Genitori iperprotettivi: le cicatrici positive

I bambini amano l’emozione del pericolo, l’altezza, la velocità, dondolarsi, appendersi, stare in equilibrio. È naturale che i genitori vogliano proteggere i propri figli, ma affinché essi crescano in modo sano dal punto di vista psichico e fisico i bambini devono giocare all’aria aperta e ogni tanto correre anche dei rischi. Vediamo insieme qualche consiglio utile per genitori iperprotettivi

Genitori iperprotettivi: le cicatrici positive

Gli psicologi dell’età evolutiva spiegano che giocando con l’avventura e il rischio scelto da sé, i bambini sondano i limiti per poi superarli gradualmente vincendo piccole e grandi paure. Così essi sviluppano la fiducia nelle proprie capacità, imparano a muoversi abilmente, a non farsi male, a valutare correttamente le situazioni, insomma, acquisiscono sicurezza per tutta la vita.

Nella nostra società la parola “rischio” ha una sfumatura negativa, soprattutto quando si tratta di bambini. Ma i genitori iperprotettivi con i propri figli dovrebbero riflettere sulla differenza tra il vero pericolo e l’avventura o il rischio: il pericolo è qualcosa che un bambino non vede e di cui deve essere avvertito, come una finestra aperta al terzo piano, sostanze tossiche o correnti nell’acqua; un rischio invece rappresenta una sfida che il bambino riconosce e che può decidere da solo se accettare o no: “fino a dove mi fido a scalare quell’albero?”, “cado se faccio una curva troppo stretta con la bici?”.

Diversi studiosi ormai sottolineano come nei paesi occidentali troviamo per la maggior parte genitori iperprotettivi, l’immagine dei bambini negli ultimi anni è radicalmente cambiata: prima essi erano considerati robusti e resistenti, e il rischio qualcosa di positivo, oggi si ritiene che siano fragili e debbano essere protetti da qualsiasi tipo di danno, fisico e psichico.

In realtà non tutti i genitori, né tantomeno quelli tendenzialmente iperprotettivi, conoscono innanzitutto l’effetto positivo del movimento sull’intelletto dei bambini: più intelligenza, più creatività e abilità nelle funzioni esecutive, ossia risolvere problemi e gestire emozioni ed azioni. E proprio giocare e scatenarsi in ambienti naturali o nei parchi immersi nella natura ha ulteriori vantaggi: innanzitutto la voglia di muoversi non è rovinata dalla pressione per i risultati, a questo si aggiunge l’effetto avventura. Le sfide emozionanti infatti, con il desiderio e la gioia di esserne all’altezza, rilasciano nel cervello molta dopamina, un neurotrasmettitore che stimola il fissaggio delle esperienze di apprendimento. Insomma, lasciare sperimentare.


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Genitori iperprotettivi ed effetto anti-ansia

I genitori iperprotettivi che “sorvolano” costantemente come elicotteri i figli per controllarli e per eliminare il benché minimo “momento di pericolo” rischiano effetti negativi sui figli, poiché non consentono loro di muoversi secondo le loro capacità. I troppi allarmi dei genitori iperprotettivi ai bambini non permettono a questi ultimi di sperimentarsi, di migliorare la propria coordinazione, di superare le paure e sostituirle con la sicurezza di sé, di fidarsi del proprio giudizio, anzi, l’ansia dei genitori iperprotettivi consolida nel bambino l’idea che il mondo sia un luogo inaccessibile, pericoloso, che da solo non può affrontare.

Se le situazioni erroneamente ritenute pericolose vengono sempre ridotte o vietate, nel bambino persiste quella paura che altrimenti sarebbe superata da tempo. Così genitori ansiosi creano figli ansiosi. D’altra parte però i bambini provano paura anche quando le richieste e le aspettative superano le loro capacità, per esempio perché i genitori pretendono coraggio quando loro non sono ancora pronti.

Se riflettiamo poi sul fatto che anche i bambini ben sorvegliati durante il gioco riescono comunque  a farsi male e spesso anche in modo imprevedibile, comprendiamo ancora meglio come l’iperprotezione non sia poi così funzionale. E' importante che i genitori imparino a capire quando intervenire e quando no. Ogni ferita ha anche un aspetto positivo: un bambino sa che cosa significa “caldo” solo dopo che si è scottato, dunque richiami e indici alzati non lasciano nel cervello alcuna rappresentazione (positiva), questa è data invece solo da esperienza ed esercizio. L’apprendimento più duraturo è sempre quello basato sull’azione.