Alcol: i segnali dei consumi a rischio

Si è può essere in vario modo dipendenti dall'alcol. Modalità spesso integrate con abitudini sociali e differenze di genere considerate “normali”, dovrebbero invece suonare come segnali d'allarme.

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L’abuso di alcol non è un fenomeno “tutto o nulla”: fra coloro che bevono con moderazione e coloro che manifestano un’alcoldipendenza, esiste tutta un’area intermedia in cui rientrano i consumi a rischio, per tipologia, quantità o frequenza. 

 

Consumi più e meno abituali, pertinenti sia dei giovanissimi che degli over 65 che rischiano di passare spesso inosservati, di essere “normalizzati” dal contesto sociale/familiare di appartenenza. 

 

Attenzione dunque: molte persone sembrerebbero adottare consumi a rischio senza saperlo

 

Alcol e consumi a rischio: un’indagine dell’Istituto Superiore di Sanità

Un’indagine dell’Istituto Superiore di Sanità sul consumo di alcol in Italia ha messo in evidenza cosa possiamo intendere per consumi a rischio e in che fasce della popolazione questo fenomeno sarebbe maggiormente diffuso.

 

Il consumo a rischio di alcol è un fenomeno particolarmente insidioso poiché non è associato a un danno alla salute fisica o mentale e non è condizionato da quei fenomeni cognitivi, fisiologici e comportamentali
tipici della vera e propria alcoldipendenza (dove il bere va a costituire un fattore di disabilità compromettendo la vita affettiva, sociale o lavorativa della persona).

 

I consumi a rischio di alcol sono, da questo punto di vista, “asintomatici” e proprio per questo particolarmente pericolosi perché soggetti a essere sottovalutati, sia dalla persona che dagli altri.

 

Rappresentano invece spesso dei campanelli di allarme che sarebbe bene non ignorare prima che possano esitare in danni alla salute e/o quadri di franca dipendenza. 

 

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Bere troppo: quanto, quanto spesso e come?

Ma perché i consumi a rischio sono così insidiosi? Come mai “bere troppo” può rappresentare in alcuni casi un campanello di allarme troppo spesso sottovalutato? Diamo uno sguardo agli indicatori..

 

Secondo le linee guida nazionali e internazionali (INRAN, Istituto Superiore di Sanità, Società Italiana di Alcologia, OMS), per donne e uomini adulti si configurano rispettivamente come consumi a rischio,
l’assunzione di 1-2 e 2-3 bicchieri al giorno (pari a 20 e 40 grammi di alcol).

 

Tale limite scende a 1 bicchiere al giorno per gli over 65 e gli adolescenti fra i 16 e i 18 anni di età (qualunque quantità di alcol è considerata rischiosa e assolutamente non raccomandata al di sotto dei 15 anni).

 

Tali indicatori non sono però sufficienti a rappresentare il fenomeno che è molto più variegato e complesso: non esiste un unico tipo di consumatore a rischio. In altre parole, si può “bere troppo” in molti modi diversi…

 

Un elemento importante in tal senso è il noto fenomeno del binge drinking: la “moda” diffusa soprattutto fra i più giovani di bere 5-6 bicchieri di seguito di una bevanda alcolica (spesso a stomaco vuoto come nel fenomeno della drunkoressia) allo scopo di ubriacarsi. 

 

Dunque c’è chi beve troppo “occasionalmente” e chi assume più abitualmente elevate quantità di alcol, chi lo fa durante i pasti e chi fuori pasto… E in più vi sono fattori legati al genere, l’età e il territorio di residenza che possono influenzare tali comportamenti. 

 

Dal bere “mediterraneo” al binge drinking

Un primo dato dell’analisi in questione riguarda il consumo di vino durante i pasti, il cosiddetto bere “mediterraneo” che rappresenterebbe un’abitudine culturale tipicamente italiana. Eppure i dati ci mostrano che più della metà degli uomini adulti lavorativamente attivi – età compresa tra i 25 e i 64 anni – adottano un consumo tutt’altro che “mediterraneo” bevendo abitualmente vino fuori pasto. 

 

Più gli uomini che le donne, riconfermando, in ciò, il “bere” come comportamento pertinente prevalentemente a un modello maschile. Inoltre fra il 50 e il 40% degli uomini over 65 eccede abitualmente la quantità raccomandata per età di un bicchiere al giorno.

 

Ma, oltre ai consumi abituali, si è detto, si registrano importanti consumi occasionali che possono eccedere largamente le quantità consigliate e che sono tutt’altro che meno rischiosi dei precedenti.

 

Il binge drinking interessa il 5% dei ragazzi fra gli 11 e i 18 anni di età e arriva a interessare il 21% di quelli oltre tale soglia, con percentuali inferiori nelle ragazze (9%). A fare da “scenario” per tale fenomeno risulta essere la cultura degli “happy hour” degli aperitivi a basso costo e dei locali notturni; specie in quelle regioni del centro-nord culturalmente più orientate al consumo di alcol come “collante” sociale. 

 

E sarebbero proprio coloro che abusano “occasionalmente” di alcol, ad
essere coloro che, alla guida, sono a più alto rischio di commettere incidenti stradali (Gmel et al., 2005). 

 

L’importanza della prevenzione a livello culturale e sociale

Nel complesso i consumi a rischio risultano interessare una percentuale dal 18 al 19 % della popolazione generale (donne/uomini). Consumi potenzialmente incentivati o “normalizzati” da specifici contesti conviviali e sociali e da determinati comportamenti stereotipalmente associati al genere (stupisce molto meno se a essere un bevitore è un uomo o un ragazzo piuttosto che una donna). 

 

Questi elementi “contestuali” fanno da cornice a consumi a rischio che possono evolvere nel lungo periodo in danni alla salute e/o una franca dipendenza. Per tali motivi la ricerca in questione sottolinea l’importanza di interventi preventivi che vadano a modificare, prima ancora che i comportamenti dei singoli, il modo in cui il consumo di alcol è considerato a livello culturale e sociale.