La penna che ricuce: scrittura come terapia

Avete mai sentito la necessità di mettere “le cose nero su bianco”, di prendere in mano carta e penna, magari un diario, e far uscire fiumi di parole? Oppure, nell'era della tecnologia, accendere il PC e lasciar correre le dita sulla tastiera, come un pianista con le sue note? A me sì, molte volte.

La penna che ricuce: scrittura come terapia

Sparpagliare inchiostro su carte in un oceano di parole. Scritte di getto o pensate, ponderate e scelte o gettate a caso, interconnesse o frammentate.

 

Carta e penna per narrare le proprie emozioni

Scrivere delle proprie emozioni e sensazioni è un atto frequente quando sentiamo la necessità di fare ordine tra i pensieri, quando vogliamo scegliere qualcosa, capire meglio in una situazione, far risalire al cuore un ricordo. Alle volte, invece, si inizia a scrivere senza un motivo cosciente, senza una precisa ragione; e ci ritroviamo poi ad aver messo nero su bianco cose importanti. Spesso questo è un gesto curativo, liberatorio. Uno sgravio da un carico pesante, un sentirsi alleggeriti da un fardello.

Scrivere delle proprie emozioni vuol dire spesso riorganizzarle in un quadro spazio-temporale più ampio. Dare vita alle emozioni tramite la scrittura implica estraniarsi da quanto ci circonda e affondare i pensieri sul nostro stato interiore, in un profondo dialogo interno.

Questo bagno nei colori del mondo emotivo consente di attraversare (passare in mezzo) a quelle emozioni e andare oltre un vissuto che può provocare dolore, tristezza, rabbia, vergogna, paura. I

nfatti, la tendenza a tenere tutto dentro con lo sforzo di non pensare ha solo l’effetto che quel dolore durerà più a lungo: è necessario imparare ad esternalizzare i propri vissuti. Carta e penna possono aiutare quanto meno a stare nelle emozioni. Iniziare a vederle, conoscerle e familiarizzarci.

 

La narrazione autobiografica per comprendersi

 

Scrittura: ferite ricucite

Oltre che dalle personali esperienze, anche dalla ricerca empirica giungono conferme dei benefici che derivano dalla scrittura come ausilio nel riequilibrio psicofisico.

James W. Pennebaker, uno dei più recenti studiosi della narrazione (self-disclosure, cioè auto-rivelazione o rivelazione del Sé), ha condotto numerosi studi in merito, dimostrando che la narrazione consente di elaborare consapevolmente il vissuto emotivo associato ad uno o più eventi di vita stressanti.

Gli studi di Pennebaker suggeriscono che scrivere in modo narrativo, ovvero in modo organico, fornisce al vissuto una struttura linguistica con delle precise coordinate spazio-temporali, cioè consente di risignificare il vissuto, dotandolo di senso, inserendolo in una struttura di significato.

Questo beneficio sembra essere raggiunto dalla possibilità data dalla scrittura di tradurre in parole pensieri ed emozioni e a tal proposito lo stesso Autore ha costruito uno strumento apposito (LIWC – Indagine Linguistica e Conteggio delle Parole), rilevando che chi scrive di traumi riporta nel testo sempre più parole positive e sempre meno parole negative.

Alcuni studi nello specifico attestano che la scrittura ha effetti positivi sull’ansia, sul tono dell’umore, nell’elaborare eventi disturbanti, nel ridurre le somatizzazioni, lo stress e l’autosvalutazione. Numerose ricerche hanno, infatti, dimostrato che avere l’abitudine di scrivere è un fattore protettivo per la depressione, per i disturbi di somatizzazione e per i cedimenti del sistema immunitario e si osservano, rispetto alle condizioni mediche, notevoli miglioramenti in pazienti affetti da asma cronica e artrite reumatoide.

 

Alle volte la sola scrittura non basta

Ciò che abbiamo sinora detto chiarisce quanto possa essere d’aiuto la scrittura, ma chiaramente questo non è del tutto esaustivo per superare alcuni tipi di difficoltà e non equivale a immettersi in un percorso psicoterapeutico. Per alcuni disagi soggettivi scrivere fa bene ma non è sufficiente; le nostre risorse da sole spesso non bastano.

In alcuni casi può essere necessario l’aiuto di uno specialista, di una persona esterna formatasi per aiutare a fronteggiare le situazioni più disfunzionali. Alle volte, il processo richiede un percorso più accurato e implica passaggi delicati che vanno affrontati sotto la guida di uno psicoterapeuta che aiuti a ristrutturare le esperienze, risignificandole. E spesso proprio la qualità delle narrazioni dei vissuti emotivi cambiano nel corso della terapia, dimostrandone l’efficacia.

 

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