La claustrofobia

La claustrofobia è la paura degli spazi stretti e angusti. Chi ne è affetto cerca di fuggire per raggiungere l’aria aperta, in questo modo cessano i sintomi tipici di una crisi ansiosa. La terapia cognitivo-comportamentale è la più indicata per il trattamento e oggi si avvale anche della realtà virtuale

La claustrofobia

La claustrofobia è una vera e propria patologia, una fobia eccessiva e irrazionale verso gli spazi stretti e chiusi. Si ha paura che il soffitto possa crollare o che il pavimento ceda all’improvviso o ancora che l’aria improvvisamente svanisca. Le persone affette entrano in crisi e cercano disperatamente di uscire per sentirsi nuovamente liberi di respirare.

 

Le cause e i sintomi della claustrofobia

Da cosa nasce la paura degli spazi stretti? Le interpretazioni sono diverse. Tra le ipotesi più accreditate ci sarebbe l’effetto di un trauma infantile che non è stato superato (per qualcuno è addirittura legato alla nascita) o della vigilanza eccessiva da parte dei genitori che ha generato una persistente sensazione di essere incastrati. Secondo altri il disturbo presenta un certo grado di ereditarietà e quindi avrebbe delle cause genetiche. Un’ultima possibilità è che la claustrofobia sia legata a forti sensi di colpa e/o di inferiorità che nel tempo si fossilizzano a causa di rinforzi ambientali. I sintomi della claustrofobia sono diversi: tachicardia, sudorazione, senso di soffocamento, svenimento, secchezza della bocca, vertigini, nausea, iperventilazione e spasmi muscolari. Si tratta di una sintomatologia simile a quella degli attacchi di ansia: la paura scatenata dagli spazi angusti provoca delle scariche di adrenalina che attivano il corpo e le reazioni descritte.

 

Il trattamento della claustrofobia

La prima reazione dei soggetti claustrofobici è il sistematico evitamento delle situazioni che provocano in loro delle crisi. Se la patologia diventa grave è necessario prendere in considerazione una terapia farmacologica o psicologica. Se la claustrofobia non si associa ad altre forme di disagio o ad altri disturbi può essere curata da percorsi di 3-4 settimane di terapia cognitivo-comportamentale. Si comincia con una fase di training per apprendere le tecniche di rilassamento e di controllo del pensiero. Il paziente viene poi sottoposto a delle circostanze ansiogene, sotto la supervisione dello specialista, per mettere alla prova quanto appreso. Il soggetto progressivamente affronta e impara a gestire spazi sempre più ridotti. Quando la fobia raggiunge livelli eccessivi o invalidanti e quando si associa ad altri disturbi, si può curare con farmaci ansiolitici e antidepressivi che aiutano a contenere i sintomi.

 

Claustrofobia e realtà virtuale

Metro VR è una sperimentazione interessante che ha avuto luogo a Milano e combina la terapia cognitivo comportamentale con la realtà virtuale per la cura della claustrofobia. La realtà virtuale ha permesso di creare ambienti immersivi che riproducevano uno dei luoghi più temuti: la metropolitana. Grazie alle nuove tecnologie, il terapeuta è in grado di gestire al meglio l’esposizione graduale agli stimoli critici. Il paziente viene aiutato man mano a mettere in atto le tecniche di gestione dell’ansia senza che la figura dello psicologo sia costantemente presente.

 

Fonte immagine: Håkan Dahlström