Giornata mondiale per la diversità culturale: “l’allegria sta arrivando”?

Come ogni anno si è celebrata il 21 Maggio la giornata mondiale UNESCO per la diversità culturale, un appuntamento importante che ci ricorda quanto l’integrazione e l’intercultura passino per il riconoscimento e la valorizzazione delle differenze. Un argomento difficile nel dibattito politico e sociale attuale ancora troppo spesso basato sulla violenza e sul passato invece che sulla progettualità di un futuro.

Giornata mondiale per la diversità culturale: “l’allegria sta arrivando”?

L’occasione della giornata mondiale per la diversità culturale ci ricorda, come ogni anno, quanta strada ancora ci sia da fare in seno alle politiche culturali e sociali nel nostro, ma anche di altri paesi per la realizzazione di una vera cultura dell’integrazione che passi per la valorizzazione e il riconoscimento delle differenze e non per la paura e l’esclusione del diverso.

 

Diversità e integrazione culturale

E’ stato da poco eletto il nuovo ministro per l’integrazione Cecile Kyenge e si sono immediatamente accese non solo le polemiche, ma anche si sono rivolte ingiurie e offese che non avremmo mai voluto sentire in un paese occidentale che nell’era della globalizzazione e dell’Unione Europea si vorrebbe quantomeno “civile”. Lo sgomento di fronte a questo come ad altri vergognosi episodi (come quelli dei cori razzisti negli stadi di calcio) sembra farci tornare indietro di molti anni ad epoche che speravamo di continuare a leggere solo sui libri di storia...

La Kyenge in un suo recente intervento televisivo ha dichiarato di sentirsi in parte congolese e in parte emiliana: la sua nomina testimonia quanto l’identità di un essere umano e il contributo che può portare alla comunità in cui vive possa fondarsi e arricchirsi su una diversità culturale, un’alchimia di provenienze che dona una doppia lente da cui vedere il mondo: si è più ricchi, non certo più poveri.

 

Migrazioni, discriminazioni e la “nuda vita”

Diciamolo pure una volta per tutte: i flussi migratori sono inevitabili alle società umane: gli esseri umani abbandonano i luoghi dove c’è miseria o distruzione per spostarsi verso posti dove possono cercare migliori condizioni di vita (e spesso è proprio della semplice vita biologica, quella che Agamben chiama “nuda vita” che stiamo parlano). Il razzismo e la discriminazione culturale pure: sono altrettanto presenti, non nella natura, ma nella cultura delle società umane: ovunque e in ogni epoca le minoranze sono state emarginate e discriminate.


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La diversità culturale e un futuro migliore per tutti

Ma, è utile limitarsi, se pur giustamente, a condannare interventi e episodi razzisti? Basta questo a tutelare il rispetto per la diversità culturale? O si alimentano contrapposizioni già in atto? Le politiche per l’integrazione e la valorizzazione della diversità culturale a chi devono rivolgersi? Forse proprio a coloro che si professano Italiani più integralisti, a coloro che fanno del razzismo e dell’emarginazione la loro bandiera identitaria in un Paese che cambia, muta, si assesta e si dissesta su equilibri sempre più incerti. La politica per l’integrazione non è una tutela solo per gli i cittadini immigrati, non è una bandiera degli italiani progressisti o “di sinsitra”, è una tutela per tutti, perché l’incontro fra culture porti sviluppo, ricchezza e non sofferenza o violenza. Roberto Saviano di recente prendeva a modello la campagna di comunicazione cilena che ha portato ad abolire la dittatura nel 1989: non cercò il consenso accusando il regime dei crimini passati, ma condividendo la prospettiva di un futuro migliore per tutti. A proposito quindi di diversità culturale, sarebbe bello se l’Italia imparasse dal temperamento cileno: “l’allegria sta arrivando”?

 

Immagine | Lucy Roberts