Dalla realtà virtuale una cura per i disturbi alimentari

Un avatar, un corpo virtuale che imparerà ad affrontare le sfide della vita prima del corpo reale: questo uno dei propositi della realtà virtuale introdotta come ausilio terapeutico nella cura dei disturbi alimentari. Quando si dice che bisogna sempre stare al passo coi tempi…!

Dalla realtà virtuale una cura per i disturbi alimentari

Da qualche anno sono diverse le sperimentazioni, sia in Italia che all’estero, che sembrano aver dato risultati promettenti per l’applicazione della realtà virtuale alla cura dei disturbi alimentari più seri come l’anoressia nervosa o il binge eating disorder.

Un ausilio di ultima generazione degli approcci terapeutici di stampo cognitivo-comportamentale che si propongono di effettuare una ristrutturazione cognitiva profonda in grado di aiutare questi pazienti ad uscire dal problema.

 

Realtà virtuale e disturbi alimentari

Le sperimentazioni con la realtà virtuale per il trattamento dei disturbi alimentari, oltre che di altri disagi psicologici come i disturbi d’ansia o patologie somatiche come il dolore cronico, sono state varie negli ultimi anni e sembrano aver prodotto risultati promettenti sia in Itali che all’estero.

Uno fra tutti il progetto portato avanti in regime di ricovero ospedaliero presso Villa Santa Chiara in provincia di Verona: le pazienti con un problema di anoressia nervosa hanno l’opportunità di integrare il trattamento psicoterapeutico congnitivo-comportmamentale, che viene loro offerto presso questa struttura, con sessioni di realtà virtuale dove è loro richiesto di imparare a gestire le più comuni difficoltà quotidiane riguardo al cibo e al corpo mediante un avatar.

Queste interazioni nel cyperspazio sembrano utili, se integrate col percorso psicoterapeutico, a contribuire ad una ristrutturazione cognitiva delle pazienti e ad aiutarle a costruire credenze più realistiche riguardo a sé stesse e agli altri e a maturare una percezione più realistica e veritiera del proprio corpo (Vincelli, F., & Riva, G., La Realtà Virtuale come supporto alla psicoterapia cognitivo-comportamentale, 2007)

 

Un avatar anche per smettere di fumare

 

Ristrutturazione cognitiva mediante un avatar?

Certo, ai professionisti più ortodossi e “vecchia maniera” queste proposte faranno forse sorridere; eppure le sperimentazioni, condotte in questa e in altre patologie, sembrano interessanti.

Perché la realtà virtuale aiuta le pazienti con disturbi del comportamento alimentare? Le sperimentazioni proposte sono prevalentemente quelle che prevedono l’ausilio della realtà virtuale in integrazione con trattamenti psicoterapeutici di stampo cognitivo-comportamentale proprio perché è sulle percezioni e le credenze cognitive che sia la terapia sia le esperienze virtuali incidono.

Ma al di là dei contesti di concreta applicazione della realtà virtuale – che mantiene ad oggi ancora costi elevati – queste felici applicazioni sono un interessantissimo spunto per riflettere ancora una volta su quanto anche le componenti cognitive e percettive siano in gioco nei disturbi alimentari.

 

La dispercezione corporea nell’anoressia nervosa

Lo sosteneva fin anche la psicoanalista Hilde Bruch, una delle prime grandi e illustri studiose sui disturbi alimentari, quanto nei disturbi alimentari, soprattutto l’anoressia nervosa, fosse in gioco sempre una componente non trascurabile di dispercezione corporea.

Che cosa vuol dire? Vuole dire che, nelle pazienti con una storia di anoressia nervosa, è sempre presente un rapporto problematico con la loro immagine corporea che le porta a percepire in termini anche fortemente distorti le forme e i contorni del corpo.

Queste pazienti continuano a vedersi spesso sempre troppo grasse rispetto a quello che sono realmente e, in ogni caso, non hanno una percezione realistica del loro estremo grado di magrezza fisica.

È in questo filone di pensiero che si inseriscono, oltre alla realtà virtuale, altri approcci terapeutici dell’anoressia come il Body Tracing che prevede la realizzazione, da parte della paziente, della propria sagoma corporea su un foglio a grandezza naturale in modo da confrontare il vissuto distorto della sua immagine corporea con quelli che sono i suoi contorni reali (Senatore I, Psicopatologie e tecniche per l'intervento clinico - Disturbi dell'alimentazione, FrancoAngeli, 2013).

A quanto pare quindi gli spunti non mancano e anche la psicoterapia non perde occasione per stare al passo coi tempi.

 

Disturbi alimentari e richiesta di aiuto: dalla negazione alla consapevolezza

 

Per approfondire:

> Disturbi alimentari, sintomi e cause