La religiosità popolare

Tra religione e superstizione, la religiosità popolare è stata vista ora come espressione pura di fede e devozione da parte del popolo, ora come deviazione dai principi e dai riti ortodossi della religione cattolica. Ma quali sono le espressioni e le manifestazioni della religiosità popolare? E quanto sono radicate nella nostra cultura e nella nostra tradizione religiosa?

La religiosità popolare

Già nel ’700 così si esprimeva Pio VI a proposito della pietà popolare: «Si trovano presso il popolo espressioni particolari della ricerca di Dio e della fede. Per lungo tempo considerate meno pure, talvolta disprezzate». “Pietà popolare”, “religiosità popolare”, “religione popolare” sono espressioni diverse che spesso hanno finito per designare tutte la stessa cosa: manifestazioni di fede che partono dagli strati più bassi della popolazione e che spesso non trovavano spazio e riconoscimento da parte dell’ortodossia cattolica. La religiosità popolare ha riti, simboli e linguaggi propri che esprimono purezza e spontaneità, ma che sono lontani dalla casualità o dall’improvvisazione. Sono riti profondamente radicati nella cultura popolare e anche per questo consentono un approccio meno formale e meno intellettuale alla religione. Incarnano la spiritualità profonda della gente più umile e avendo radici popolari, sono spesso legati alla natura, alla terra e al trascorrere delle stagioni.

 

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Religiosità popolare: come si è pronunciata la Chiesa

Nel 2001 la Plenaria della Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti descrisse così la religiosità popolare: «La realtà indicata con la locuzione “religiosità popolare” riguarda un’esperienza universale: nel cuore di ogni persona, come nella cultura di ogni popolo e nelle sue manifestazioni collettive, è sempre presente una dimensione religiosa. Ogni popolo infatti tende ad esprimere la sua visione totalizzante della trascendenza e la sua concezione della natura, della società e della storia attraverso mediazioni cultuali, in una sintesi caratteristica di grande significato umano e spirituale». L’anno prima anche Papa Benedetto XVI, non ancora nominato tale, si era pronunciato sulla religiosità popolare affermando che essa è «la prima e fondamentale forma di “inculturazione” della fede, che si deve continuamente lasciare orientare e guidare dalle indicazioni della Liturgia, ma che a sua volta feconda la fede a partire dal cuore». 

 

Riti e linguaggio della religiosità popolare

Non sempre i riti della religiosità popolare sono stati osteggiati dalla Chiesa ufficiale. Spesso certe usanze sono entrate a far parte dei riti religiosi veri e propri. Si pensi, ad esempio, all’uso di baciare e toccare le statue sacre, le immagini, le reliquie o altri oggetti sacri; all’abitudine di accompagnare i santi in processione o a quella di andare in pellegrinaggio nei luoghi sacri. Anche presentare offerte e doni votivi o inginocchiarsi in atto di preghiera sono simboli ed espressioni che vengono da lontano e che sono stati tramandati di generazione in generazione.