Cosa sono i bisogni educativi speciali

Bisogni educativi speciali: cosa sono e quali misure devono essere adottate per rispondere alla domanda di apprendimento degli studenti nei loro specifici bisogni nella scuola italiana.

Cosa sono i bisogni educativi speciali

Ogni giorno nelle aule scolastiche e non solo si sente parlare di BES ovvero Bisogni educativi speciali, in riferimento a tutti quegli alunni che per esigenze temporanee o permanenti hanno dei bisogni educativi e didattici specifici per poter accedere adeguatamente all’apprendimento previsto. 

 

BES: la normativa

L’espressione Bisogni educativi speciali fa la sua comparsa in modo espliciti con la Direttiva Ministeriale del 27 Dicembre del 2012 in cui si parla di “Strumenti d’intervento per gli alunni con bisogni educativi speciali e organizzazione territoriale per l’inclusione scolastica”, sancendo la necessità di applicare una didattica volta all’inclusione degli alunni, con particolare attenzione alle necessità e ai bisogni specifici e individuali.

In realtà tale direttiva si mostra come un passaggio di un processo iniziato con la Legge 53/2003 che sancisce il principio di personalizzazione dell’insegnamento ovvero l’adattamento degli obiettivi e degli strumenti di apprendimento in relazione alle caratteristiche e difficoltà del singolo studente.

Successivamente tale principio trova applicazione per gli alunni con Disturbi Specifici dell’Apprendimento (DSA) grazie alla Legge 170 del 2010 in cui si definisce la tutela al diritto allo studio per alunni con DSA.

Con la direttiva del 2012 e le successive integrazioni viene quindi ampliata la necessità e responsabilità della scuola e dei docenti di personalizzare e individualizzare la didattica in termini di obiettivi e strumenti per tutti quegli alunni che presentano una difficoltà esplicita nel processo di apprendimento, sia in presenza di diagnosi che di condizioni specifiche. 

 

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BES: chi sono

Rientrano quindi nella definizione di BES tutti quegli alunni che presentano una condizione motoria, psicologica, intellettiva, fisiologica, fisica, economica, culturale, sociale, linguistica o altro che interferisce, complicandolo o ostacolandolo il normale processo di apprendimento.

Vengono quindi individuate normalmente tre categorie:

·         alunni con disabilità fisica o intellettiva per i quali è richiesta una diagnosi clinica che rientra nelle specifiche della legge 140/1992

·         alunni con disturbi evolutivi specifici: Disturbi Specifici dell’Apprendimento certificati (per cui si fa riferimento alla legge 170/2010), disturbi del linguaggio, motori, deficit di attenzione e iperattività (ADHD) , disturbi del comportamento, della condotta, emotivi, non rientranti nelle categorie gravi per cui è prevista l’applicazione della legge 104/1992. Queste condizioni trovano spesso espressione in una diagnosi clinica emessa da specialisti.

·         alunni con difficoltà e svantaggio socio-economico, culturale, linguistico temporaneo o permanente, ovvero tutti gli studenti che vivono una condizione che compromette il flusso di apprendimento e la normale partecipazione alla didattica proposta.

Considerate queste categorie è possibile osservare come l’identificazione di un Bisogno educativo speciale in un alunno possa avvenire con differenti modalità: attraverso una diagnosi clinica che attesti un deficit o problematica che necessita di misure educative personalizzate e specifiche, o da parte dei docenti stessi e del consiglio di classe che, in presenza di evidenti difficoltà dell’alunno, possono decidere di attivare un processo di personalizzazione degli obiettivi e strumenti educativi e di apprendimento in un ottica inclusiva.

 

BES: quali sussidi

L’individuazione tramite certificazione o da parte dei docenti di classe di un Bisogno educativo speciale deve attivare una serie di riflessioni e considerazioni in merito ai diritti e alle strategie da adottare per il singolo alunni in termini di apprendimento. Nello specifico è da valutare la possibilità di stendere il PDP, ovvero Piano Didattico Personalizzato, in cui individuare gli strumenti compensativi, le misure dispensative e le forme didattico-educative adeguate per quell’alunno specifico. 

È un documento la cui stesura va pensata e calibrata tenendo conto delle reali difficoltà di inserimento e adattamento al contesto didattico e di classe, alle caratteristiche del singolo studente e suoi punti di forza, nonchè all’impatto positivo e negativo che esso può avere su di lui o lei, anche in termini di autostima, senso di adeguatezza e accettazione da parte dei compagni, oltre che di apprendimento. 

Il PDP è compilato dal consiglio di classe e ogni docente indica le misure che intende predisporre e adottare per la propria disciplina, per poi essere letto, approvato e firmato, dagli insegnanti, dirigente e genitori.

La stesura del documento deve rientrare in un’ottica inclusiva più ampia prevista dal Piano Annuale di Inclusività (PAI) ovvero una proposta redatta dall’istituto, in cui sono definite le linee guida per il lavoro e le risposte che la scuola intende attuare per le esigenze didattiche.

Le direttive ministeriali e le azioni attuate a livello scolastico hanno la finalità di attuare il più possibile una didattica inclusiva in cui siano rispettate le esigenze e peculiarità del singolo all’interno di un contesto classe. Il principio di fondo è quello di dare la possibilità a tutti gli studenti, ognuno con le proprie capacità, potenzialità, strumenti e difficoltà di accedere all’insegnamento e al programma didattico proposto.

 

BES: alcuni esempi di interventi

Alcuni degli interventi che considerano i Bisogni educativi speciali sono ad esempio:

·         diversificazione della didattica: ovvero l’utilizzo di strategie e forma di insegnamento in alternanza alla sola lezione frontale, come lavoro di gruppo, peer-education, flipped classroom, utilizzo di strumenti che stimolino differenti canali sensoriali come audio, video, giochi, attività motoria, ecc;

·         concedere agli alunni con difficoltà l’utilizzo di strumenti compensativi e misure dispensative;

·         organizzare l’attività di valutazione e verifica;

·         utilizzare mappe, schemi, formulari e altri strumenti che integrino differenti canali di apprendimento;

·         valorizzare le caratteristiche e punti di forza del singolo anche come risorsa per la classe;

·         proporre attività laboratoriali, tempi più lunghi, attività differenziate per livello di difficoltà e modalità, ecc.

Le modalità di personalizzazione e individualizzazione della didattica variano in relazione ai casi specifici e vanno pensate e definite dai docenti di volta in volta, cercando di favorire il più possibile l’accesso all’apprendimento da parte di tutti gli studenti in classe.

 

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