Tecniche di meditazione buddista: la meditazione samatha

Introduzione alla samatha, antichissima pratica meditativa che il buddismo ha fatto propria e diffuso in tutto il mondo. Le origini e i precetti fondamentali della “meditazione stabilizzante”, soprattutto in rapporto alla tecnica vipassana

Tecniche di meditazione buddista: la meditazione samatha

La meditazione samatha (o samadhi) è la meditazione della tranquillità. È chiamata così perché viene utilizzata per raggiungere uno stato di perfetta calma fisica e mentale, mettendo a tacere le distrazioni e gli affanni del quotidiano. Detta anche “meditazione stabilizzante”, spesso funge da introduzione alla vipassana, o “meditazione analitica”, l’altra tecnica di meditazione tipica del buddismo theravada.

 

Significato del termine samatha

La parola samatha deriva dal pali, la lingua religiosa e letteraria della Birmania, della Thailandia e dello Sri Lanka, e significa “concentrazione”, “quiete”. Le radici semantiche del termine rimandano ai concetti di pacificazione, nella prima parte (sa-, shama o shi in tibetano), e di pausa o rallentamento nella seconda (-tha).

 

Quando e dove nasce la meditazione samatha

Come la vipassana, la samatha è sempre stata diffusamente utilizzata dagli asceti in India, prima e dopo Gautama Buddha. La samatha non nasce quindi con la filosofia buddista, ma vi si innesta in seguito.

 

Precetti fondamentali della meditazione samatha

La tecnica di meditazione samatha si basa sulla consapevolezza del respiro, attraverso l’osservazione prolungata (per almeno 15-30 minuti) delle fasi di inspirazione ed espirazione in uno dei punti in cui è più netta la sensazione del respiro che entra e circola nel corpo: all’entrata del naso, nello stomaco o all’altezza del plesso solare (punto corrispondente al terzo dei sette chakra, manipura, collocato nella metà superiore del ventre). Grazie alla pratica della samatha, è possibile focalizzare l’attenzione distogliendola dalle emozioni negative, come la rabbia, l’ansia, l’invidia e il rancore. Nella tradizione delle pratiche meditative orientali, samatha sta per serenità e pace dell’anima, condizioni capaci di generare le energie che la vipassana (“la visione in profondità”) saprà poi tradurre in azione. Samatha e vipassana non sono infatti due tecniche differenti, che perseguono finalità diverse, ma possono essere viste come le due facce di una stessa medaglia: la contemplazione e l’analisi, l’accettazione e la chiarezza concettuale, la retta comprensione e il retto pensiero (che costituiscono i primi due passaggi della “Via di Mezzo”, il percorso spirituale buddista). Ambedue sono necessarie per approdare a una nuova e consapevole chiarezza della mente.


Immagine I h.koppdelaney