Formazione nel turismo: quanti equivoci

La formazione nel turismo è, nell’immaginario comune, legata all’idea del viaggio, alla possibilità che viene offerta di conoscere gente nuova e, perché no, di unire l’impegno professionale al divertimento delle vacanze. Tuttavia le cose non stanno proprio così. Vediamo perché

Formazione nel turismo: quanti equivoci

La formazione nel turismo passa attraverso l’apprendimento di insegnamenti come l'Economia del turismo, il Marketing del turismo, la Geografia del turismo, le Politiche del turismo e, in una città come Roma - si pensi soltanto al corso di laurea in Scienze del turismo della Sapienza, ricompreso nella facoltà di Scienze umanistiche -, anche attraverso materie come: Antichità romane, Valorizzazione e fruizione di musei e parchi archeologici, Storia dell’arte greca e romana, Etruscologia e archeologia italica.

 

Corsi, insomma, che, pur essendo capaci di rievocare un passato lontanissimo ed affascinante, non sembrano però orientati al mercato come i concorrenti percorsi di laurea inclusi nelle facoltà di Economia di diverse univeristà italiane, inclusa la stessa Sapienza: Economia del turismo e delle risorse, Economia internazionale del turismo, Economia del turismo e Management internazionale e del turismo, presenti rispettivamente alla Sapienza di Roma, all’Università di Perugia (sede decentrata di Assisi), all’Alma Mater di Bologna (sede decentrata di Rimini) e a Napoli Parthenope. Qui la formazione nel turismo prevede lo studio di materie cosiddette fondamentali prima della specializzazione vera e propria. Diritto privato, matematica generale, statistica e ragioneria sono solo alcuni degli esami che il futuro professionista del ramo turistico sarà dunque obbligato a sostenere. Insegnamenti che, solo in apparenza, c’entrano poco con le professioni del turismo sognate da tanti giovani. A riprova di come gli stereotipi siano spesso all’origine di numerosi fraintendimenti.

 

Formazione nel turismo: quali le figure professionali?

La formazione nel turismo prevede, in termini di sbocchi occupazionali, impieghi come il programmatore turistico ed esperto in profili di viaggio, il responsabile dei servizi di ricevimento in ambito alberghiero e crocieristico, la guida turistica e l’operatore di sportello di regioni, province e comuni per la promozione del turismo sul territorio. C’è poi l’attività di consulenza, nel pubblico come nel privato, e la strada dell’auto-imprenditorialità. La figura professionale con maggiore appeal è però quella dell’animatore turistico. Ricercata tutti gli anni in prossimità dell’estate, l’animatore organizza il tempo libero dei turisti, al mare come in montagna, in villaggi vacanza o all’interno di parchi destinati al divertimento dei più piccoli. Basta sfogliare un qualsiasi giornale per rendersi conto di come, tra le inserzioni di lavoro, sia sempre presente almeno un annuncio per animatori con l'avvicinarsi della stagione estiva.

 

Di recente nove agenzie interpellate dal Sole 24 Ore, rappresentative dei due terzi del mercato, hanno individuato tra i profili più gettonati proprio quello dell’animatore turistico, con stipendi mensili a partire da 800 euro. Inutile dirlo: il lavoro è particolarmente suggestivo per i ragazzi che intendono fare una prima esperienza fuori casa e guadagnare qualcosa. In particolar modo risulta attrattivo per gli studenti, che così gravano meno sulle famiglie e magari contribuiscono pure al pagamento delle tasse universitarie al loro rientro. L’obiettivo, comunque, è uguale per tutti: lavorare sì, ma divertendosi. E anche i genitori si trovano d’accordo con delle esperienze che vengono spesso vissute dagli interessati al pari di un’avventura. Peccato, però, che l’animazione non sia solo una parentesi piacevole, almeno per chi la vive per ciò che è veramente: un lavoro a tutti gli effetti e non certo un momento di relax, per quanto il contesto lavorativo sia, la gran parte delle volte, proprio quello della vacanza. Prova ne è che le aziende sono disposte a giocarsi il tutto per tutto, sicure come sono che solo l’animazione potrà fare la fortuna di una struttura alberghiera. A questo, tuttavia, non si accompagna ancora oggi un’adeguata formazione degli animatori turistici.

 

Formazione nel turismo: ancora molto indietro sul fronte dell’animazione

La formazione nel turismo riguarda dunque anche il tema degli animatori. Il fatto, poi, che non serva un titolo di laurea per svolgere la professione non autorizza di certo i più giovani ad andare completamente allo sbaraglio. Roberto Dionisi, presidente dell’Associazione Nazionale Animatori, lamenta proprio in una lettera indirizzata al Ministro del Turismo Michela Brambilla (un po’ datata, certo, ma che ancora campeggia in bella vista sul sito dell’ANA come ammonimento per dei problemi ancora irrisolti) il fatto che il mondo della formazione neanche si sia accorto, dalle scuole di base fino alle università, dell’esistenza della categoria in 60 anni di esercizio della professione. Eppure si tratta dell’unico settore lavorativo del turismo - precisa sempre Dionisi all’interno di questo documento pubblico - che è ancora in grado di offrire lavoro. Tuttavia va detto che a Bari esiste Scienze della Comunicazione e dell'animazione socio-culturale, mentre altri percorsi curriculari sull'animazione sono ricompresi talvolta in corsi di laurea come Scienze dell’educazione e Scienze della formazione primaria.

 

A dimostrazione di come siano sempre più necessarie competenze specifiche, si pensi al terremoto in Abruzzo: qui l’attività svolta dagli animatori è servita, oltre che per distrarre i bambini, anche per alleviare le sofferenze della popolazione adulta dopo il tragico evento. Pertanto non si opera solo in contesti frivoli ma in situazioni di emergenza e all’interno di ambienti sensibili come le case-famiglia, gli ospedali e i centri di riposo per anziani. L’animatore, insomma, non è un giullare di corte. Così come sarebbe riduttivo definirlo un semplice artista per via delle attività musicali, teatrali e di danza di cui spesso è protagonista nel corso dei suoi spettacoli. Non si tratta di avere talento, o almeno non è solo questo: proprio come in altri lavori è necessaria la giusta combinazione di passione e formazione messe insieme. Pertanto, e proprio a fronte del gap formativo da parte delle istituzioni pubbliche, l’Associazione Nazionale Animatori rende disponibile sul suo sito un breve elenco di suggerimenti alla sezione Formazione.

(20 giugno 2011)

 

Fonte immagine: Malias