Disagio sociale

Dal punto di vista psicologico il termine "disagio sociale" si utilizza per descrivere il senso di inadeguatezza dell’individuo rispetto al sistema sociale in cui è inserito, che lo conduce a uno stato di sofferenza.

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Disagio sociale

Supervisione a cura della dott.ssa Luisa Laurelli, psicoterapeuta

 

Disagio sociale: definizione

Il disagio sociale, dal punto di vista psicologico, consiste in varie forme di inadeguatezza dell’individuo rispetto al sistema sociale in cui vive, che lo portano a uno stato di sofferenza o all’assenza di benessere.

 

Disagio sociale: tipologie

Frustrazione da anomia – stato di angoscia e smarrimento provato nel rapportarsi con le norme sociali. Anomia significa “condizione caratterizzata dalla mancanza di precise norme sociali”.

Solitudine – isolamento, mancanza di affetti e di sostegno concreto e psicologico, disadattamento, in alcuni casi insufficiente acquisizione delle abilità sociali (saper comunicare, gestire i conflitti e i problemi, prendere decisioni, saper distribuire la leadership).

Timidezza – senso di disagio e di impaccio che si prova nel rapporto con gli altri.

 

Modelli di riferimento: Adler e la psicologia individuale

Adler, allievo di Freud,  fu il primo a notare come il bambino, soprattutto nel primo periodo della sua vita, avverta una grave situazione di inadeguatezza, manifestando di conseguenza un grande bisogno di aiuto.

È questa la situazione che egli definisce, intenzionalmente, sentimento di inferiorità, termine da lui utilizzato per indicare quella fisiologica e consueta condizione di insufficienza e di insicurezza che manifesta il fanciullo di fronte al mondo ancora sconosciuto, in cui vivono personaggi più grandi, più forti e più esperti di lui.

Se gli apporti ambientali gli saranno favorevoli, il bambino supererà successivamente, in modo graduale, il disagio dell'inferiorità, in concomitanza con lo sviluppo somatopsichico, con il processo di apprendimento e con l'integrazione sociale, dapprima collaudata nella cerchia della famiglia e in seguito al di fuori di questa.

Se, al contrario, gli stimoli saranno negativi, o come tali verranno percepiti, è probabile che si verifichi, come conseguenza, un rafforzamento dell'ordinario sentimento di inferiorità, tanto da far scivolare fatalmente il soggetto nel complesso di inferiorità. Secondo Adler non è possibile studiare un essere umano in una condizione di isolamento sociale, in quanto ognuno di noi fa parte di un contesto sociale.

Questo punto distingue la psicologia individuale da quella di Freud, poiché nella teoria psicanalitica classica i rapporti sociali, ad eccezione di quelli con i genitori, vengono trascurati. Per Adler i rapporti sociali sono fondamentali e vanno presi in considerazione come parte costituente della vita psichica di un individuo.

Con il termine individuale ci si riferisce al concetto di una individualità psichica unica e irripetibile che, per necessità di sopravvivenza, deve entrare a far parte di una struttura comunitaria formata da altre unità psichiche, anch'esse uniche e irripetibili.

Le due istanze che Adler riconobbe come fondamentali, la volontà di potenza e il sentimento sociale, provvedono a garantire la sopravvivenza dell'essere umano. Tali strumenti ineludibili si pongono entrambi al di sopra delle pulsioni con il preciso compito di regolare in ogni individuo sia gli impulsi istintuali che le attività coscienti.

 

Disagio sociale: sintomi

La frustrazione da anomia può dare luogo a quattro differenti comportamenti: devianza, se si sceglie di raggiungere gli “obiettivi normativi” rifiutando però i mezzi legittimi (diventare ricchi ma con la frode); ribellione, se si rifiutano sia scopi che mezzi socialmente accettati (emarginazione o lotta); conformismo, se si subisce tale scompenso e si cerca in ogni caso di raggiungere gli obiettivi sociali con mezzi legittimi (debolezza e assenza di libertà); ritualismo, se si seguono le norme senza condividere gli scopi sociali (comportamento burocratico).

La solitudine può dare luogo a sintomi diversi, a seconda del tipo di isolamento che si prende in considerazione (la differenza principale è tra emarginazione sociale e individualismo estremo).

I sintomi più evidenti di timidezza sono la tendenza a isolarsi e a rimuginare su situazioni di disagio, avere frequenti pensieri aggressivi e autodistruttivi, provare un senso di inferiorità e scarsa fiducia in se stessi.

