10 situazioni in cui è facile dare il peggio di sé

Come esseri umani siamo naturalmente portati a essere gentili, sensibili e altruisti o, nella nostra natura più profonda, siamo creature vanitose, vendicative ed egoiste? Difficile trovare una risposta univoca, certo che spesso non ci tiriamo indietro quando c'è da essere brutte persone, alcuni studi psicologici ci rivelano in che situazioni.

10 situazioni in cui è facile dare il peggio di sé

Christian Jarrett è un neuroscienziato cognitivo, divulgatore scientifico per The Guardian e Psychology Today e redattore del blog Research Digest pubblicato dalla British Psychological Society. Proprio dalle pagine del suo blog, Jarrett ha sintetizzato i risultati di alcuni lavori di ricerca le cui conclusioni non sembrano essere proprio incoraggianti. Ecco dunque 10 inclinazioni tipicamente “umane” che potrebbero rendervi delle brutte persone molto più di facilmente di quanto non crediate.

 

1. Consideriamo meno “umane” le persone vulnerabili o le minoranze

Che si tratti di senzatetto, tossicodipendenti, minoranze religiose o anziani: secondo alcune ricerche, le persone tenderebbero a discriminare coloro che ritengono “diversi” considerandoli meno evoluti rispetto se stessi. Questo avverrebbe mediante un meccanismo psicologico piuttosto noto: la deumanizzazione attraverso la quale si disconoscono all’altro caratteristiche umane fino ad arrivare a considerarlo alla stregua di un oggetto (oggettivazione).

Questo meccanismo, molto potente se agito in contesti di gruppo, rende ragione di come possa accadere che persone attuino occasionalmente comportamenti che contraddicono le proprie norme etiche e morali. Se l’altro non è più una persona, ma un oggetto, tali norme smettono di avere valore. È un fenomeno piuttosto diffuso nei casi di violenza di gruppo e bullismo, ma anche in fenomeni della vita quotidiana di tutti noi. Basti pensare a quanto familiari e “normali” ci appaiano certi meccanismi di oggettivazione del corpo femminile nelle pubblicità e nei media

 

2. Già dall’età di 4 anni iniziamo a provare piacere davanti al disagio altrui

I bambini, già durante la prima infanzia, sembrano aver interiorizzato alcuni rudimentali concetti di bene/male, colpa/punizione che tuttavia utilizzano in maniera ancora piuttosto letterale e grossolana per guidare la propria condotta e giudicare quella altrui. Può accadere così che anche i più “innocenti” cuccioli della specie umana mostrino di provare una sorta di piacere al cospetto delle sofferenze altrui, soprattutto se ritengono che la persona in questione abbia fatto qualcosa per meritarle. 

Che sia una versione “sadica” del ben noto meccanismo di spostamento mediante il quale un bambino, che è stato rimproverato, agisce a sua volta questa aggressività picchiando la sua bambola? Sta di fatto che anche nella vita adulta potremmo mettere in atto meccanismo di non tanto dissimili: se le “disgrazie” capitano a chi ha fatto qualcosa per meritarle questo in fondo pone noi al sicuro dagli accidenti dal caso e ci mantiene (almeno così vorremmo) dalla parte dei “buoni”.

 

Leggi anche L'altruismo nei bambini >>

 

3. Credere nel “karma” non ci rende compassionevoli, tutt’altro…

La credenza, del tutto sopravvalutata, che ognuno, nel bene nel male, sia artefice del proprio destino è la cifra che contraddistingue le moderne società occidentali, individualiste e competitive. Ognuno può, e deve, “farsi da sé”, trovare la propria autonoma via di autorealizzazione. Questo principio di assoluta libertà individuale ha però anche un effetto paradosso: quello cioè di portare a ritenere colpevoli delle proprie disgrazie coloro che falliscono o sono colpiti da sventure o malattie. Poveri, vittime di stupro, malati di AIDS, a quanto pare c’è una tendenza diffusa ad incolpare le persone del proprio destino avverso, forse nel tentativo di mantenere l’illusione di vivere un mondo dove, tramite la propria forza di volontà, sia possibile vivere in un mondo gusto, dove ciò che ci accade dipende da noi e non dal caso…

 

4. Siamo sicuri delle nostre opinioni a dispetto dell’evidenza!

È il noto meccanismo della dissonanza cognitiva: quando abbiamo un’idea cerchiamo in tutti i modi di rinforzarla, selezionando opinioni e fatti che vadano a confermarla e ignorando sistematicamente tutti i dati che potrebbero contraddirla (e creare quella “dissonanza” che ci costringerebbe a rimettere in discussione il nostro pensiero). Con l’avvento del social network questo meccanismo sembra venir ulteriormente rinforzato, a dispetto del pensiero critico e del confronto di idee

 

5. Rimanere soli con i nostri pensieri potrebbe sembrarci la peggior punizione

Lo studio citato da Jarrett ha dell’incredibile: il 67% degli uomini e i 25% delle donne di un gruppo di volontari reclutati per un esperimento preferivano ricevere una scossa elettrica piuttosto che rimanere da soli in una stanza, in compagnia solo dei propri pensieri, per un arco di tempo di 15 minuti. Siamo davvero così poco a nostro agio con noi stessi? Molti disagi psicologici in effetti si fondano su questo principio, si pensi ad esempio a tutte quelle dipendenze comportamentali (mangiare, bere, fare sport, lavorare fino allo sfinimento, fare shopping compulsivo ecc) che hanno la funzione di distrarre la persona da stati d’animo e problemi disturbanti perpetrando modalità di coping fondamentalmente disfunzionali.

