Il disturbo di personalità borderline dal DSM a Navarro

Il disturbo di personalità borderline ha assunto connotazioni diverse a seconda degli orientamenti teorici: il DSM lo definisce attraverso criteri diagnostici ben precisi. Altri autori, tra cui Reich e Navarro, cominciano a considerare l'idea di una vita intrauterina dove possono nascere possibili patologie. Il disturbo di personalità borderline è una di queste

Il disturbo di personalità borderline dal DSM a Navarro

ll disturbo di personalità borderline appare tra gli anni ’30 e gli anni ’40: le scrivanie degli psichiatri cominciarono a pullulare di cartelle cliniche che descrivevano pazienti non così tanto malati da essere considerati psicotici, ma nemmeno tanto normali da venir categorizzati come dei sani nevrotici: erano un po’… borderline. Il termine borderline, infatti, nella accezione classica indica proprio una linea di confine tra psicosi e nevrosi: né carne pesce, un po’ tutto e un po' niente, grave ma tutto sommato avvicinabile. Ma vediamo, innanzitutto, cos'è il disturbo di personalità borderline secondo vari autori. 

 

Il disturbo di personalità borderline: Reich e Kraepelin

Già nel 1925 Wilhelm Reich individua il “carattere pulsionale”, ovvero la persona che oggi verrebbe definita affetta da disturbo di personalità borderline e che, secondo il Dott. Reich, occupa un posto intermedio tra nevrosi sintomatica e psicosi. Reich, a tale proposito, cita Emil Kraepelin che, pur non parlando direttamente di borderline, individua due gruppi di pazienti psicopatici che suddivide in:
- stadi preliminari non sviluppati di effettive psicosi;
- personalità non riuscite la cui formazione è stata perturbata da un influsso ereditario sfavorevole, da lesioni dell’embrione o da altre inibizioni precoci dello sviluppo.
In queste persone, secondo Reich, coesistono a parità di intensità un Ideale dell’Io che disapprova la pulsionalità e un Super-Io approvante la pulsionalità: l’Io così si ritrova al servizio dell’Es per difendersi dal super-io, ma si trova anche al servizio del Super-Io per difendersi dall’Es.

 

Il disturbo di personalità borderline: Kernberg

Otto Kernberg, rifacendosi al pensiero della Mahler sui processi di separazione e individuazione, aveva fatto risalire il disturbo di personalità borderline ad un periodo che va dal tredicesimo al sedicesimo mese di vita del bambino, periodo in cui il bambino ha paura che la madre scompaia, paura rinforzata, probabilmente, da una indisponibilità emozionale materna associata ad una “costituzionale” aggressività del bambino. Kernberg (1967), concepì una organizzazione borderline di personalità caratterizzata da:
- diffusione dell’identità.
- buon esame di realtà.
- meccanismi di difesa primitivi.

 

Il disturbo di personalità borderline: il DSM

Nel DSM-III compare per la prima volta il disturbo di personalità borderline tra i disturbi dell’Asse II, gruppo B. Troviamo un individuo aggressivo, arrabbiato, depresso e impulsivo, più vicino alla psicosi maniaco-depressiva che alla schizofrenia. Nel DSM-IV TR, il disturbo di personalità borderline viene così definito: “Una modalità pervasiva di instabilità delle relazioni interpersonali, dell’immagine di sé e dell’affettività con impulsività notevole, comparsa entro la prima età adulta e presente in vari contesti, come indicato da cinque o più dei seguenti elementi":
- sforzi esagitati di evitare un reale o immaginario abbandono;
- un quadro di relazioni interpersonali instabili e intense, alternando iperidealizzazione e svalutazione;
- alterazione dell’identità;
- impulsività in almeno 2 aree che sono potenzialmente dannose per il soggetto;
- ricorrenti minacce, gesti o comportamenti suicidari, o ancora comportamento auto mutilante;
- instabilità affettiva causata da una marcata reattività dell’umore;
- sentimenti cronici di vuoto;
- rabbia immotivata e intensa o difficoltà a controllare la rabbia;
- ideazione paranoide o gravi sintomi transitori legati allo stress.

 

La maggior parte delle persone borderline sono donne (i maschi preferiscono essere narcisisti o antisociali) e negli studi di follow-up questi pazienti restano costanti e non scivolano in disturbi psichiatrici più gravi. Questo è ciò che ci passa la moderna psichiatria: criteri diagnostici, definizioni, assi e cluster in cui imbrigliare una specifica patologia che descrive una personalità la cui grande difficoltà è proprio quella di essere definita, bloccata e bordata. Rabbia, autolesionismo, impulsività, sentimento di vuoto, sono tutte cose che appartengono al paziente borderline, ma sono sintomi che possono venire sistematizzati più di quanto si sia fatto fin’ora.

 

Il disturbo di personalità borderline: Navarro

In Somatopsicopatologia, Federico Navarro (2000) definisce le persone affette da disturbo di personalità borderline come individui in cui coesistono meccanismi di difesa nevrotici e psicotici, piuttosto che come personalità di confine tra la psicosi e la nevrosi. In particolare, utilizzano meccanismi di difesa psicotici per contrastare la delusione o la frustrazione nevrotiche, il che è espressione della timicità, affettività inadeguata della persona stessa in quanto distimica.

 

La condizione distimica si instaura nel periodo neonatale dando origine a fenomeni borderline, segni della presenza di una depressione di tipo psicotico, reattiva a lesioni narcisistiche generate da un vissuto di perdita: un inadeguato maternage genera una paura di perdita e una conseguente necessità di dipendere tipica di queste personalità. Comincia ad entrare nelle menti l’idea di un mondo intrauterino, anche se viene visto come sede di danni prettamente organici e non riguardanti l’unità funzionale mente-corpo: in particolare il disturbo di personalità borderline viene posizionato nei 10 giorni immediatamente successivi alla nascita. Più completa, in questo senso, è la visione post-reichiana, che inserisce il vissuto intrauterino tra i parametri diagnostici.

 

Fonte immagine: jesse.millan