Violenza di genere, è così difficile da riconoscere?

Per poter contrastare e denunciare la violenza di genere bisogna anzitutto poterla riconoscere come tale. Non sempre questo accade. Sembrano esserci marcate differenze fra uomini e donne su cosa sia una molestia e cosa una “normale” o accettabile avance…

Violenza di genere, è così difficile da riconoscere?

 

Fare apprezzamenti volgari a voce alta, tentare un approccio fisico o sessuale non richiesto, controllare o limitare la partner nelle sue attività sociali e relazionali… Sono solo alcune delle molestie e degli abusi quotidianamente perpetrati sulle donne spesso considerati “normali” e non riconosciuti come tali.

Su questo emergono, anche fra giovani e giovanissimi, importanti differenze di genere: ragazzi e ragazze non hanno la stessa percezione della violenza di genere.

 

Violenza di genere: la percezione dei ragazzi italiani

“Sinceramente non mi è mai capitato né di assistere né di sentir raccontare: non capita spesso, fortunatamente no”…

“In discoteca c’è sempre una persona che è lì solamente per questo: che passa e tocca il sedere alle ragazze…” “Quello che capita a me giornalmente è che magari sono per strada e sento dei commenti, dei richiami, dei fischi e cose del genere…”

Fra i ragazzi e le ragazze sembra esserci una marcata differenza nella percezione della violenza di genere: se le ragazze riferiscono molestie piccole e gradi più o meno all’ordine del giorno, la controparte maschile sembra non aver percezione del fenomeno. Una differenza evidenziata da We World Onlus in un’indagine su come viene percepita la violenza di genere tra i giovani italiani.

 

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Violenza di genere: percezione di uomini e donne

Qualche dato interessante. L’8,7% dei ragazzi italiani richiede accettabile rinchiudere una donna in casa o controllare le sue uscite e le sue telefonate. Il 9% ritiene accettabile fare attività sessuali con una donna senza il suo consenso.

Il 20% ritiene accettabile fare battute e/o prese in giro a sfondo sessuale. Il 17% ritiene ammissibile fare avances fisiche esplicite (ricordate la discoteca?).

Tutti comportamenti percepiti come molestie dalle ragazze ma non considerati tali da una certa parte dei ragazzi che sembrerebbero avere una marcata dispercezione del fenomeno. Questa diversa percezione della violenza di genere sembrerebbe riguardare non solo i ragazzi che mettono in atto comportamenti esplicitamente molesti, ma un sentire comune a molti portati evidentemente a sottovalutare e sottostimare la grandezza del fenomeno.

I motivi sono ascrivibili a diversi fattori sia culturali che educazionali che contribuiscono a veicolare come accettabili e normali stereotipi sessisti e prevaricanti di rapporto fra i generi.

Un ragazzo che veda un amico apostrofare in modo pesante una sua coetanea solo per attirare la di lei attenzione potrebbe non essere portato a codificare quello come una molestia – anche se lui non adotterebbe quello stesso comportamento – ma a ritenerlo un atto normale, ordinario forse solo un po’ esagerato…

Questione non di poco conto considerando che tali molestie fanno parte di cliché stereotipati e culturalmente condivisi dalla cultura maschile.

 

La cultura della violenza di genere

Stereotipi che, come sottolinea Mauro de Maglie, ancora fondano la norma in base alla quale essere accettati dal gruppo dei coetanei ed essere riconosciuti nella propria mascolinità.

E se gli adolescenti non hanno la maturità per opporsi a tali dinamiche – pena l’esclusione e la svalutazione da parte del gruppo – gli adulti sembrano averle ormai talmente assimilate da riconoscerle come normali (Ricordate? Secondo i ragazzi interpellati non capiterebbe spesso di assistere a comportamenti di violenza sulle donne). 

Cardine di questi stereotipi di genere, della “normalità” con la quale si assiste a comportamenti offensivi o molesti di uomini nei confronti delle donne è, continua De Maglie, il costante bisogno di rimarcare e dimostrare la propria mascolinità.

Se difficilmente viene messa in discussione la femminilità di una donna, sembra culturalmente molto diffusa la percezione che la mascolinità possa non essere mai “abbastanza” e che sia pertanto necessario rimarcarla specie nei rapporti di genere.

E ciò che più di ogni altra cosa porrebbe in “crisi” la mascolinità (almeno secondo un modello patriarcale) sarebbe ricevere un rifiuto proprio da parte di una donna. Da qui quella “cultura dello stupro”, quella prevaricazione di genere misconosciuta in tanti piccoli e quotidiani comportamenti di abuso e offesa nei confronti delle donne.

Comportamenti tanto diffusi che a volte neanche le donne stesse codificano come tali, almeno quando tale potere di prevaricazione viene esercitato in modi “soft” paternalistici e “politicamente corretti” (per questi fenomeni è stato coniato il termine “sessismo benevolo).

 

Per contrastare la violenza bisogna riconoscerla

L’indagine di We World Onlus deve far riflettere: questi dati non fanno emergere una divisione fra “buoni” e “cattivi”, fra “vittime” e “carnefici”, fra donne e uomini, se li si interpreta così si adotta lo stesso pensiero semplicistico e stereotipale che nutre la cultura della violenza di genere di cui tutti – uomini e donne – possono essere vittime.

Vittime perché ridurre una persona alla sua sola appartenenza di genere (è quello che accade molto spesso alle donne sul posto di lavoro) o la propria appartenenza sessuale e pochi stereotipi limita le possibilità di essere e di vivere di entrambi, uomini e donne.

Ma limita anche la possibilità di riconoscere e contrastare la violenza: quei ragazzi che asseriscono di non aver mai assistito a molestie sulle donne probabilmente pensano ai titoli da prima pagina che troneggiano sulle testate di cronaca nera e, probabilmente nella più totale buona fede, non contemplano nella stessa categoria di comportamenti quello del proprio amico un po’ esuberante che qualche sera prima in discoteca ha allungato la mano su una sua coetanea.

Così come molte ragazze possono colpevolizzarsi per l’accaduto o vergognarsi e quindi non reagire, non chiedere aiuto, non denunciare quanto subito neanche all’amico che balla a pochi metri da loro convinto che in discoteca non si verifichino molestie e che lui non ne sia mai stato testimone…

Da questo punto di vista ci sono fortunatamente delle felici eccezioni, fra quelle sicuramente destinate a fare notizia spiccano il cantante della band metal Sam Carter e il cantante e attore Atif Aslam: entrambi hanno interrotto le loro esibizioni per prendere le difese di due ragazze che venivano molestate da alcuni spettatori del pubblico. Ci auguriamo che questi gesti, specie se compiuti da personaggi di spicco, contribuiscano a creare una nuova cultura dei rapporti tra i generi.

 

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Foto: rudall30 / 123rf.com