismo politico.

 

Apatia, psicologia e politica: recuperare il senso

Ma che fare per abbandonare la tiepida indifferenza che si sta diffondendo fra giovani e meno giovani? Si tratta forse di recuperare un senso della politica inteso, come sostiene Franco Di Maria (Psicologia per la politica, 2005), come luogo di appartenenza comune e fondante quelle regole della convivenza civile che tutelino l’appartenenza e la cittadinanza di tutti: l’indifferenza e l’apatia cedono il passo alla partecipazione consapevole là dove l’altro non è più vissuto come un ostacolo al proprio individualismo ma una risorsa per il vantaggio di entrambi.

 

Fonte immagine: mariomorconesindaco