Comfort zone

Le nostre comodità, i limiti, le paure, le chiudiamo in una zona che chiameremo “Zona Comfort”.
È una zona inizialmente creata come luogo di protezione, una fortezza necessaria per sopravvivere, ma che diventa ben presto una prigione dalla quale non riusciamo a uscire se non siamo disposti a rischiare.
La paura di uscirne è legata alla convinzione/dubbio che un nostro errore ci impedirà di ottenere ciò che noi consideriamo necessario per sopravvivere.
Decidere di rischiare ci permette di identificare la natura della fortezza che ci imprigiona.

Comfort zone

La vita pare essere costellata da varie forme di ”impasse”, di blocchi, di paure che tendono a impedirci di andare avanti, di progredire, di crescere. Ostacoli che si mettono tra noi e nuovi territori da conquistare; territori affettivi, economici, sociali.

A volte è come nuotare contro corrente, utilizzando tanta energia per muoversi di pochi centimetri alla volta, quando non si torna indietro.

In parte questo meccanismo è dovuto alle “normali” fatiche che tutti devono affrontare per ottenere un qualsiasi successo, in parte è dovuto a come ci si relaziona con ciò che viviamo .

Le testimonianze di persone normali, non super eroi, che  riescono ad attraversare momenti difficili mantenendo viva una speranza, una luce e la voglia di vivere sono tra i fattori più motivazionali in circolazione.

Rendono vera la citazione che dice che “le acque più agitate sono per i navigatori più esperti”.

Nel facilitare processi di cambiamento è in uso, e come sempre in disuso, il termine “comfort zone”, o zona di comfort.

La si utilizza normalmente nei processi di cambiamento per fare leva su situazioni personali o professionali, individuali o di team che appaiono statiche, senza movimento né propensione verso un futuro diverso.

Si cerca di creare consapevolezza evidenziando che si è in un “impasse” legato al passato e non al futuro, è questo il paradigma che lo rende terribilmente prevedibile . In una sorta di auto replica Il passato crea il suo clone in un futuro che lo rappresenti al meglio, ed ecco che nel mezzo si presenta l’oasi maleodorante della zona comfort. Non è un’oasi reale, pur offrendoci una notevole quantità di benefici, perché in realtà tende a farci rimanere lì, bloccati nel cerchio. Nessun cambiamento,. La scelta e  la decisione diventano strumenti avversari e non alleati con cui poter avanzare.

Momenti formativi di messa a fuoco dove alcune domande si affacciano alle nostre menti:

Chi mi assicura che se esco dalla ma zona di sopravvivenza conosciuta andrà meglio?

Nella mia zona comfort ho quello che vorrei e in ogni caso quel che ho sinora imparato, perché rischiare con nuove fonti d’apprendimento.?

È vero che solo chi non agisce non sbaglia?

È vero che solo chi rischia è veramente libero?

Quale strada o quale posizione devo prendere , e sarà poi la decisione finale quella giusta?

Chissà?

Domande, uno dei più grandi capitoli del pensiero dell’uomo.

Io sono rimasto colpito nel lontano 2004  in California quando uno dei Trainer vedendomi incastrato nel cercare chiare risposte ai miei fiumi di domande mi disse, con una nota di simpatia :

“ Gianpiero, ho ascoltato quello che stai dicendo, ma io credo che potrebbe essere di gran aiuto per il potenziamento della tua Leadership se imparassi “to dance in the question”

Danzare nella domanda? Che razza di formula magica e semplicistica è questa?

“Dance in the question"?

Eccomi catapultato in una nano secondo fuori dalla ma zona comfort

Imparare  a vivere, convivere amare le domande più che ossessionarmi alla ricerca di riposte che il più delle volte non ci sono, questo sì che mi si presentò come un potente e liberatorio cambio di prospettiva.

Non credo sia possibile fuori da una nostra zona comfort, così come on è possibile vivere senza paradigmi ma è qui che la consapevolezza rende chiaro quanto e come tutto ciò ci serva a vivere al meglio e finalmente ad ottenere ciò che vorremmo. 

Rischio, vulnerabilità, scelta, decisione, consapevolezza sono solo alcune delle parole chiave che muovono l’intero motore di ricerca del cambiamento.

Chiudo riportando una delle definizioni della “Comfort zone” appresa proprio durante quella certificazione che mi vide uscire come“Trainer Trasformazionale”:

Le nostre comodità, i limiti, le paure, le chiudiamo in una zona che chiameremo Zona Comfort.

È una zona inizialmente creata come luogo di protezione, una fortezza necessaria per sopravvivere, ma che diventa ben presto una prigione dalla quale non riusciamo a uscire se non siamo disposti a rischiare.

La paura di uscirne è legata alla convinzione/dubbio che un nostro errore ci impedirà di ottenere ciò che noi consideriamo necessario per sopravvivere.

Decidere di rischiare ci permette di identificare la natura della fortezza che ci imprigiona.