 

6. Potremmo sopravvalutarci creando un falso senso di sicurezza in noi stessi

Il psicologia è noto come effetto Dunning-Kruger: un’auto-valorizzazione irrealistica e ipertrofica che le persone fanno di se stesse sovrastimando non solo le proprie capacità, ma anche le proprie qualità morali. Ne sono un esempio gli studi condotti all’interno delle carceri: i criminali intervistati rivelavano, nonostante tutto, di ritenersi comunque più onesti e gentili rispetto alla media dei loro compagni…

 

7. Vediamo benissimo la “pagliuzza” dell’occhio altrui

Tendiamo a valutare più severamente negli altri quegli errori o mancanze che non siamo disposti a riconoscere anzitutto in noi stessi. “Tutto ciò che ci irrita negli altri, può portarci a capire noi stessi” scriveva Carl Gustav Jung.

 

8. Protetti dall’anonimato, possiamo diventare dei “troll”

È un fenomeno particolarmente evidente su internet grazie all’anonimato che questo consente: nell’interagire ad esempio sui social network le persone si lasciano andare a commenti aggressivi e di odio che faccia a faccia non oserebbero mai esprimere con tanta disinvoltura. Questo perché internet diminuisce la percezione che quelle che si intrattengono siano comunque interazioni tra persone reali: ci si sente deresponsabilizzati delle proprie azioni e, mediante i meccanismi di deumanizzazione sopra citati, si tende a disconoscere l’umanità di colui o colei che, come persona in carne e ossa, si cala dietro a un profilo o un post di facebook. Si pensi ad esempio all’odio mediatico recentemente scatenatosi proprio sul web ai danni di Greta Thunberg.

 

9. Siamo attratti da leader psicopatici

Può sembrare un controsenso, ma alcune ricerche suggeriscono come, soprattutto in ambienti competitivi come quello della finanza, le persone possano essere portate a dare fiducia a individui psicopatici piuttosto che a coloro che avrebbero reali capacità di leadership. Queste persone si mostrano aggressive, manipolative e sicure di sé, in altre parole, non esitano a “mostrare i denti” risultando, a una valutazione superficiale, piuttosto rassicuranti per gli altri. Un giudizio forse troppo affrettato, ma che a quanto pare guida la scelta dei leader in molti ambienti di lavoro e non solo (si pensi a vecchi e nuovi leader autoritari nel campo della Politica).

 

10. Siamo attratti sessualmente da persone narcisiste e antisociali

La chiamano la triade oscura: quel mix di narcisismo, psicopatia e machiavellismo che porta alcune persone ad avere inaspettatamente successo in amore… Le persone con questi tratti di personalità sono infatti fortemente manipolative e per questo possono risultare particolarmente seduttive, abili nell’attrarre e “incantare” un potenziale partner, capaci di mostrare una facciata molto attraente di sé stessi prima di uscire allo scoperto per ciò che sono veramente…

 

Dentro le nostre tendenze più oscure

La rassegna di Jarrett sulle tendenze più oscure degli esseri umani è lungi dal voler dare una risposta univoca sull’annosa questione se l’essere umano sia “per natura” buono o cattivo… E in effetti, a ben pensarci, gli stessi concetti di bene/male sono frutto dell’ambiente sociale, culturale, familiare e emotivo-affettivo in cui ognun di noi nasce, cresce e sceglie di diventare l’adulto che è.

Le ricerche esaminate da Jarrett tuttavia pongono una questione interessante: molte delle nostre peggiori tendenze sembrano derivare da un modo sostanzialmente approssimativo, impressionistico e semplificante di interpretare la realtà. Può accadere così che, guidati da scorciatoie cognitive, ragioniamo per stereotipi e pregiudizi, ci lasciamo sedurre da chi fa la voce grossa, condanniamo l’operato di persone che neanche conosciamo solo perché “così fan tutti”, sminuiamo o mortifichiamo i difetti altrui per non mettere in discussione noi stessi…

Forse dovremmo davvero rivalutare la possibilità di spegnere lo smartphone e rimanere quei 15 minuti da soli, in compagnia dei nostri pensieri.


Leggi anche Frustrazione e aggressività >>

 

Foto:  bowie15 / 123rf.com