Euforia e depressione: quale legame?

Euforia e depressione sembrano due stati d’animo così opposti da non poter avere alcun legame, eppure, in alcune situazioni, possono rappresentare due facce della stessa medaglia.

Euforia e depressione: quale legame?

Euforia e depressione, niente di più diverso se le guardiamo con le lenti del senso comune, ma se inforchiamo un altro paio di occhiali e adottiamo la prospettiva delle molte forme che la sofferenza umana può assumere scopriremo che non sono poi così distanti.

Il legame a volte c’è tanto da renderle quasi speculari perché anche uno stato di apparente eccitazione e allegria può rappresentare in realtà una difesa di negazione di angosce depressive.

 

Euforia e depressione

Le modalità mediante le quali uno stato depressivo della mente può manifestarsi sono molteplici a seconda di vari fattori di personalità dell’età e del contesto socioculturale.

Nelle culture orientali come il Giappone, ad esempio, dove si è meno avvezzi all’espressione e alla manifestazione degli stati emotivi, gli stati depressivi, come altri malesseri emozionali, sembra vengano più facilmente espressi mediante il corpo piuttosto che attraverso sintomatologie psicologiche.

Così come, a seconda dell’età, le manifestazioni di disagi depressivi seri o passeggeri possono assumere forme diversissime da quelle che si osservano nell’adulto: nei bambini e negli adolescenti ad esempio la depressione non viene percepita ma agita e si manifesta soprattutto con comportamenti e problemi di tipo scolastico o sociale.

Ma anche fattori di personalità, non che predisposizioni genetiche, possono influenzare, non soltanto la tendenza che una persona può avere a reagire con modalità depressive a gravi perdite e difficoltà della vita, ma anche la forma che tali modalità assumeranno.

La depressione può infatti manifestarsi in varie modalità che vanno, potremmo dire, fra gli estremi di un continuum: dalla modalità più passiva, triste e desolata che conosciamo comunemente, a quella falsamente euforica della mania o dell’ipomania dove si mettono in atto manifestazioni di segno opposto a volte anche esagerate, bizzarre o che possono mettere in pericolo la vita della persona.

 

I disturbi bipolari

Lo sapevano bene tutti i figli, mariti e familiari di coloro che, prima dell’introduzione degli psicofarmaci a base di litio, vivevano cronicamente un disagio che oggi verrebbe diagnosticato nello spettro bipolare: quelle forme cioè di depressione nelle quali la persona alterna ciclicamente, e in modalità spesso imprevedibili, periodi di “classica” depressione, con tristezza, apatia e relativa inattività a momenti di forte euforia, le così dette fasi maniacali o ipomanicali (a seconda della gravità).

In questi casi l’elevato grado di eccitazione e attivazione fisica e mentale può portare a lavorare ininterrottamente per ore, a non dormire quasi per niente fino a compiere atti incontrollati e potenzialmente dannosi come acquisti impulsivi e del tutto insensati.

Un esempio romanzato ma efficace di cosa possa significare vivere con un familiare con una sindrome di tipo bipolare è quello raccontato nelle pagine del libro di Ruth Reichl “La parte più tenera” (Ponte alle Grazie, 2002) nelle quali l’autrice narra, insieme alla storia della sua passione per la cucina, quella sua famiglia spesso in balìa del ciclico alternarsi di euforia e depressione di sua madre.

 

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Negare il vuoto della tristezza con una finta euforia

Dopotutto, se proviamo un attimo ad utilizzare le nostre facoltà più empatiche, ad attingere cioè dal nostro personale potenziale emotivo, non è necessariamente così impossibile comprendere il legame tra euforia e depressione.

Ad alcuni di voi sarà senz’altro capitato, almeno una volta, di sentirsi particolarmente giù di corda e di ricorrere senza volerlo, quasi per istinto, a un qualunque espediente che potesse distrarvi, farvi sentire attivi e darvi l’illusione di riempire per un po’ il vuoto della tristezza.

Certo, nessuno solo per questo sarebbe diagnosticato né come depresso né tantomeno come in preda ad una crisi maniacale ma, lo insegnavano i padri della psicologia e della psichiatria, i disturbi mentali e le sintomatologie psicologiche amplificano meccanismi che contraddistinguono il funzionamento mentale di ognuno di noi.

Allontanare la tristezza e distrarsene per un po’ è normale, a volte anche sano; improntare l’intero funzionamento mentale su una modalità maniacale è indice di una grande sofferenza perché si finisce col venir schiacciati da una falsa euforia, tanto quanto si teme di venir sovrastati dal vuoto della propria depressione.

 

Ascoltare la sofferenza

Che prevalga la depressione manifesta, una finta euforia o un’alternarsi delle due, l’anima risuona a vuoto incapace di trovare reale appagamento o partecipazione ad alcunché.

Eppure - noi uomini della postmodernità e del “tutto e subito” tendiamo a dimenticarcene - la sofferenza psicologica, se ascoltata, serba in sé i germi del cambiamento e della crescita, dipende se ci arrendiamo a vedere solo una malattia o a riconoscere un’opportunità.

 

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