#jagärhär e #iosonoqui: gli "amatori" del web che sfidano i troll

#jagärhär è un gruppo (chiuso) di Facebook, lanciato per combattere troll, fake news e razzismo nel web e social media. Conta oltre 60.000 membri prevalentemente svedesi, ma altri gruppi omologhi si stanno diffondendo in Europa, come #iosonoqui in Italia.

#jagärhär e #iosonoqui: gli "amatori" del web che sfidano i troll

“Un team di difensori del web di tutto il mondo sta combattendo strategicamente i troll che diffondono discorsi di odio su Facebook” annuncia la BBC in un suo programma radiofonico. Chi sono #jagärhär (e altri gruppi similari), questi “amatori” del web e perché ne abbiamo bisogno?

 

#jagärhär: il primo gruppo Facebook contro il web troll

“Nessuno dovrebbe essere esposto all'odio o alla minaccia e nessuno dovrebbe affrontare l'odio da solo. Insieme cambiamo la società,  un commento alla volta”. Questa la presentazione del gruppo sulla home page del proprio sito web. Il gruppo, nato e attivo su Facebook, ha un obiettivo chiaro: prendere le difese di quelle persone che quotidianamente subiscono attacchi online da troll e “leoni da tastiera”  e smascherare le fake news così facilmente diffuse sui social network. Come? Con le stesse armi del web: diffondendo e condividendo commenti positivi e veritieri in modo da riequilibrare le discussioni online e l’algoritmo di Facebook impedendo che gli interventi degli “haters” prendano il sopravvento.

Il gruppo #jagärhär (#Iamhere a livello internazionale) è stato fondato nel 2016 da Mina Dennert, giornalista svedese di origini iraniane. Da bambina la Dennert è stata più volte vittima di attacchi razzisti a causa delle sue origini etniche, ma quello che le ha fatto maturare l’idea del gruppo è stato constatare quanto facilmente i commenti di odio arrivassero ad essere condivisi anche dalle persone più insospettabili, compresi alcuni suoi stessi conoscenti. Questo rischia di diffondere una visione del mondo assurda, non veritiera che incita all’odio sulla base di una sostanziale disinformazione. Oggi il gruppo conta quasi 65.000 membri e ha ispirato progetti simili in altri paesi, come #IchBinHier in Germania e #iosonoqui in Italia

 

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#iosonoqui: la risposta italiana all’odio e alle fake news online

La Dennert afferma che c’è ancora molto da fare, soprattutto perché certe sistematiche campagne di odio e disinformazione vengono messe in atto anche a fini economici e politici strumentalizzando la facilità con cui sul web è possibile manipolare l’opinione pubblica. Occorre dunque sensibilizzare le persone sul tema e fornire loro strumenti per distinguere cosa è vero giornalismo e cosa non lo è. Oggi, infatti, a tutte le notizie diffuse in rete, specie sui social network, tende ad essere attribuita la stessa credibilità e questo è molto pericoloso perché fa sì che agli occhi degli utenti una falsa immagine o una falsa notizia abbia lo stesso valore di una vera.

Esiste anche un gruppo italiano, #iosonoqui, nato a marzo 2017 che sta tutt’ora raccogliendo sostenitori al fine di contrastare l’odio online che, anche nel nostro paese, ha infestato le notizie di cronaca più disparate strumentalizzando le sofferenze e la morte di molte persone di ogni colore, fazione o schieramento politico, religioso ed etnico.

 

Paura, odio e scorciatoie cognitive

Perché le false notizie, specie si intrise di odio, sono così prontamente assunte come vere e condivise sui social? Esiste il blog di Paolo Attivissimo, da tanti anni attivo in rete sul quale è possibile trovare le maggiori bufale diffuse sul web fin da tempi mediaticamente meno “sospetti”: dallo strano caso di Valentin, che muore di freddo in Russia. Ogni anno, dal 1999 alle varie teorie complottiste sull’allunaggio… 

Sono notizie che si diffondono facilmente perché catturano emotivamente le persone, spesso spingendole a schierarsi dalla parte dei “buoni” contro presunti “cattivi”. Più una falsa notizia, specie se intrisa di odio, fa leva sulla paura della persone (la paura di essere manipolati dai governi, di essere invasi dagli stranieri, di sentirsi impotenti nei confronti di presunte tragedie diffuse dalle più disparate catene di sant’Antonio eccetera) e più probabilmente il messaggio verrà processato mediante il canale emotivo, senza la mediazione della riflessione e del pensiero critico

È in questi casi che il pensiero umano procede tramite euristiche, distorsioni cognitive che, a partire da poche e mendaci informazioni, saltano automaticamente alla conclusioni più facili senza interrogarsi sulla reale veridicità di quanto si legge. Ecco perché abbiamo bisogno che il web diventi un luogo dove sia possibile riequilibrare le cose, diffondere con la stessa portata anche messaggi veritieri e rispettosi, attivare un reale contraddittorio fra opinioni pro e contro e, in altre parole, tornare a pensare con la propria testa

 

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Immagine | dolgachov