Felicità e libero arbitrio: quale relazione?

Credere nell’esistenza del libero arbitrio, piuttosto che nel determinismo, aumenterebbe la percezione di felicità e benessere soggettivo. Sia nelle culture occidentali che orientali. Vediamo meglio perché.

Felicità e libero arbitrio: quale relazione?

“Volere è potere” recita un vecchio detto … E la scienza sembrerebbe dargli ragione. Alcuni studi infatti suggeriscono che le persone disposte a credere nel libero arbitrio, piuttosto che nel determinismo, sarebbero quelle con maggiori livelli di benessere soggettivo, in altre parole con un più altro tasso di.. felicità! Meglio confidare nelle proprie potenzialità, dunque, piuttosto che nella buona o cattiva sorte! Ma andiamo per gradi …

 

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Felicità e libero arbitrio: uno studio orientale

Uno studio condotto da un gruppo di ricercatori cinesi e recentemente pubblicato su Frontiers in Psychology avrebbe confermato il legame fra libero arbitrio e felicità avvalorando le conclusioni a cui erano giunti, in modo similare, altri studi americani.

Credere nelle proprie capacità e nella possibilità di incidere e modificare il corso degli eventi sarebbe un fattore protettivo per il benessere psicologico dunque. Questo sia in culture individualiste come quella occidentale, che in ambienti culturali più collettivisti come quelli di molti Paesi orientali.

Questi studi in realtà sorprendono solo fino ad un certo punto, se consideriamo che il libero arbitrio in sé non è un costrutto psicologico ma può agevolmente essere assimilato a costrutti invece ben più noti e studiati in psicologia sociale e della Salute.

Si pensi ad esempio ai concetti di locus of control, autoefficacia o agentività. È infatti più che documentato che ritenere di essere causa dei risultati delle proprie azioni (locus of control interno vs esterno); avere la percezione di poter efficacemente disporre dei mezzi per raggiungere i propri obiettivi o di poter incidere sul corso degli eventi della propria vita, siano aspetti positivamente correlati con il benessere psicologico.

Lo studio prima citato suggerisce d’altra parte che questi aspetti possano far parte della psicologia umana trasversalmente alle diverse appartenenze culturali.

 

Felicità e libero arbitrio nelle culture collettiviste

Desta non poco stupore in effetti che a credere positivamente nel libero arbitrio non siano solo gli statunitensi, proverbiali individualisti a noi molto vicini; ma anche persone appartenenti a culture molto più marcatamente collettiviste come quelle orientali.

Lo studio di Li e colleghi parla della cultura cinese, ma non molto diversa è, da questo punto di vista, anche la cultura giapponese ancorata ad un marcato senso della collettività. Persone appartenenti a culture collettiviste, dunque, potrebbero credere nel libero arbitrio esattamente come ci crediamo noi, più sfacciatamente individualisti ed egoisticamente occidentali.

Può sembrare un paradosso, ma forse non del tutto. Se pensiamo all’importanza che hanno certe credenze e attese culturali in Cina o in Giappone vediamo come il senso di sé, la propria autostima e la propria identità personale siano fortemente e indissolubilmente connesse all’osservanza dei precetti e valori della comunità di appartenenza.

L’adesione alla collettività non viene vissuta come prevaricazione contro la propria volontà, ma, al contrario, sembrerebbe un’adesione profonda, vissuta in sintonia col proprio sentire e quindi espressione di una volontà percepita sostanzialmente come autonoma.

 

Felicità e libero arbitrio: una relazione da interpretare con saggezza

Il libero arbitrio – riferito alla percezione di poter esercitare un’autonoma capacità di scelta sulla propria vita – sarebbe quindi positivamente correlato con la felicità percepita.

Attenzione però a non farsi “prendere la mano” da eccessive semplificazioni. Credere nel libero arbitrio non significa credere di poter fare qualsiasi cosa.

Saper riconoscere gli aspetti della vita su cui abbiamo le possibilità/risorse di agire è tanto importante quanto saper riconoscere e tollerare quegli ambiti su cui non siamo noi a poter esercitare oltre tanto una qualche decisionalità. Eviteremo di perdere il nostro tempo, e la nostra salute emotiva, inutilmente.

Recita a questo proposito una nota preghiera scritta da Tommaso Moro:

“Che io possa avere la forza di cambiare le cose che posso cambiare, che io possa avere la pazienza di accettare le cose che non posso cambiare, che io possa avere soprattutto l'intelligenza di saperle distinguere”.

 

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