Chiare reazioni fisiologiche sono il tremore delle mani, dei piedi o della voce, gli improvvisi arrossamenti del viso, la sudorazione eccessiva, palpitazioni e brividi, salivazione eccessiva o improvvisa secchezza della bocca, balbuzie, tic nervosi.

A essi si può aggiungere la sensazione di non potersi concentrare e di essere paralizzati a livello cognitivo. I pensieri non sono più gestibili, scorrono troppo velocemente, accavallandosi, e l'agitazione impedisce di padroneggiare la situazione. Ci sono due manifestazioni della timidezza: la sottomissione, quando il timido è una personalità con un marcato senso di inferiorità, e l’aggressività, quando il timido maschera la propria insicurezza mostrando spavalderia.

 

Disagio sociale: cause

L’anomia – secondo la teoria durkheimiana – consiste in un contesto sociale debole, ossia incapace di proporre norme e valori sociali condivisi e riconosciuti.

Senza la guida della società, l’individuo non sarebbe in grado di porre un freno alle sue aspettative e ai suoi desideri, e, di fronte all’impossibilità di realizzarli, cadrebbe in uno stato di frustrazione.

Secondo l’approccio mertoniano invece, l’anomia consiste nella discrepanza tra gli scopi esistenziali formalmente promossi dalla società e i mezzi legittimi messi a disposizione dalla società per raggiungerli.

La solitudine cronica, dolorosa e infruttuosa (e non imposta da condizioni fisiche invalidanti) può essere generata da molteplici fattori, come ad esempio una perdita o abbandono importante o un esasperato individualismo indotto dal sistema socio-culturale predominante in Occidente.

Alla radice della timidezza c'è una concezione negativa di sé: il timido non riesce a stabilire un contatto con gli altri perché non si ritiene all'altezza, mentre gli altri, a loro volta, hanno la sensazione di essere respinti e si allontanano.

Tale disistima è un disturbo multifattoriale che ha origini biologiche (eventualmente ereditarie), psicodinamiche (legate alle vicende personali del soggetto) e sociologiche (connesse all’ambiente, all’epoca e alla cultura di riferimento).

 

Disagio sociale: come affrontarlo

Per affrontare il disagio sociale si deve scoprire la propria via al benessere, imparare a pensare con la propria testa, distinguere i comportamenti acquisiti da quelli spontanei, riappropriarsi del diritto all’errore e convincersi del fatto che nella vita non esistono “fallimenti” ma solo modi diversi di imparare da ciò che ci succede. In questo percorso potrebbe essere utile cercare il sostegno esperto di uno psicoterapeuta, in particolare, volendo, di uno specializzato in analisi transazionale, che aiuta a riappropriarsi della spontaneità, o che segua un approccio di psicologia positiva, che focalizza il lavoro terapeutico sullo sviluppo della sfera positiva degli stati d’animo.


È necessario rieducare le persone alla solitudine trasformandola in un “luogo” che permetta di realizzare un vero incontro con il proprio sé e con gli altri. La solitudine feconda è connessa al concetto di autonomia, intesa come capacità di distinguere tra sé e gli altri con chiarezza. Una condizione da ricercare e non da subire, magari seguendo un percorso di crescita ispirato alla terapia della Gestalt che ha come obiettivo principale proprio quello di rafforzare l’autonomia individuale. Un’alternativa valida di aiuto è la psicoanalisi lacaniana, che mira ad aiutare l'io a rinunciare al suo narcisismo.


Per la timidezza estrema, è molto utile la tecnica dell’esposizione basata sulla terapia cognitivo comportamentale: la persona timida stende una lista di situazioni per lui particolarmente ansiogene, dalla più lieve alla più marcata, e si esercita nell’attuazione della prima fino a quando non riesce a gestirla, poi passa alla successiva e così fino all’ultima. Un ulteriore percorso di crescita che si potrebbe seguire è quello della psicologia individuale, che lavora sulla costruzione di una strategia di compensazione del sentimento di inferiorità.

 

Disagio sociale: al cinema

Travis Bickle, Taxi Driver americano, ha incarnato in modo indimenticabile la “solitudine tra la folla”, il vertiginoso isolamento di chi si sente senza rimedio respinto dal mondo, che non gli permette di esprimersi, di relazionarsi, di crescere.
 

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