I nuovi poveri: fra emergenze sociali e allarmi globali

In un mondo come quello attuale dove l’offerta alimentare ha raggiunto picchi senza precedenti e la tecnologia di ultima generazione di iPod e cellulari vive una diffusione di massa finanche fra i teen-ager sembra impossibile parlare di povertà. Eppure sono in constante aumento le famiglia e le persone che vivono in condizioni di estrema precarietà o si percepiscono tali: sono i “nuovi poveri” espressione diretta delle contraddizioni della situazione socioeconomica globale

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©Rafael Ben-Ari / 123rf.com

La definizione di nuovi poveri trova la sua ragion d’essere non soltanto nell’indigenza e precarietà che sembrano colpire fasce della popolazione fino a pochi anni ben lontane dall’emergenza sociale. I nuovi poveri rappresentano anche l’altra faccia dell’economia globale, il lato oscuro del benessere hi-tech, dell’iperteconologizzazione patinata che vorrebbe farci credere di vivere in un mondo virtuale dove ogni cosa è possibile e tutto si può ottenere. È il caso dei mutui subprime americani, delle agenzie di finanziamento che imperversano anche per l’acquisto di un telefonino o di una lavatrice: non puoi permettetelo? C’è un mutuo/prestito/finanziamento che te lo fa avere. Nessuno più li chiama col loro nome: debiti. Siamo una popolazione che si indebita, continuamente, al livello globale in ogni fascia di età, reddito e strato sociale illudendoci di poterci permettere lo stile di vita materiale e sociale che conduciamo. In questo scenario cambia la percezione di povertà, cambiano le rappresentazioni sociali della ricchezza e del benessere, cambiano le concezioni di cosa è necessario e cosa non lo è.

 

Nuovi poveri e rappresentazioni sociali

Le categorie di povertà e di ricchezza sono infatti categorie sciali che risentono degli standard socioculturali che stabiliscono, nostro malgrado, cosa è necessario e cosa non lo è. L’esclusione e la vulnerabilità sociale sembrano le minacce prevalenti, i nuovi poveri o coloro che si percepiscono soggettivamente tali lo sono non soltanto per una condizione reddituale “oggettiva”, ma anche per mancanza di titoli di studio che consentano una rapida riconversione lavorativa, impossibilità ad avere una casa di proprietà, condizioni di lavoro “atipiche”. Questo influisce sulle scelte esistenziali e non solo professionali, vedasi ad esempio il “costo” delle separazioni e dei divorzi tanto che gran parte dei “nuovi poveri” sono proprio i padri separati che versano 1/3 del loro stipendio per il mantenimento e non di rado usufruiscono dei servizi della Caritas o tornano ad abitare presso la famiglia d’origine.

 

Nuovi poveri e investimento sul futuro

La situazione di incertezza e di precarietà in cui viviamo contribuisce, in altre parole, ad alimentare un senso di povertà soggettiva intaccando quelle funzioni sociali e progettuali che le persone sentono di non avere le risorse per esercitare minando le basi identitarie del loro vivere nella società civile. Mai come in questo momento si rende invece necessario investire sul futuro, mirare alto e non accontentarsi dell’ennesima gratificazione mediatica del momento.

 

Fonte immagine: Oneras