Memoria ed emozioni: vorremmo davvero cancellare i brutti ricordi?

Individuati i fattori ormonali e metabolici che contribuiscono a “fissare” i ricordi nel nostro cervello, sarebbe auspicabile poter eliminare i brutti ricordi e gli stati emotivi negativi associati agli eventi? Qual è il rapporto tra processi di memoria ed emozioni? In realtà ciò che fa la differenza – anche negli eventi traumatici - non è la qualità del ricordo, quanto la possibilità o meno di elaborarlo e integrarlo con le precedenti esperienze

Memoria ed emozioni: vorremmo davvero cancellare i brutti ricordi?

Memoria ed emozioni: quanto e come sono collegate? I brutti ricordi si potranno mai cancellare?

Nel corso della VII conferenza The future of science tenuta a Venezia sarebbero stati presentati alcuni studi preliminari che evidenziano le componenti ormonali necessarie a “montare” un ricordo e a fissarne quindi le componenti emotive nella memoria a lungo termine.

Tale struttura potrebbe venir rafforzata (nel caso nei deficit mnestici dell’Alzhaimer) o indebolita per cancellare i brutti ricordi. Memoria ed emozioni potranno forse essere associate o separate a piacimento? Ne verrebbe meno la complessità e la pienezza della nostra intera vita emotiva e del nostro stesso essere.

 

Memoria ed emozioni: fra “buono” e “cattivo

Cancellare i brutti ricordi… ma cosa si intende? C’è forse una misura oggettiva che stabilisce una soglia oltre la quale un ricordo è “brutto” o un’emozione troppo “negativa”?

Gli stessi eventi vengono forse vissuti con la stessa qualità ed intensità emotiva da tutti noi? Evidentemente la questione è un po’ più complessa e, forse, non è di molta utilità parlare dicotomicamente di ricordi “brutti” o “belli”, emozioni “negative” o “positive”.

 

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Memoria ed emozioni: la dissociazione traumatica del ricordo

Prendiamo il caso estremo dei ricordi traumatici; un evento non è traumatico “di per sé”, non è tanto la sua gravità “oggettiva” a renderlo tale, quanto la difficoltà per chi lo vive di integrarlo con le conoscenze e i sistemi di significato preesistenti: il trauma rappresenta allora una rottura, un elemento vissuto come talmente incompatibile e inconciliabile con il proprio sé da non poter venir dotato di significato, rimane “indicibile” e, per questo, impossibilitato ed essere normalmente richiamato alla memoria.

 

Memoria ed emozioni: le tecnica della scrittura

Non è la qualità dell’evento in sé a fare dell’emozione un fattore interferente o facilitante la memorizzazione, quanto il suo grado di elaborazione.

La tecnica della scrittura messa a punto da J.W. Pennebaker e collaboratori fa leva proprio su questo: è possibile raggiungere una miglior integrazione dei ricordi traumatici attraverso la scrittura autobiografica esplicitando le forti emozioni ad essi associate ma non come catarsi fine a sé stessa ma in una forma, quella narrativa, che consente di dotarli di nuovi significati prospettici e integrarli finalmente col resto nella propria esperienza e della propria personalità (Luigi Solano, Scrivere per pensare, 2007).

 

Memoria ed emozioni per crescere

La nostra psiche non è una lavagna da cui cancellare con un colpo di spugna ciò che ci disturba, ogni emozione è un segnale di ciò che ci accade, felice o doloroso che sia da accogliere, è una sfumatura in più, un ulteriore categoria di significato che consente di ampliare la complessità del nostro essere e le nostre potenziali capacità di scelta.

 

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Immagine | ЕленАндреа