Quando il perfezionismo patologico sfocia nella depressione

Il perfezionismo è un tratto di personalità che può rivelarsi controproducente: il rischio è quello di nutrire aspettative troppo elevate e di andare incontro a delusione, disistima di sé e depressione.

Quando il perfezionismo patologico sfocia nella depressione

“Non aver paura della perfezione: non la raggiungerai mai” diceva Salvador Dalì e non senza ragione dato che è evidente a tutti come l’essere umano sia in continua crescita e evoluzione e niente che sia fatto dall’uomo  possa realmente dirsi perfetto e compiuto: anche le teorie scientifiche sono soggette al principio di falsificazione e quindi a possibili revisioni.

Eppure tollerare l’errore, l’incertezza e la vulnerabilità – seppur caratteristiche insite nella specie umana - è umanamente difficile e spesso ambire ad un modello di perfezione e compiutezza è la spinta motivazionale che consente ad alcuni di impegnarsi al meglio delle proprie potenzialità a volte con risultati davvero ragguardevoli (ma mai perfetti..si intende!).

Non sempre tuttavia il perfezionismo è un tratto adattivo della personalità, se rigido e pervasivo può risultare, presto o tardi, un fattore di criticità importante e creare molti più problemi di quanti non tenti di risolverne!

 

Perfezionismo e depressione

Ognuno di noi può avere una tendenza più o meno marcata al perfezionismo, in tutti o in particolare in alcuni ambiti della propria vita e abbiamo tutti sperimentato almeno una volta quanto porsi obiettivi eccessivamente elevati rischi di peggiorare la nostra performance ponendoci in una condizione in cui rischiamo di sentirci emotivamente già perdenti e fallimentari in partenza.

Ci sono alcuni casi in cui il perfezionismo risulta essere un tratto particolarmente centrale e fondante l’equilibrio emotivo di una persona.

Quando risulta uno dei principali organizzatori della personalità i rischi sono maggiori perché, nel caso in cui non si raggiungano (o non si raggiungano più) i traguardi prefissati, questo apre una grossa crisi a livello identitario e il rischio è di sfociare in una vera e propria depressione.

 

Quali sono le radici del perfezionismo?

 

Il perfezionismo e il senso di colpa

I “perfezionismi” non sono però tutti uguali e neanche le “depressioni” che ne conseguono: il perfezionismo può assumere significati e manifestazioni diverse a seconda del tipo di personalità in cui è inserito.

Un esempio è quello di una personalità di tipo ossessivo, che tiene a bada ansia e insicurezza cercando continuamente criteri per non commettere errori o sbavature di nessun tipo, che non ammette sviste o  imprecisioni (né in sé stesso né molto spesso negli altri)

. Potremmo definirlo una sorta di perfezionismo in “negativo” connotato da continui dubbi e paura di sbagliare (Lombardo C., Violani, C. Quando perfetto non è abbastanza. Conseguenze negative del perfezionismo. Ed. LED, collana Psicologicamente, 2011).

Le persone che fondano gran parte del proprio equilibrio psicologico su una situazione di questo tipo di fronte a un errore possono invece sentirsi facilmente colpevoli, inefficaci e inadeguate. La crisi che ne può conseguire può avere dei connotati depressivi.

Si tratta di una depressione nutrita da profondi sensi di colpa e inadeguatezza che la persona cova in sé stessa e che sembrano letteralmente “sommergerla”. A volte queste fasi di “crisi” possono tuttavia anche rivelarsi preziose occasioni per rimettere in discussione la rigidità con cui si affronta la vita e “ammorbidire” un po’ le eccessive pretese che si nutrono nei confronti di sé stessi (e degli altri).

 

Il “vuoto” lasciato dal perfezionismo

Il perfezionismo, per fare un altro esempio, può risultare un tratto molto marcato anche in persone che hanno un funzionamento di personalità incentrato su preoccupazioni di tipo narcisistico (relative cioè a questioni come l’autostima, l’ambizione e la stima di sé, l’apparire agli altri per sentirsi sicuri etc). Spesso il perfezionismo in queste persone si manifesta, si potrebbe dire, “in positivo”: la preoccupazione dominante è quella  di arrivare sempre più in alto, di raggiungere obiettivi e mete sempre più elevate con un'ambizione sfrenata.

Il rischio è che ogni obiettivo non sia mai abbastanza, che si ricorra il successo continuamente senza mai riuscire a sentirsi realmente sicuri di sé. L’autostima molto fragile che si nasconde dietro l’apparente arroganza di alcune di queste persone rende regione del perché, quando i traguardi raggiunti possono crollare e il perfezionismo essere posto in discussione, ne possa conseguire una grave crisi personale e esistenziale, una crisi identitaria che sfocia in una “vuota” depressione dove la persona si sente priva di punti di riferimento su sé stessa, priva di valore e preda di una profonda angoscia.

La delusione del perfezionismo dunque è, in alcuni casi, solo la “punta dell’iceberg”; quello che rende vulnerabili a reazioni depressive è la funzione che esso occupava nell’economia generale della personalità.

 

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